Disney e Studio Ghibli: le figure femminili
Il mondo Disney ha sempre dominato la scena dei cartoni animati per bambini e ha, sicuramente, influenzato menti di intere generazioni. La lunga storia della casa d’animazione e il suo prestigio hanno contribuito alla creazione di un vero e proprio impero.Sessant’anni dopo la fondazione di Disney nasce in Giappone lo Studio Ghibli.
I fondatori Hayao Miyazaki, Isao Takahata, Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma danno vita allo studio cinematografico d’animazione che ha realizzato i film più visti nella storia del Giappone e molto acclamati anche in Occidente.
Le due case cinematografiche d’animazione raccontano le figure femminili secondo prospettive e visioni totalmente differenti e ci si chiede quanto queste rappresentazioni siano state e ancora siano in grado di influenzare le giovani menti nella ricerca e nello sviluppo della loro identità.
Disney e gli stereotipi di genere
La “Walt Disney Company” è stata fondata nel 1923 da Walt Disney e da suo fratello Roy.
La lunga storia dell’azienda vede il susseguirsi di numerose fasi e di numerosi cambiamenti che riflettono l’evolversi della società, soprattutto quella americana. Dalla fondazione, nel 1923, a capo della casa cinematografica sedeva il fondatore, Walt Disney, fino al 1966, anno della sua scomparsa.
In questa prima fase Disney sforna capolavori quali: Biancaneve (1937), Cenerentola (1950) o La bella addormentata nel bosco (1959) che rappresentano e rafforzano stereotipi di genere ben presenti e dominanti nella collettività.
In tutti questi racconti le donne, “principesse”, assistono passivamente alle imprese dell’uomo, “eroe”, senza potervi partecipare. Sono relegate al ruolo di casalinghe e la loro idea di felicità è limitata alla ricerca di un principe e, quindi, al matrimonio. Un matrimonio con un personaggio- eroe che, però, non è assolutamente coinvolto in una vera e propria relazione amorosa: l’uomo mantiene sempre un distacco evidente che gli permette il controllo della situazione e il mantenimento di una posizione di dominio.
La perfetta rappresentazione della società americana del tempo, in cui il matrimonio era considerato il vero punto di arrivo delle ambizioni sociali: in anni di forte crisi economica e di lavoro nero si afferma l’idea della donna casalinga come ruolo primario, titolare di un vero e proprio potere domestico che la piega ad un intimo e profondo senso di colpa nel caso dello svolgimento di eventuali attività extradomestiche, quali che siano.
Disney non si discosta dalla realtà, la rappresenta esattamente così com’è.
Biancaneve e i sette nani
Biancaneve e i sette nani esce nelle sale nel 1937 e rappresenta la figura della tipica casalinga anni ’30 che esegue gli ordini impartiti da altri, la “matrigna” per poi stare al servizio dei sette nani che, ovviamente, vegliano su di lei. Il suo sogno più grande è quello di trovare finalmente il principe azzurro: la sua idea di felicità e di emancipazione si identifica ancora una volta, in sostanza, con il matrimonio.
Cenerentola
Cenerentola esce nelle sale nel 1950.
Intorno alla storia ruotano, oltre alla principessa protagonista, una matrigna e tre sorellastre che impiegano il loro tempo a tormentarla: anche lei, come Biancaneve, sopporta con modestia e bontà tutte le innumerevoli angherie e provocazioni.
Cenerentola alla fine riesce con grande soddisfazione a dimostrare che la scarpetta persa al ballo era veramente la sua ed era proprio lei la prescelta dal principe ma il raggiungimento del risultato sperato è reso possibile dal tocco magico della fata madrina.
La bella addormentata nel bosco
La bella addormentata nel bosco esce nelle sale nel 1959.
Tutti, o quasi, conoscono questa come le altre storie ma in questo caso è interessante notare come, per la maggior parte del tempo, la principessa dorme ed è, quindi, incosciente, anche quando il principe la salva con un bacio.
L’unica differenza, in questo caso una fortuna per la principessa Aurora, è stata quella di non dover stare alle dipendenze di nessuno perché tutti si occupavano di lei, soprattutto le fate: allo stesso tempo questo vantaggio viene oscurato, o forse permesso, dal suo stato di incoscienza che permea, praticamente, l’intera storia.
