Formare alla comunicazione i futuri medici, i medici e i pediatri di famiglia, ma anche il personale sanitario non medico; supportare la figura del caregiver con adeguate attività di formazione;
potenziare i servizi di Telemedicina nelle strutture oncologiche: sono le tre indicazioni elaborate
dai partner del progetto “Il senso delle parole. Un’altra comunicazione è possibile”
per migliorare in Oncologia la comunicazione tra chi cura e chi è curato.
Le proposte sono contenute in un Position Paper sviluppato – a partire dall’analisi delle criticità
del linguaggio che emergono dal Dizionario Emozionale – dai partner della campagna, promossa
da Takeda Italia insieme ad AIL, AIPaSIM, Salute Donna Onlus, Trust Paola Gonzato-Rete Sarcoma Onlus e WALCE, e con il patrocinio di Fondazione AIOM.
Le parole del Dizionario Emozionale ispirano 6 libretti “millelire” e sei episodi di un Podcast con storie e dialoghi nei quali risuonano tutte le sfumature di significato nella comunicazione tra medici, pazienti e caregiver che si confrontano e superano insieme snodi e tornanti del percorso di cura.
– www.ilsensodelleparole.it –
Formare alla comunicazione i futuri medici
Roma, 14 dicembre 2022 – Formare alla comunicazione i futuri medici, i medici e i pediatri di famiglia, il personale sanitario non medico;
supportare la figura del caregiver con adeguate attività di formazione; potenziare i servizi di telemedicina nelle strutture oncologiche.
Sono le tre indicazioni contenute in un Position Paper messo a punto dai partner del progetto:
“Il senso delle parole. Un’altra comunicazione è possibile”
con l’obiettivo di condividere con le Istituzioni le priorità da affrontare in Oncologia per migliorare la qualità delle relazioni tra chi cura e chi è curato.
La campagna, promossa da Takeda in partnership con AIL – Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma, AIPaSiM – Associazione Italiana Pazienti Sindrome Mielodisplastica, Salute Donna Onlus, Trust Paola Gonzato-Rete Sarcoma Onlus e WALCE – Women Against Lung Cancer in Europe, con il patrocinio di Fondazione AIOM, è nata dall’esigenza di accrescere l’attenzione sui bisogni psicosociali dei pazienti oncologici e onco-ematologici, a volte ostacolata dalla diversa risonanza che le parole chiave legate alla malattia hanno nel paziente e nello specialista.
L’esplorazione dei significati associati alle 13 parole più frequenti nella relazione di cura tra medico, paziente e caregiver ha portato lo scorso anno alla redazione del Dizionario Emozionale, curato da Giuseppe Antonelli, Professore Ordinario di Linguistica italiana, Università degli Studi di Pavia e basato su una consultazione che ha coinvolto specialisti, pazienti e caregiver.
Due obiettivi
A partire dalle criticità emerse dall’analisi del linguaggio, quest’anno la campagna si concentra su due obiettivi:
fornire indicazioni pratiche per migliorare la comunicazione in Oncologia e di conseguenza il percorso di cura, e rendere tangibili e fruibili i significati del Dizionario Emozionale, inserendoli all’interno di storie e formati narrativi vicini all’esperienza di pazienti, caregiver e specialisti.
Indicazioni chiare sull’importanza di rispondere alla difficoltà comunicative che possono ostacolare l’aderenza dei pazienti ai trattamenti e aggravare l’impatto psico-sociale delle malattie oncologiche arrivano anche dal Piano Oncologico Nazionale (PON) 2022-2027, ancora all’esame della Conferenza Stato-Regioni, che ribadisce il valore delle parole nella relazione di cura:
“…una buona comunicazione… influisce positivamente su una serie di outcome inerenti la salute, quali la compliance ai trattamenti, il controllo del dolore e il miglioramento del benessere fisico e psicologico del paziente”.
Position Paper
Con queste direttive è in linea il Position Paper messo a punto dai partner della campagna, che analizza i principali bisogni psico-sociali emersi dall’analisi del linguaggio e sintetizza in proposte concrete rivolte alle Istituzioni le priorità da affrontare per migliorare la qualità della relazione tra specialisti, pazienti e caregiver.
