In una sala gremita all’inverosimile si è svolto lunedì 28 novembre presso la sede della Ugl Caserta nella centralissima Piazza Ruggiero, un convegno sul tema della violenza sulle donne che ha visto la presenza della senatrice di Fratelli d’Italia Giovanna Petrenga.
Introduzione affidata al segretario della Unione Territoriale del Lavoro Ferdinando Palumbo il quale nel riuscitissimo ruolo di moderatore ha prontamente lasciato la parola alla Vice Segretaria Marianna Grande che con la sua dettagliatissima relazione fiume ha toccato tutti gli aspetti della questione con un excursus legislativo e sindacale di altissima qualità. A seguire gli interventi politici di Maddalena Corvino, già assessore al comune di Caserta, Nadia Atzori la psicologa di prima linea attiva sul segmento minorile e la dottoressa Eliana Colamatteo che si è dettagliatamente soffermata sulle problematiche del Cyberbullismo. A seguire il Segretario Nazionale della Ugl Igiene Ambientale Roberto Favoccia, espressione del territorio di Terra di Lavoro che nel suo breve saluto ha ricordato come sia a capo di una categoria che vede l’80 % degli addetti appartenere al genere femminile, la toccante testimonianza della sindacalista Laura Ferrante e il racconto di lotta al femminile di Marinella Laudisio recentemente eletta Rsu, tra mille difficoltà, all’Ospedale di Caserta. Conclusioni affidate alla senatrice Giovanna Petrenga che ha accolto l’invito degli organizzatori ed ha parlato dei lavori parlamentari e della concretezza del nuovo governo che sta lavorando per arginare il fenomeno della violenza affinché le vittime non siano più sole. L’esponente del partito di maggioranza si è soffermata sulle misure volte all’accoglimento delle donne maltrattate e sulla necessità di rafforzare gli strumenti di repressione a cominciare dai braccialetti elettronici, promettendo in conclusione di trasformare in strumenti legislativi gli argomenti proposti dalla tavola rotonda. “Da quando guido la Ugl Caserta ho fatto della partecipazione femminile la cifra del mio mandato e l’incontro odierno testimonia che siamo sulla strada giusta” ho dichiarato Palumbo a margine dell’iniziativa “la presenza giustamente silenziosa dei segretari provinciali uomini delle categorie dimostra che in questo angolo di stivale e di sindacato siamo ormai oltre le quote ed i ragionamenti di nicchia”.
La Relazione di Marianna Grande
Si chiamava Alexandra aveva 35 anni, ed è stata trovata avvolta in una coperta nella sua casa di Bolzano. Il marito, inizialmente fuggito in Albania si è costituito ed ha confessato. Alexandra lo aveva già denunciato per maltrattamenti.
Qualche giorno fa a Roma, nel quartiere Prati i cadaveri di due donne e di un transessuale sono stati rinvenuti a poche ore di distanza. L’assassino stavolta era un serial killer di prostitute in cura presso un Sert e sotto terapia farmacologica per una patologia psichiatrica. Le vittime sono morte mentre svolgevano un lavoro borderline accogliendo qualcuno al quale una legge con lacune immense permetteva di scorazzare a piacimento.
A Settembre Mahsa è deceduta in ospedale a Teheran dopo essere stata fermata della polizia religiosa che l’aveva fermata tre giorni prima perché non indossava correttamente il velo. La legge in vigore in Iran richiede alle donne, iraniane e straniere di qualunque religione, di coprire il capo e di indossare vestiti ampi che nascondano le forme. Mahsa ha perso la vita in nome di un fondamentalismo religioso che invece di professare pace, pretende di ridurre le donne in schiavitù.
Ho voluto cominciare il mio intervento odierno raccontando queste brevi e diversissime storie, scelte tra mille altre che meriterebbero di essere narrate per ricordare a me stessa ed al mondo che il pericolo è costante, è dietro l’angolo, il pericolo ha il viso delle persone che amiamo, del collega del quale ci fidiamo, ma anche di un tutore dell’ordine, di un capo religioso, di un cliente o un militare invasore che ha bisogno di assecondare le sue pulsioni …. Quelle donne siamo noi, magari non tutte ne abbiamo contezza, ma quelle storie sono anche le nostre.
Mi chiamo Marianna Grande, vivo e lavoro in provincia di Caserta e se sono giunta fin qui è perché in un contesto che disegna le donne come mamme e mogli asservite, o peggio ancora come lavoratrici figlie di un dio minore, sottopagate e spesso stagionali anche se più zelanti e qualificate dei colleghi uomini, ho dovuto tirar fuori gli artigli e lottare per me e per le mie colleghe contro le famiglie patriarcali, l’arroganza e il senso di superiorità che troppo spesso rendono gli uomini violenti, verbalmente, psicologicamente e fisicamente. E’ lungo questo percorso che ho conosciuto i vuoti lasciati dalle leggi, l’impotenza di alcuni strumenti a disposizione delle vittime di stalking, la paura di perdere il posto di lavoro delle donne separate o monoreddito, i consigli paternalistici di uomini delle forze dell’ordine che pur di evitare una denuncia ti rimandano a casa consigliando la pace e l’armonia. E’ lungo questo percorso che durante gli anni del Covid ho raccolto le telefonate di donne costrette ad una convivenza forzata con il loro amore malato. Ho sentito dire che per qualcuna questi momenti aggregativi non siano utili, io dico il contrario, ed affermo anzi che la celebrazione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è ben più importante dell’8 Marzo, innanzitutto perché non si presta ad interpretazioni; nessuno può definire quella data una festa ed a nessuna verrebbe in mente di andare in pizzeria a brindare con le amiche. Le celebrazioni del 25 novembre pongono noi donne al cospetto con la cruda realtà, ci parlano di violenza e nessuna mimosa ne addolcisce la percezione. Oggi più che mai dobbiamo informare e fornire coraggio, quello stesso coraggio che da domani dovrà rappresentare lo strumento principale per fermare quella che non ho difficoltà a definire mattanza. D’altronde i dati pubblicati il 24 Novembre dal Corriere del Mezzogiorno dimostrano che in alcune zone del meridione si viaggia su sei aggressioni al giorno che spesso non si fermano alle madri, si proiettano anche sulle figlie.