La morte di Walt Disney e le rivendicazioni femministe
Negli anni Sessanta, il 1966 è l’anno della morte di Walt Disney, si accendono numerose le rivendicazioni da parte delle femministe che reclamano l’indipendenza sia emotiva che economica.
Insomma, non più la lotta per il voto ma più autonomia e più diritti e niente principe azzurro. Una nuova ondata di femminismo che, dall’America, si diffondeva rapidamente anche in Europa: il movimento smonta il mito del “matriarcato americano” e mostra come questo confeziona un modello di donna che rinuncia ad essere sé stessa per vivere all’interno delle mura domestiche e all’ombra del marito.
Ma non sono solo le rivendicazioni delle femministe ad aprire riflessioni e discussioni su questi temi: studi come quello condotto dall’inglese Kevin Durkin alla fine degli anni ’80 dimostrano come queste narrazioni abbiano determinanti ripercussioni sullo sviluppo dell’identità dei bambini, primi destinatari e fruitori delle pellicole.
Lo studio condotto da Durkin dimostra che i bambini, dai 4 ai 9 anni, conoscono bene la divisione di genere e più i bambini sono esposti a stereotipi sessuali televisivi, più sessualmente stereotipati diventano i loro atteggiamenti e le loro credenze. Le rappresentazioni, perciò, oltre ad essere criticabili dal punto di vista della rappresentazione femminile, possono essere nocive per lo sviluppo dell’identità sessuale dei minori.
Così la casa cinematografica aveva preferito optare per personaggi diversi, non umani, come ad esempio ne La carica dei 101, e su storie più leggere e moderne.
La figura classica della principessa scompare per un po’ di tempo dagli schermi Disney e così si evitano critiche e si incassano altri grandi successi.
Nuova era, nuove eroine
Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 la casa cinematografica promette di riportare la magia in casa Disney e lo fa con La Sirenetta, uscito nelle sale nel 1989.
Il clima antifemminista del periodo, alimentato e promosso soprattutto dai media, porta alla riconsiderazione della figura principesca di un tempo per poterla inserire in una nuova realtà nella quale l’uguaglianza di genere viene considerata ormai raggiunta. Queste le convinzioni.
Così torna la principessa, Ariel, che sviluppa una singolare narrazione e, comunque, rappresenta le contraddizioni sempre presenti: la principessa trasgredisce al volere e agli ordini della famiglia per andare sulla terra ma perde la voce e, conseguentemente, la maggior parte delle battute sono riservate agli uomini.
La trasgressione comporta comunque che manchi la voce della protagonista per poterla raccontare.
Ancora una volta Disney è fortemente influenzato dal clima sociale del tempo e continua a rappresentarlo e narrarlo senza discostarsene: l’idea del compromesso, di dover rinunciare a qualcosa per poterne ottenere un’altra, rispecchia le riflessioni e i dubbi che le donne americane del tempo, inserite in massa nel mondo del lavoro, si ponevano costantemente.
Dagli anni ’90 in poi Disney ha acquisito una maggior coscienza sul tema, anche e soprattutto perché le donne cominciano ad essere concretamente presenti in molte produzioni: con gli inizi degli anni 2000 l’elemento che aveva caratterizzato la maggior parte delle principesse Disney, la ricerca del principe azzurro, è presente ma diviene assolutamente secondario.
Disney si è sempre adattato ai tempi e alla società e continua a farlo senza, però, andare troppo contro corrente.
Femminismo, pacifismo ed ecologismo nello Studio Ghibli
Lo Studio Ghibli è stato fondato nel 1985 a Tokyo da Hayao Miyazaki, Isao Takahata, Toshio Suzuki e Yasuyoshi Tokuma. I film realizzati dallo studio sono tra i più visti in Giappone e sono stati acclamati dalla critica occidentale.
La narrazione si discosta nettamente dal classico modello Disney soprattutto per quel che riguarda il ruolo femminile, nonostante la cultura maschilista sia ancora molto presente nella società giapponese: in queste storie le donne assumono un ruolo centrale, sono determinate a raggiungere i loro obiettivi e non hanno bisogno di un principe che le venga a salvare.
