“Tic Tac Tac Tic” è il prossimo spettacolo teatrale da non perdere in questo inizio anno.
Farà da apripista per “Il Teatro delle Meraviglie”, la rassegna giunta alla ventesima edizione.
Quest’ultima, dedicata ai giovanissimi e alle famiglie ed organizzata dal Teatro Actores Alidos con la direzione artistica di Gianfranco Angei, sarà in programma tra gennaio e febbraio.Domani, domenica 8 gennaio, alle 18 nel Teatro Intrepidi Monelli, in viale Sant’Avendrace n. 100 a Cagliari, andrà in scena lo spettacolo finalista al Premio Nuovo Teatro 2021.
“Tic Tac Tac Tic”
Un poetico e divertente racconto senza parole adatto a grandi e piccini in cui i sogni diventano realtà, con un finale a sorpresa, per ricordare quanto sia importante imparare a seguire il proprio ritmo interiore e ritagliarsi degli spazi per sé e per la sfera degli affetti senza lasciarsi travolgere dagli eventi esterni e dalle incombenze lavorative, per ritrovare il vero e profondo significato dell’esistenza e l’importanza dei “simboli dell’anima”.
Fin dal titolo, che rimanda al celebre romanzo di Lewis Carroll sulle avventure della piccola Alice che, caduta in una tana durante l’inseguimento di un coniglio bianco, si ritrova in una sorta di mondo capovolto alle prese con buffi e stravaganti personaggi, tra filastrocche e indovinelli, giochi di parole e nonsense, la rassegna punta sul piacere dello stupore, sulla possibilità di incantare e ammaliare grandi e piccini facendoli viaggiare sulle ali della fantasia.
Una pièce originale, interpretata da Michela Atzeni, Michela Cogotti Valera, Roberta Locci e Valeria Parisi, che indaga sulla possibilità di fermare il tempo e ripensare il ritmo dell’esistenza, sulla base degli affetti invece che della mera produttività, per riscoprire una migliore qualità della vita.
Una favola moderna, quasi un sogno ad occhi aperti
La trama è la seguente: un Omino ha costruito l’immenso orologio che regola lo scorrere dei minuti e delle ore con il suo battito incessante e regolare, mentre i due guardiani Molla e Martello controllano che non vi siano intoppi o interferenze, e il meccanismo non si inceppi, affinché il tempo continui ininterrottamente a fluire. Tutto il cosmo sembra pulsare in armonia con quel ticchettico costante, ma l’Omino è tutt’altro che soddisfatto perché pare che ovunque regni l’infelicità e un velo di malinconia avvolga le azioni e i pensieri degli esseri umani; egli dunque cerca di apportare le opportune correzioni affinché la sua magnifica creazione serva a misurare l’allegria invece della tristezza e sul pianeta regnino la gioia e la serenità. I più rigorosi e complicato calcoli matematici non bastano per trovare una soluzione adeguata, e infatti quel «mondo in bianco e nero è sempre più triste: tutti corrono indaffarati, i vecchi soffrono la solitudine e i genitori passano il loro tempo incollati ad uno schermo», finché una Bambina, sentendosi trascurata dalla madre, troppo presa dai suoi impegni per occuparsi di lei, non si ribella e in un moto di rabbia e esasperazione… stacca le lancette del gigantesco orologio. Il tempo si ferma, anzi no comincia a spostarsi avanti e indietro, il ritmo cambia, diventa velocissimo o lentissimo, tutto appare possibile, in questa realtà “impazzita”… ma è necessario ripristinare l’ordine, sennò tutto rischia di precipitare nel caos.
Qualcosa però è cambiato, forse solo la consapevolezza che il tempo sia uno strumento utile, ma non possa e non debba mutarsi in una sorta di “tiranno” capace di governare l’esistenza: è necessario saper distinguere tra quel che è davvero fondamentale e irrinunciabile e quel che non lo è, riorganizzare forse la scala delle proprie priorità e riconoscere il valore degli affetti e dei legami, stabilire anche delle pause, prendersi un po’ di respiro e imparare a godersi gli istanti preziosi di felicità.
«Il finale dello spettacolo non vogliamo raccontarlo» – scrivono le autrici nella presentazione – «ma possiamo dire con certezza che il nostro mondo in bianco e nero, metafora dell’oggi, verrà trasformato in un mondo a colori dove i numeri dell’orologio saranno sostituiti con ciò che noi chiamiamo “simboli dell’anima” e dove il tempo sarà scandito non solo da un TIC TAC ma anche da un TAC TIC. Perché fermarsi, e magari tornare un po’ indietro per guardare la vita da un’altra prospettiva, può essere ciò che fa la differenza».
UN LINGUAGGIO AL PASSO CON LA MODERNITÀ
“Tic Tac Tac Tic” affronta con un linguaggio immaginifico una questione più che mai attuale, dopo i mesi della chiusura delle scuole (e dei teatri), del telelavoro e delle lezioni a distanza, dell’isolamento e delle comunicazioni “virtuali”, quando tutto il pianeta sembrava sull’orlo di una catastrofe che avrebbe potuto distruggere il genere umano. «In questi ultimi anni di pandemia, la vita frenetica alla quale eravamo abituati si è improvvisamente arrestata» – sottolineano Valeria Pilia e Roberta Locci nelle note di regia –.
