Martedì 13 dicembre nella Biblioteca Comunale di Piazza Tola.
SASSARI Un filo rosso di lana percorre tutte le pagine, collegando gli ottanta ritratti fotografici contenuti all’interno (due per ciascun protagonista degli scatti) e i racconti, i pensieri, le riflessioni che li accompagnano, scritti dalle persone ritratte. Un filo rosso di lana che con la sua presenza materica esprime la volontà di mettere realmente in comunicazione vissuti ed esperienze, in una condivisione che passa per sguardi, gesti, parole, lontana dal mondo virtuale dei social. È il volume fotografico “Il bandolo della matassa” realizzato dal fotografo sassarese Marco Ceraglia a coronamento del suo progetto omonimo, già concretizzatosi con una mostra tuttora in corso fino al 24 dicembre nella Sala Duce del Comune.
Il libro sarà presentato martedì 13 dicembre alle 17 nella Biblioteca comunale di Piazza Tola, dove insieme all’autore saranno presenti anche il giornalista Celestino Tabasso, autore della prefazione, e le libraie Tiziana Marranci e Chicca Pulina.
Curato nei minimi dettagli come un vero e proprio oggetto di design grazie anche al progetto grafico di Alberto Soi, stampato per mezzo di un crowdfunding partito nei mesi scorsi sulla piattaforma Eppela, il volume “Il bandolo della matassa” contiene i quaranta doppi ritratti che Marco Ceraglia ha realizzato coinvolgendo quaranta persone, uomini e donne, appartenenti al mondo della cultura, della musica, del cinema, del teatro, del giornalismo, e tanti amici che hanno accettato di farsi ritrarre dal suo obiettivo e di raccontarsi con uno scritto di proprio pugno.
Tra chi ha deciso di partecipare al progetto, il regista Antonello Grimaldi, gli attori Alessandro Gazale e Daniela Cossiga, gli artisti Giusy Calia e Angelo Maggi, i giornalisti Celestino Tabasso e Pasquale Porcu, la cantante Rita Casiddu, i musicisti Alessandro Carta e Peppino Anfossi, Francesca Arcadu. «Il significato principale di questo progetto è la condivisione» dice Marco Ceraglia. «Ma non si tratta di una condivisione superficiale, distratta, da social. Per me “sociale” vuol dire l’altro, gli altri, quelli all’infuori di me, che posso vedere con gli occhi, toccare con le mani ascoltare con le orecchie. Mi interessano le vite, mi interessano le vite degli altri. Che poi, alla lunga (e non è una diminuzione) si somigliano tutte, almeno nei tratti essenziali, e, contemporaneamente, tutte sono originali e uniche».