Sono portatrici di valori importanti come il pacifismo e l’ecologismo e si battono fermamente per le loro idee. Le figure maschili sono presenti ma la loro presenza non oscura le imprese delle eroine, vere protagoniste delle storie.
Il tema dell’indipendenza femminile è alla base della maggior parte delle opere.
Nausicaa della valle del vento
Nausicaa della valle del vento è un film d’animazione, diretto da Hayao Miyazaki, uscito nel 1984 e basato sull’omonimo manga pubblicato dal 1982.
La protagonista, Nausicaa, è la principessa della valle del vento e combatte contro il regno di Tolmekia che vuole distruggere la giungla tossica, abitata da enormi insetti mutanti che hanno intossicato il pianeta che vive, infatti, in un ambiente post apocalittico. La principessa capisce, però, che è possibile convivere con la giungla tossica senza distruggerla e per questo sacrificherà la propria vita per indicare al suo popolo la via della pace.
Nausicaa è una vera leader, coraggiosa, ambientalista e pacifista.
Il mio vicino Totoro
Il mio vicino Totoro è un film d’animazione uscito nelle sale nel 1988.
Satsuki e Mei, le vere protagoniste della storia, sono due bambine che, insieme al papà, si sono trasferite in campagna per poter essere più vicine al centro dove è ricoverata la mamma.
Le due bambine, all’arrivo nella nuova casa, sono estremamente curiose: osservano, giocano ed esplorano la nuova abitazione; giocano nella terra, curano l’orto e non hanno paura di sporcarsi affrontando il fango e la pioggia. Non rappresentano ruoli precostituiti e giocano come bambine, non come dovrebbero giocare le “femminucce”.
Da subito incontrano vari spiriti del posto ma soprattutto incontrano Totoro, uno spirito della natura che si rivelerà essere di fondamentale aiuto per loro. La piccola Mei, infatti, vuole a tutti i costi vedere la mamma e decide di recarsi da sola nella struttura per portarle una pannocchia di granturco ma, nel tragitto, si perde.
Sarà Totoro, con l’aiuto del Gattobus, a portare Satsuki da Mei.
La città incantata
La città incantata esce nelle sale nel 2001 e nel 2003 conquista il Premio Oscar come Miglior film d’animazione.
La protagonista è Chihiro, una bambina di dieci anni, che insieme ai genitori entra inconsapevolmente nella città incantata, una città abitata da spiriti. I genitori di Chihiro, dopo essersi abbuffati con del delizioso cibo abbandonato nella città, vengono trasformati in maiali. Chihiro è determinata ad intraprendere il viaggio in questa città per cercare di liberarli. L’intento di Miyazaki era quello di creare una storia per bambine, ma non solo, affinché queste potessero davvero comprendere il loro valore: con l’impegno e la determinazione possono davvero realizzare i loro sogni.
Coraggio e determinazione: i valori veicolati dalle donne
I film dello Studio Ghibli pongono numerose riflessioni sul tema del femminismo.
Così come i movimenti di liberazione della donna, anche questi film non mancano di una coscienza politica: si prende posizione a favore della libera autodeterminazione dei popoli, contro la guerra e per il rispetto della natura, convinzioni proprie dell’autore, Miyazaki, che si è spesso speso personalmente in battaglie sociali, ad esempio contro il nucleare.
Soprattutto le opere di Hayao Miyazaki vogliono dimostrare che le donne, come ad esempio Nausicaa, sono in grado di fornire risposte alle esigenze dell’essere umano con fermezza e ragionevolezza. Miyazaki crede, e dimostra nelle sue pellicole, come le donne possano essere estremamente forti e determinate.
Una sua famosa citazione racchiude il senso delle sue storie:
“Many of my movies have strong female leads- brave, self-sufficient girls that don’t think twice about fighting for what they believe in with all their heart. They’ll need a friend, or a supporter, but never a savior. Any woman is just as capable of being a hero as any man.”
“Molti dei miei film hanno protagoniste femminili forti, ragazze coraggiose e autosufficienti che non ci pensano due volte a combattere per ciò in cui credono con tutto il cuore. Avranno bisogno di un amico o di un sostenitore, ma mai di un salvatore. Ogni donna è capace di essere un eroe quanto qualsiasi uomo”.
Elena Elisa Campanella