«Siamo stati costretti a riorganizzare il nostro tempo, scandito insolitamente da ritmi a noi apparentemente sconosciuti. In qualche modo abbiamo posticipato l’idea di futuro obbligati a vivere il presente, facendo i conti con il tempo della nostra interiorità, quello delle emozioni e dei bisogni più profondi, troppo spesso storditi da un quotidiano che tende ad andare sempre troppo veloce. Ecco che questo drammatico anno diventa per noi un’occasione: riscoprirci padroni dello scorrere del tempo, dedicare tempo a ciò, che per motivi noti a chi fa il nostro mestiere, correva in un susseguirsi di impegni e scadenze.
Ci dovevamo fermare, era arrivato il tempo di prendersi cura del nostro fare. Per noi ora è il tempo della cura. È il tempo di confrontarci con il concetto di “TEMPO”. È il tempo di un’importante riflessione sull’oggi che ci invita come non mai alla condivisione. Ma cosa è il tempo? È una domanda che racchiude sia la poesia che la profondità di un pensiero che genera inevitabilmente trasformazioni nel nostro modo di vivere, cambiando la percezione che abbiamo del mondo.
Sono queste le premesse da cui prende vita lo spettacolo “Tic Tac Tac Tic”. Volevamo parlare del valore del tempo, volevamo confrontarci con ciò che riteniamo essere il suo unico valore, ovvero ciò che facciamo mentre sta passando. E volevamo farlo attraverso uno spettacolo rivolto a tutti, bambini e adulti. Perché spesso è attraverso lo sguardo del bambino che l’adulto si riconosce e perché ancora più spesso senza lo sguardo del bambino, presi dal nostro fare ci dimentichiamo delle cose veramente importanti. Ruolo fondamentale per la scrittura drammaturgica è quello della componente visiva: il modo più semplice per descrivere il mondo è quello del codice binario, il TIC TAC dello scorrere del tempo o l’alternarsi del bianco e del nero. Da qui la scelta della costruzione della scena in bianco e nero dal tratto stilistico un po’ frammentato. Lo abbiamo disegnato in stile grafico su un puzzle di cubi che in scena si modificano, si frantumano e si ricostruiscono in sequenze sempre diverse. Solo alla fine l’intervento del colore e la composizione di un enorme orologio racconteranno l’incontro tra il tempo meccanico e l’anima personalissima di ogni essere umano».
“Tic Tac Tac Tic” rievoca la dimensione “sospesa” della pandemia
Una dimensione in cui il tempo è uscito dai cardini consueti e a fronte di una situazione insolita, e vagamente inquietante, ciascuno è stato costretto a ripensare le proprie scelte, immergendosi in un presente straniante, spesso confinato entro le mura domestiche, senza contatti con l’esterno se non attraverso lo schermo di computers e telefoni cellulari, in un microcosmo anche claustrofobico, in un apparente stato di quiete. In un silenzio, anche se popolato di voci, ma lontano dall’incessante corsa per raggiungere degli “obbiettivi”, è stato possibile, quasi paradossalmente, ascoltare i propri pensieri e dare spazio alle emozioni, ai desideri, prendendo coscienza, di fronte a un minaccia invisibile e all’evidenza della propria vulnerabilità, della necessità di seguire il proprio cuore e provare a vivere davvero fino in fondo la vita, attimo per attimo.
I PROSSIMI APPUNTAMENTI
La magia di un racconto senza parole – domenica 15 gennaio alle 18 – con “Buon Viaggio”, incantevole e fortunato spettacolo del Teatro Actores Alidos, con Michela Cogotti Valera, Alessandra Leo e Roberta Locci per la regia di Valeria Pilia: in scena tre misteriosi personaggi, quasi beckettiani, in procinto di partire per una qualche destinazione. Tra infiniti preparativi e mille imprevisti i tre buffi omini, quasi tre clowns «si trovano loro malgrado a rincorrersi nell’assurdo, a viaggiare tra il grottesco e il surreale, in bilico tra realtà e fantasia: seguono desideri, acchiappano sogni, inciampano sul quotidiano…».Una drammaturgia fondata sulle azioni e sulle emozioni, sulla capacità delle interpreti di esprimere attraverso la mimica gli stati d’animo e i pensieri, in un crescendo tragicomico in cui i personaggi riempiono e svuotano, trasportano, aprono e chiudono i loro bagagli in attesa che inizi l’agognato viaggio.
«Tutto prende il via da una valigia abbandonata: cosa contiene? Di tutto e di più… e tanto basta per far nascere incredibili situazioni che s’intrecciano tra loro, in una dimensione onirica», per una incantevole e immaginifica narrazione per quadri capace di far sorridere e pensare. «“Buon Viaggio” è uno spettacolo tenero, ironico, divertente ed emozionante che arriva dritto al cuore di grandi piccini…» – si legge nelle note di presentazione –: «è un sogno ad occhi aperti su alcuni momenti del vivere quotidiano».