«Con la campagna Il senso delle parole Takeda ha voluto accendere i riflettori sui bisogni psico-sociali ed emotivi delle persone affette da una patologia oncologica e sostenerli attraverso strumenti tangibili e concreti, secondo un approccio che considera la persona nella sua interezza:
non solo la sua malattia, ma anche il contesto socio-assistenziale e organizzativo, il suo vissuto e la sua psiche –
afferma Anna Maria Bencini, Oncology Country Head di Takeda Italia –
Il Dizionario Emozionale è stato il primo importante risultato di questa campagna e oggi con il Position Paper raggiungiamo una tappa cruciale:
proposte concrete per un confronto aperto con le Istituzioni alla ricerca di soluzioni, per far sì che tutti i pazienti oncologici, e i loro caregiver, possano avere un’assistenza che dia il giusto rilievo ad una efficace comunicazione.
Takeda sarà sicuramente al fianco di quanti vorranno continuare su questa strada, Associazioni Pazienti, Istituzioni, Società Scientifiche».
La sintesi delle tre proposte
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Formare in comunicazione futuri medici e specializzandi, medici e pediatri di famiglia, personale sanitario non medico
Oggi solo alcune facoltà di Medicina e chirurgia in Italia prevedono l’insegnamento della comunicazione nei programmi didattici del corso di laurea e nelle scuole di specializzazione, che dovrebbe invece entrare a far parte dei curricula formativi.
Formazione e aggiornamento su tecniche e modalità di comunicazione dovrebbero essere parte integrante del curriculum del Medico e del pediatra di famiglia, primi interlocutori per l’assistenza, che assumono un ruolo ancora più centrale nel quadro di riorganizzazione delle cure territoriali previsto dal PNRR, caratterizzato dall’ascolto e da una continua interazione con l’assistito e il caregiver.
La formazione dovrebbe coinvolgere anche il personale delle strutture – sanitario non medico, sociosanitario e amministrativo – che si relaziona direttamente con pazienti e caregiver lungo l’intero percorso oncologico.
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Valorizzare e supportare il caregiver
L’Italia è ancora indietro nel riconoscere e tutelare giuridicamente la figura e il ruolo del caregiver, sebbene non manchino esperienze regionali significative:
lo scorso 22 novembre il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una legge che riconosce la figura del caregiver familiare, ne esalta e tutela il ruolo assistenziale e sociale per l’apporto all’interno del sistema di welfare.
Entro aprile 2023 il nostro Paese dovrà fornire un piano per il caregiving in termini di tutele della salute e del benessere e di misure previdenziali, economiche e assicurative.
Occorre destinare il Fondo triennale per le attività di cura non professionale innanzitutto alla formazione del caregiver su assistenza, nutrizione appropriata, dispositivi, farmaci e innovazioni terapeutiche, nonché potenziare nei distretti sociosanitari e nelle case di comunità servizi di supporto e sollievo al caregiving oncologico come sostegno psicologico, consulenze su diritti, help line e gruppi per la condivisione di esperienze, vissuti e competenze.
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Promuovere la telemedicina nell’ambito di un percorso strutturato di cura
Il Piano Europeo di lotta contro il cancro sancisce “la valorizzazione della Telemedicina che si inserisce in un contesto più generale di promozione della digitalizzazione”.
Il PNRR italiano stanzia un miliardo di euro per la Telemedicina e le Regioni dovranno attuare entro il 2024 i piani, che vanno dal teleconsulto al telemonitoraggio al telecontrollo.
È necessario istituire nella struttura oncologica di riferimento la figura del case manager per l’assistenza a distanza dei pazienti con un ruolo di regia, prevedere moduli standard di formazione in tele-oncologia per il personale sanitario, strutturare un team minimo di professionisti formati in tele-oncologia, costituito dall’oncologo e dall’infermiere esperto in oncologia e, infine, promuovere l’impiego di App dedicate, chatbot e device consegnati all’assistito o al caregiver per facilitare il monitoraggio dei parametri di salute utili ai fine della gestione della patologia e del piano di cura.
Le altre attività della campagna
Libretti e Podcast
Le parole del Dizionario Emozionale hanno ispirato 6 libretti millelire e sei episodi di un podcast, entrambi scaricabili dal sito www.ilsensodelleparole.it, con storie e dialoghi nei quali risuonano tutte le sfumature di significato nella comunicazione tra medici, pazienti e caregiver che discutono, si confrontano, superano insieme snodi e tornanti del percorso di cura.
