Di seguito le dichiarazioni di Maria Grazia Caligaris, referente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” (SDR), che si fa interprete della preoccupazione espressa dai familiari dei detenuti
“La sanità penitenziaria della Casa Circondariale di Cagliari-Uta, con circa 600 detenuti, rischia di dover perdere il servizio garantito h24 dai medici del 118. Una circostanza che metterebbe a rischio la vita delle persone private della libertà e degli operatori penitenziari.Nel carcere di Cagliari-Uta, distante dal capoluogo di regione 23 chilometri, prestano servizio 12 medici di Medicina Generale (quelli che si definiscono Medici di base) e 15 operatori della Medicina d’urgenza.
I primi svolgono l’attività con un orario proporzionale all’incarico esterno al carcere e sono passati dall’ATS alle dipendenze dell’ASL n. 8. I secondi, che operano fuori dall’orario di servizio per 10 ore, alternandosi nell’arco delle 24 ore, fanno capo all’Areus, l’Azienda Regionale dell’Emergenza Urgenza”.
Questa organizzazione, che finora ha consentito di garantire interventi salvavita nell’intero arco della giornata senza interruzioni, peraltro in un ambiente dove purtroppo la precarietà è una costante (sia per il numero delle persone sia per la tipologia dei presenti nonché per la distanza dai presidi ospedalieri), appare in pericolo per una carenza di Medici dell’Areus. Il rischio è che per colmare i vuoti dell’Azienda si possa sottrarre alla Casa Circondariale la copertura degli specialisti del 118.
La situazione risulta ancora più delicata perché nel carcere di Cagliari-Uta non è disponibile una postazione fissa di ambulanza.
Insomma, secondo i familiari, senza un intervento chiarificatore, c’è il rischio di vedere ridotta la sanità penitenziaria alle prestazioni di un insignificante ambulatorio. Ciò che appare preoccupante è pensare di non dover garantire interventi emergenziali in un ambiente dove gli atti di autolesionismo, spesso gravissimi, sono purtroppo quotidiani.
Nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta l’adeguatezza delle cure e l’assistenza delle persone detenute deve essere garantita peraltro in quanto principio costituzionale, ma ciò a maggior ragione in un Istituto sede di un SAI (Centro Clinico) e dove operano ogni giorno oltre un migliaio di persone che senza il servizio del 118 si troverebbero senza garanzie”.
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