Tra le colline del Sarcidano c’è un paese noto per la tradizione – che si trasmette di generazione in generazione – dell’olio, del vino e del pane. Saboris Antigus, domenica 6 novembre, sarà la vetrina e l’occasione per mettere in mostra e far conoscere le bellezze di Gergei
Porte aperte delle Domus lungo le vie del centro storico; piazze gremite di artigiani per le rappresentazioni degli antichi mestieri; assaggio dei piatti tradizionali con le ricette di un tempo, trasmesse di generazione in generazione. L’olio, il vino e il pane, eccellenze della zona. Saboris Antigus, domenica 6 novembre, sarà la vetrina e l’occasione per mettere in mostra e far conoscere le bellezze di Gergei.Durante la giornata si terranno visite guidate e laboratori pensati per grandi e piccini, giri in Carrozza ed esibizioni di artisti: Saboris Antigus vuole essere sempre più una festa per per tutti e offrire massima accoglienza alle famiglie. Una giornata che vuole svelare le bellezze del territorio e riportare il visitatore in quei luoghi, anche durante il resto dell’anno.
Tra i vari appuntamenti spicca quello fissato alle ore 10.00: in programma la mostra e il laboratorio de Su Sessineddu.
Una tradizione unica in Sardegna e forse nel mondo, Su Sessineddu è legato alla festa di San Biagio. O Santu Brai, come lo chiamano i gergeesi. La festa, che si celebra il 3 febbraio, ha carattere propiziatorio: i devoti chiedono protezione contro i malanni dell’inverno, in particolare contro il mal di gola, attraverso offerte al santo.
I bambini sono i protagonisti dell’intera organizzazione: sono loro i piccoli “obrieri” con il compito di raccogliere in campagna la legna e le erbe aromatiche per il falò da preparare la sera del 2 febbraio nel sagrato della chiesa.
Al suono dei rintocchi festosi delle campane viene acceso il falò. Tutti iniziano a suonare, cantare e ballare, animati da bicchieri di buon vino bianco e dai “pirichitteddus“, dolci tipici. In ogni casa, intanto, si prepara su sessineddu, una composizione di frutta e fiori tenuti insieme dalle foglie lunghe e piatte del “sessini” (pianta della famiglia delle cipacee) a cui si appendono fichi secchi, pezzetti di lardo e di salsiccia, un rosario fatto con la pasta e cotto al forno con il pane, grappoli di profumatissimi narcisi e “su cordonittu” (un cordoncino di lana ritorta di diversi colori) che sarà portato al collo per l’intero anno come scapolare per proteggersi dalle disgrazie e dal mal di gola.
Il 3 febbraio, giorno della festa di San Biagio, su sessineddu, tenuto al caratteristico cappio, viene portato in processione da bambini e adulti e solennemente benedetto al termine della messa.
Sull’origine del rito della benedizione de su sessineddu non si hanno notizie precise, se non una certa somiglianza con gli usi e le tradizioni della religiosità popolare tipica delle società con economia a carattere prevalente agricolo e pastorale.
Le ipotesi che si possono formulare su questa tradizione sono davvero suggestive: la sorprendente somiglianza de su sessineddu con il grappolo di giunchi e di melagrane tenuto in mano da un giovinetto raffigurato nella parete di una millenaria tomba ritrovata a Tebe (oggi Luxor), nell’alto Egitto, potrebbe infatti far pensare a un antico rito propiziatorio del Medio Oriente le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
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