Gli eventi sul territorio
A partire da gennaio si svolgeranno incontri informativi ed emozionali aperti al pubblico con la partecipazione di rappresentanti delle Associazioni pazienti, specialisti e scrittori per esplorare dal vivo le implicazioni delle parole chiave della relazione di cura.
Le proposte per una migliore comunicazione medico-paziente-caregiver: il punto di vista delle Associazioni dei pazienti
Giordano Beretta
Presidente Fondazione AIOM
«La telemedicina potrebbe aprire scenari importanti, perché può consentire di rimanere in contatto con il paziente anche a distanza.
Questo mezzo deve rappresentare però un supporto all’attività clinica e non essere invece sostitutivo della stessa.
Un paziente che il medico conosce già, con cui ha instaurato una relazione di fiducia e con il quale ha definito un preciso percorso terapeutico, può anche essere gestito eventualmente in telemedicina, con alcuni vantaggi come ad esempio ridurre il numero di accessi in ospedale quando ciò non è necessario, gli spostamenti e i costi;
ma la telemedicina non può in alcun modo prendere il posto della normale attività clinica in presenza, in caso contrario si rischia di passare ad una modalità di gestione del paziente non particolarmente corretta.
La telemedicina talvolta viene utilizzata per i secondi pareri, però anche in questi casi bisogna fare molta attenzione, perché quando non si conosce la reale condizione di un paziente e si procede, come sovente capita, senza entrare in contatto con il paziente ma solo con i suoi familiari, il rischio di sbagliare è decisamente significativo.
La telemedicina facilita anche la trasmissione di esami complessi ma ricordiamo sempre che una visita clinica non può essere sostituita da un contatto a distanza».
Ornella Gonzato
Presidente Trust Paola Gonzato-Rete Sarcoma Onlus
«La telemedicina consente di erogare servizi a distanza tramite l’uso di reti di telecomunicazione, dispositivi digitali, software, internet.
Un’innovazione che offre opportunità e vantaggi a fronte di necessari investimenti.
Saranno necessari strumenti di supporto per i pazienti che dovranno essere in grado di utilizzarli.
La questione di fondo rimane l’alfabetizzazione digitale, ancora troppo bassa nel nostro Paese, nonostante l’accelerazione indotta e obbligata dalla pandemia COVID, per cui sarà necessario formare/educare alle tecnologie digitali.
Gli strumenti e modalità per comunicare a distanza rappresentano canali/mezzi per la comunicazione, non la comunicazione, nei suoi contenuti di significato e di relazione, per quanto concorrano ad essa.
Lo svolgimento di una visita tradizionale, in ambulatorio, con tempi spesso troppo brevi a causa di esigenze organizzative, con professionisti con limitate, se non a volte del tutto carenti, competenze nella comunicazione, verbale e non verbale, non pone forse problemi di qualità della comunicazione tra chi cura e chi è curato?
Per una comunicazione efficace è necessario essere preparati a soppesare sia parole sia gesti, bisogna avere una formazione che insegni a spostare l’attenzione sul malato e non solo sulla malattia.
La domanda è se il rischio di “impersonalità”, di “freddezza” della comunicazione medico-paziente possa dipendere davvero dal mezzo, e quindi dalla tecnologia, o piuttosto dalle competenze dei professionisti nella comunicazione con il malato.
Ritengo che le modalità da remoto possano essere una opportunità per sviluppare se non addirittura affinare le competenze del comunicare».
Annamaria Mancuso
Presidente Salute Donna Onlus
«La legge della Regione Lombardia sul ruolo e il valore del caregiver familiare rappresenta un importantissimo passo avanti, che auspichiamo possa fare da traino alla proposta di legge nazionale su “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare” attualmente ferma in Commissione lavoro del Senato e in attesa di essere discussa e approvata.
Il riconoscimento normativo, e non solo, del ruolo del caregiver familiare ha il pregio di valorizzare e sostenere quanti si dedicano a prestare cure a titolo gratuito a un proprio congiunto o amico e a riconoscere il caregiver quale soggetto attivo della rete dei servizi.
