“La Sanità Penitenziaria della Casa Circondariale di Cagliari-Uta, a undici anni dal passaggio dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale, deve essere rivista, aggiornata e adeguata alle esigenze delle persone private della libertà. Attualmente infatti la situazione non è soddisfacente anche perché sono indispensabili strutture di supporto esterne, specialmente per chi ha problemi psichici”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento alle “diverse criticità presenti nella principale Casa Circondariale della Sardegna”.
“La Sanità Penitenziaria in un Istituto in cui sono presenti circa 550 persone ristrette, di cui oltre un centinaio extracomunitarie, con un 50% di tossicodipendenti dei quali una percentuale del 40% con disturbi mentali – sottolinea Caligaris – ha necessità di dotarsi di un sistema che garantisca costantemente cure a 360 gradi. Attualmente invece, aldilà del lavoro dei Sanitari, manca un’organizzazione in cui le figure professionali siano in grado di offrire continuità terapeutica e controllo nell’evoluzione dei disturbi”.
“E’ altresì indispensabile – afferma ancora l’esponente di SDR – disporre di spazi alternativi extracarcerari per i pazienti con gravi patologie psichiatriche. Non si tratta solo del problema di una sola REMS insufficiente per la situazione isolana, visto che a Cagliari-Uta ci sono almeno 5 detenuti incompatibili con la condizione di perdita della libertà che dovrebbero trovare un sostegno in una specifica struttura di supporto, ma ci sono altre persone con gravi deficit mentali e tossicodipendenze che dietro le sbarre peggiorano la loro condizione. Ciò compromette anche l’attività della Polizia Penitenziaria chiamata costantemente a risolvere emergenze per atti di autolesionismo”.
“Non si possono inoltre dimenticare i “mali minori”. Cagliari-Uta è una realtà dove avere denti malconci o addirittura protesi rotte non è un’eccezione, anzi. Per far fronte a queste necessità è in servizio – ricorda ancora Caligaris – un solo odontoiatra per 18 ore settimanali. Ciò significa non dare risposte ai bisogni e lasciare le persone a caccia di analgesici per contenere il dolore. Anche il progetto destinato ai pazienti odontoiatrici tossicodipendenti, che ha garantito un importante supporto, è arrivato al capolinea. Senza dimenticare l’oculista e altri specialisti. Insomma è urgente intervenire “.
“Rivolgere un ennesimo appello alle istituzioni per una revisione e aggiornamento del sistema è necessario. In particolare deve intervenire l’Assessore regionale della Sanità affinché venga rispettato sempre il principio costituzionale anche nelle carceri. La tutela della salute infatti non declina con la perdita della libertà anzi, al contrario, il suo rispetto deve essere integrale perché chi sconta una pena – conclude la rappresentante di SDR – non ha strumenti per accedere a cure alternative ed è totalmente nelle mani dello Stato”.