Qualche anno fa uno studio dell’Istat condotto su donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni rivelò che circa 7 milioni di connazionali erano state vittima di violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Il 14,3% di queste donne aveva subito almeno una violenza dal partner. Eppure, anche se le conseguenze della violenza domestica sono nella maggior parte dei casi da considerarsi gravi, i tassi di denuncia riguardano poco più del 10% delle violenze da partner e il 6% di quelle da non partner. La paura di non essere creduta, il timore di essere attaccata in un momento di estrema vulnerabilità, la concreta possibilità di una vittimizzazione secondaria a livello sociale, mediatico e giuridico sono il motivo per cui siamo qui oggi, la statistica ci dice che anche qui tra noi ci sono stati e ci sono casi nascosti. Le richieste d’aiuto ai centri antiviolenza rappresentano solo il 4% dei casi. Queste strutture non solo sono molto pubblicizzate, ma offrono una serie di servizi alla donna che coprono ogni sua possibile necessità, da quella medica a quella psicologica, da quella giuridica a quella economica. Offrono ascolto telefonico, accoglienza personale e sostegno attivo nel percorso di uscita dalla violenza, aiuto attivo nell’inserimento sociale e nella ricerca di lavoro. I requisiti son divenuti nell’ultimo anno ancor più stringenti, eppure ritengo che ancora qualcosa si fermi lungo la filiera della solidarietà. Il cattivo funzionamento dei piani sociali di zona che troppo spesso si trasformano in tavoli vertenziali o di orientamento verso questa o quell’altra struttura distolgono le istituzioni preposte e gli attori sociali da quell’opera di ascolto e di informazione necessarie a cambiare la percezione delle interessate. I comuni in dissesto, la mancanza di fondi e gli operatori dei servizi sociali retribuiti in modalità variabili restituiscono purtroppo una prima assistenza a macchia di leopardo. Le “buone prassi” che in tanti si affrettano a decantare devono trasformarsi in una rivoluzione culturale che, come dicevo, non deve lasciare spazio al paternalismo. Intanto, diciamo pure, senza voler risultare irrispettose che le istituzioni religiose e la famiglia devono evolversi.
Da sindacalista non posso non ricordare che nel 2016 fu stimato in un milione 404 mila in numero delle donne che nel corso della loro vita lavorativa avevano subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro o mentre cercavano occupazione. Il mobbing, il bossing, lo straining devono essere denunciati e combattuti con consapevolezza dei propri diritti e delle obbligazioni specifiche del datore di lavoro, che deve prevenire le situazioni costrittive e le vessazioni sui luoghi di lavoro, predisponendo anzi pretendendo adeguati strumenti di controllo e di verifica periodica nonché di aiuto a coloro che denunciano comportamenti illeciti, illegittimi o addirittura penalmente rilevanti. Purtroppo, siamo lontanissime dalla soluzione del problema. Pmi e micro aziende, soprattutto nel meridione d’Italia sono roccaforti inespugnabili, i “padroni” del lavoro sono spesso “pessimi” nei rapporti con le donne lavoratrici e le dimensioni d’impresa sono tali per cui controlli e protocolli sono di improbabile attuazione.
Intanto però il recepimento nel 2021 della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro per la quale la Ugl ed in particolare la Ugl Caserta si è a lungo battuta ha segnato una tappa importante che potrà aiutare a colmare le forti carenze in termini di prevenzione, valutazione dei rischi, sulla formazione e la vigilanza e contribuire a rendere strutturale l’uguaglianza di genere. Accolgo con favore la più che probabile istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta bicamerale sul Femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere a patto che a farne parte ed a deliberare ci siano donne. Parafrasando la Presidente del Consiglio dei ministri, anche io non vorrei che debbano essere gli uomini a spiegarmi come essere donna e come arginare la violenza.Concludendo …
Sono una sindacalista, abbiamo l’abitudine di risolvere i problemi in tempo reale; i cittadini quando sono elettori attendono con pazienza biblica il varo di leggi che arrivano sempre troppo tardi, ma quando sono lavoratori non concedono tregua, vogliono che il problema venga risolto con “decorrenza ieri”: qui siamo in prima linea. Cosicchè … più che suggerire ulteriori strumenti legislativi, chiediamo alla politica di velocizzare le procedure che portano al trasferimento dei fondi necessari, prima ancora di comprendere se sono gli stanziamenti sono sufficienti c’è la necessità di vederli arrivare in tempo reale perché …
Se ti hanno picchiata oggi …
E’ oggi che sei fuggita …
E’ oggi che cerchi accoglienza …
E’ oggi che devi sfamarti e vestirti lontana da casa …
E’ oggi che si decide se vivrai ancora ….