Di particolare interesse, gli articoli 4 (interventi a favore del caregiver), 5 (rete di sostegno al caregiver), 6 (riconoscimento delle competenze, inserimento e reinserimento lavorativo del caregiver).
Si affrontano anche temi come la programmazione regionale, l’inserimento o il reinserimento lavorativo, i percorsi formativi per il caregiver e il riconoscimento dell’attestato di competenze di caregiver familiare.
Alcuni passaggi della legge si occupano specificamente di iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione nonché dei bandi mirati al Terzo settore.
Non trascurabile il sostegno economico: 900.000 euro per ciascuna delle prossime tre annualità».
Silvia Novello
Presidente WALCE – Women Against Lung Cancer Europe e Professore ordinario di Oncologia Medica, Università di Torino
«La buona comunicazione è fondamentale:
il valore, il peso e il ruolo delle parole dette (e non dette) hanno una rilevanza imprescindibile.
Nei corsi di Laurea la Comunicazione andrebbe declinata per le varie patologie e questo non sempre è possibile, in quanto molto deve essere trasmesso in termini di informazioni e le ore di docenza non sono mai abbastanza.
Quello che invece può essere fatto è cominciare a dare messaggi chiari, concreti in merito alla comunicazione durante i tirocini obbligatori:
il momento nei reparti e negli ambulatori, l’affiancamento con personale medico esperto è prezioso perché consente ai giovani di cominciare a capire come porsi, cosa e come dirlo.
Unitamente a questo, nel corso delle Scuole di Specializzazione (nello specifico per l’Oncologia) si possono invece organizzare corsi specifici con il contributo e la compartecipazione di psicologi ed esperti della comunicazione, con l’utilizzo anche di strumenti “alternativi” o complementari come cortometraggi, roleplay, mindfulness e molto altro».
Paolo Pasini
Presidente AIPaSiM – Associazione Italiana Pazienti Sindrome Mielodisplastica
«L’Italia solo di recente ha focalizzato l’attenzione sui caregiver:
coloro cioè che si prendono cura, senza remunerazione alcuna, di una persona cara affetta da malattia invalidante.
Un disegno di legge della passata legislatura (1461 / 7 agosto 2019) aveva cercato di porre rimedio ad una situazione in cui l’Italia risultava uno dei pochi Paesi in Europa che non contemplava compiutamente la figura del caregiver, attribuendole un’indennità e riconoscendole il compito di organizzare le cure e l’assistenza e di compiere ogni atto amministrativo in favore della persona non in grado di prendersi cura di sé per infermità dovuta ad invalidità civile o ad handicap certificati.
E ciò nella consapevolezza, confermata dall’esperienza sul campo, delle difficoltà derivanti al caregiver per il suo impegno su più fronti, assistenziale, familiare e lavorativo.
Da qui l’esigenza di un riconoscimento sociale ed economico attraverso un intervento normativo.
Nonostante la condivisione di quasi tutti i gruppi politici in merito al valore del caregiver “quale risorsa volontaria dei servizi socio-sanitari e sanitari locali di assistenza alla persona”, il progetto di legge non è ancora venuto alla luce».
Giuseppe Toro
Presidente Nazionale AIL
«Una migliore ed efficace comunicazione tra professionisti sanitari non medici, operatori non sanitari che lavorano all’interno delle strutture sanitarie e pazienti può operare importanti trasformazioni positive, dovute all’empatia, al calore umano, al senso di comprensione e di accettazione che si creano fino alla compliance delle cure.
In ambito sanitario la capacità di comunicare, innata ma non sempre competente, può essere messa a dura prova a causa di numerosi ostacoli come, ad esempio, i tempi sempre più stringenti con cui i professionisti e gli operatori si rapportano con un paziente o il suo caregiver.
In particolare, il ruolo degli infermieri è di mantenere e favorire la salute, di assistere e riabilitare il malato.
È necessario istruire queste figure all’ascolto, a non interpretare, a non giudicare e ad esprimersi in modo chiaro, semplice, comprensibile e accettabile per l’altro.
Sono capacità in parte innate ma richiedono una competenza e una pratica comunicativa che deve essere appresa, affinata e trasformata in un linguaggio personale efficace».