RETRO FUTURO è il tema della 22a edizione di Future Film Festival appena conclusasi con una serie di stimoli sensoriali ultra variegati. Lo storico appuntamento bolognese per gli appassionati di Cinema d’animazione, come sempre impreziosito da panel e approfondimenti dedicati alle nuove tecnologie e incursioni nel mondo dei videogame, della videoarte e dei new media, tra cui Insert Coin #3, il talk sulle sperimentazioni audiovisive nell’Italia postmoderna.
Anima di questa edizione è stata la contaminazione artistica e culturale, con uno sguardo agli albori della creatività digitale italiana (dalle sigle tv al videoclip sperimentali ai videogiochi 1bit) e le immancabili retrospettive cult – Videodrome e Akira su grande schermo sono esperienze imperdibili, così come la partnership con Back to the Future Exhibition (leggi l’articolo qui). Ai momenti ludici ad hoc per gli amanti dei cabinati d’epoca si alternano così innumerevoli incontri con archivisti, animatori e fumettisti, seminali ed emergenti.
PSYCHOPIXEL
Particolarmente interessante il talk a cura di Francesco Spampinato (piano b, Università di Bologna) con la partecipazione di Giovanotti Mondani Meccanici (Antonio Glessi, Andrea Zingoni); Paola Lagonigro (studiosa, Sovrintendenza Capitolina); Leo Lecci (Università di Genova); Adriano Abbado (artista).
L’incontro ha preceduto la proiezione di Psychopixel; una selezione connotata dall’utilizzo del computer che riporta a mondi alternativi in cui tutto era ancora inesplorato e possibile, con una buona dose di inventiva – sia dal punto di vista tecnico che artistico, in questo caso più inscindibili che mai – con affascinanti narrazioni visive e riflessioni incredibilmente attuali sull’immaginario informatico e futuribile degli anni ’80.
Studiosi e artisti si sono così confrontati sulle caratteristiche della produzione italiana di quegli anni, evidenziando le difficoltà insite nella creazione di un corpus organico – operazione già di per sé ambiziosa quando richiede di individuare tendenze e filoni o elevare singole opere di rilievo, ma apparentemente impossibile da considerarsi esaustiva, se consideriamo che la gran parte dei materiali sono andati persi o sono impossibili da riversare sui supporti attuali. Essenzialmente, l’aggiornamento dei contenuti ai nuovi dispositivi è via via venuto a mancare per carenza di una visione d’insieme sul valore degli stessi, quando non a causa della frammentarietà dei rapporti tra gallerie, artisti, laboratori d’immagine.
“La rassegna comprende video di artisti e designer, videografica per la televisione, videogame disfunzionali e videoclip realizzati nell’ambito della musica pop e del teatro. Si tratta di un corpus audiovisivo inclassificabile, finora variamente ricondotto agli ambiti dell’arte video, della computer art o dei media, ma di grande interesse oggi in quanto ci restituisce le prime riflessioni sul potere attrattivo e subliminale dell’immagine elettronica, un nuovo tipo di immagine che trova diffusione proprio in quegli anni e che oggi è naturalizzata nel nostro ecosistema mediale”.
LA SELEZIONE
Certamente molto eclettica, comprende la produzione dei milanesi Metamorphosi, che nel videoclip musicale Aristocratica (Antonella Ruggiero, 1984 – qui in collaborazione con Occhiomagico) interviene sui corpi nudi di una coppia con macchie di colore simili all’effetto astrazione di Altered States (Ken Russell, 1980), ma in chiave decisamente più pop.
In un altro lavoro inglobano la figura umana in una stanza colma di simboli metafisici, poi in una sorta di guscio a specchio, infine dentro lo schermo. Si tratta di Dilatare del 1084 (in copertina); qui il corpo si smaterializza per effetto di un’ipnosi indotta dal suono, minimale ma curatissimo, che accompagna comandi anti-umani, ripetuti in sequenza:
“Dilatare lo specchio, risucchiare la scomparsa, non amare più, dentro l’oggetto, dilata! Ascoltare il rumore, ripetere le azioni, vedere la fine, tramandare se stesso, guardare di fianco, sentire l’attimo fuggente, durare poco, staccare l’attesa, perdere il presente, allontanarsi da sé, andare ovunque, rinunciare a dire”.
Il tema è ripreso in una riflessione sui condizionamenti che comporta una fruizione televisiva senza filtro, in cui forme ed elementi fuoriescono dal tubo catodico e vengono assorbiti acriticamente dalla mente di uno spettatore che non ha gli strumenti per metabolizzarli, subendone il sovraccarico (Psychoraptus, Tony Occhiello, 1982). Una voce elettronica avverte ossessivamente:
“Be carefull with the machine”/“State attenti alla macchina”.
Piacevole sorpresa la trasmissione televisiva Obladì Obladà condotta da Serena Dandini, caratterizzato da scenografie eccentriche e ibridazioni a cavallo tra grafismi sovrimpressi e tecniche di montaggio.
Un omaggio all’arte coniuga linee ed equilibri di Mondrian (Paolo Uliana, 1985); aggiunte in progressione sul quadrato bianco, spingono a prendere atto del peso che i singoli elementi hanno nella composizione e di quanto la percezione complessiva dell’opera muti al posarsi dello sguardo su ciascuno.
L’esperienza dello Spazio nell’evoluzione umana è condensata nell’animazione computerizzata Voyager, di Adriano Abbado (1982/1984); qui labirinto della psiche, shuttle orbitanti, visuale della Terra dalla Luna, maschera tribale e uomo-scimmia giocano un evidente tributo all’Odissea retro-futuristica di Kubrick.
A cura di Tiziana Elena Fresi.