Obiettivo del Governo è quello di aiutare chi guadagna di meno cercando di raggiungere gradualmente un taglio del cuneo fiscale di almeno 5 punti percentuali. Da un lato la promessa di aumenti in busta paga e di agevolare, sostenere e dare un contributo alle fasce dei lavoratori più deboli dall’altra la necessaria oggettiva analisi degli effetti che questo intervento può avere, rispetto alle numerose e mai risolte problematiche dei lavoratori in generale e dei dipendenti pubblici in particolare. Partiamo da un dato certo: i fondi per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici non ci sono! Condizione conosciuta e dalla quale necessariamente dobbiamo partire per valutare l’efficacia e l’impatto di qualsiasi intervento rivolto alla categoria pubblico impiego. L’intervento porterà comunque un piccolo contributo nelle buste paga dei 3,2 milioni di lavoratori dello Stato e degli enti territoriali ovvero un “emolumento accessorio straordinario” per il 2023, a carico dei fondi per la contrattazione nazionale e per i miglioramenti economici del personale in regime di diritto pubblico: una sorta di “bonus inflazione”, che sarà spalmato sulle 13 mensilità, e che è stato pensato per non lasciare del tutto scoperti gli stipendi della pubblica amministrazione in un anno che si annuncia con prezzi gradualmente in aumento. È evidente l’assenza dei fondi necessari anche solo per dare inizio ai rinnovi dei contratti nazionali 2022-2024, infatti nel documento programmatico di bilancio, si prevede poco più di 2 miliardi alla voce “politiche invariate” in cui sono comprese anche le missioni internazionali e fondi per i provvedimenti legislativi.
In base all’indice dei prezzi al consumo armonizzato indicato nella Nota di Aggiornamento al DEF la copertura integrale della nuova tornata contrattuale costerebbe al complesso della pubblica amministrazione circa 16 miliardi, divisi in parti quasi uguali fra lo Stato, a carico delle leggi di bilancio, e gli Enti che si pagano da soli gli aumenti come accade in Enti territoriali, Sanità e Università.
Dinanzi a tali numeri il governo ha dovuto scegliere : da un lato rinviare il tema dei rinnovi contrattuali a tempi migliori, dall’altro mettere sul piatto della bilancia una cifra iniziale poco più che simbolica, quasi inutile per i bilanci familiari 2023 dei dipendenti pubblici. Il governo ha quindi ben pensato di scegliere la terza via ovvero quella dell’emolumento accessorio, che pur modesto, arriverà direttamente nei cedolini a partire da gennaio.
Si parte con un piccolo modesto contributo economico in busta paga per i lavoratori del comparto pubblico che poco o nulla farà rispetto all’impennata dei prezzi che stiamo registrando, rispetto al problema del “caro bollette” ancora da risolvere, rispetto alla necessità di rinnovi contrattuali per i quali tempi e portata non sono chiari.
A questo aggiungiamo la necessità di avere chiarimenti sugli effetti che questo contributo presente avrà sul conto contributivo totale dei lavoratori onde evitare che pochi euro in più oggi possano anche determinare un peso inferiore, discriminatorio e penalizzante sul montante contributivo dei lavoratori pubblici domani. Sulle esposte tematiche ci rendiamo disponibili ad un confronto con le forze politiche per addivenire alle soluzioni migliori per tutti i lavoratori del comparto pubblico e restiamo fiduciosi che le problematiche sollevate possano essere oggetto di dialogo programmatico già ad inizio anno nuovo.
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