Si ispira a un celebre monologo di Stefano Benni, “E se i Topolini scoprissero i tombini?” di Abaco Teatro – in cartellone domenica 22 gennaio alle 18 – per una visione “dal basso” della realtà e del rapporto tra uomini e animali nelle moderne metropoli: sulla falsariga de “La Topastra”, la pièce divertente e coinvolgente con drammaturgia e regia di Marta Proietti Orzella, anche protagonista sulla scena, affronta in chiave ironica e surreale le conseguenze dell’accumulo di rifiuti e dell’inquinamento. Una singolare “eroina” con tanto di pelliccia, baffetti e coda d’ordinanza, una verace abitante dell’underground, porta avanti l’idea di una rivoluzione in primis culturale: la simpatica topolina emersa dal sottosuolo rivendica i suoi diritti e quelli della sua specie, smentendo pregiudizi e luoghi comuni e stigmatizzando i comportamenti irresponsabili del genere umano. In effetti l’opinione generale sui topi non è proprio lusinghiera: «animali che rosicchiano tutto, sporchi, portatori di malattie», sono considerati creature pericolose, da temere e tenere alla larga, fino a suggerirne lo «sterminio indiscriminato». La protagonista afferma l’opposto: «sono gli umani che scaricano nei tubi delle loro case sporchi liquami pieni di schiuma e sostanze tossiche che scorrono poi nelle fogne dove lei vive, assieme alla sua famiglia e i suoi compaesani, facendoli così ammalare». Una favola ecologica per ripensare il rapporto tra uomo e natura, in campagna e in città.
Una fiaba in scena – domenica 29 gennaio alle 18 – con “Il Gatto dagli stivali” del Teatro d’Inverno, con adattamento e regia di Giuseppe Ligios, ispirato alla fortunata versione di Charles Perrault della novella popolare sull’astuto felino: sotto i riflettori Antonello Foddis, Fabio Caragliu e lo stesso Giuseppe Ligios interpretano la storia favolosa del figlio del mugnaio e del suo micio parlante, approdati alla corte del re. La trama è nota: il giovane, che ha ricevuto come unica eredità un gatto, mentre medita sconsolato sul sul suo futuro scopre che l’animale è dotato di straordinarie qualità e potrà, a suo dire, fare la sua fortuna. Tra espedienti ingegnosi e fantasiose bugie, inizia la fulminea ascesa sociale del sedicente Marchese di Carabas: trasformatosi da nullatenente, senza arte né parte, in ricco nobiluomo, proprietario di terre e castelli, il figlio del mugnaio arriva a sperare di sposare la principessa.
Quasi una variante al maschile della storia di Cenerentola, ma nella rilettura di Giuseppe Ligios si inseriscono alcune note di attualità: «mentre nella versione originale sono sufficienti bella presenza e vestiti eleganti perché un padre conceda, fin troppo facilmente, la mano della propria figlia ad un perfetto sconosciuto, in questa trasposizione si fa a meno di principesse per lasciare spazio ad una trama avventurosa e a un Re che si finge sciocco per mettere alla prova l’onestà del suo giovane suddito e del suo Gatto»… con finale a sorpresa.
Viaggio in una Sardegna incantata – domenica 5 febbraio alle 18 – con “Il bosco di carta”, una produzione del Teatro Instabile e di Teatrop, con testo e regia di Aldo Sicurella, scenografia di Piero Bonaccurso e musiche di Cristina Creco: Noà Giobbe e Marianna Pinna prestano volto e voce ai personaggi di una moderna favola ecologica ispirata agli incendi del Montiferru. Un turista, Samuele, partendo dalle spiagge del Sinis, zaino in spalla, decide di avventurarsi sul massiccio vulcanico nel cuore dell’Isola, dove sono ancora visibili i segni del fuoco: giunto presso un ovile, il giovane incontra un vecchio pastore, Tziu Antoni, che oltre a curare il gregge «passa le giornate nei boschi a raccogliere la spazzatura lasciata dagli uomini incivili, e a far buchi per terra per seminare ghiande». In realtà dietro le sembianze di quell’uomo anziano e saggio si cela «Wolik, il folletto dal nome buffo e bizzarro, venuto apposta dal nord del mondo per salvare i nostri boschi, che insegnerà a Samuele e a tutti noi a conoscere e prendersi cura della natura e di tutti gli animali».
Il protagonista imparerà a (ri)conoscere piante e cespugli, apprenderà il linguaggio degli animali e ascolterà i loro racconti, fino a diventare il Re del Bosco: «solo lui, uomo del mondo e Re, potrà salvare la natura dall’inciviltà di tutti quelli che continuano a sporcare i boschi e, peggio ancora a dargli fuoco… e svelerà a tutti i bambini i segreti del vivere in armonia con la natura».
La magia del teatro tra polvere di stelle e intriganti giochi di luci e ombre – domenica 12 febbraio alle 18 – con “Uffa!” de L’Effimero Meraviglioso, uno spettacolo scritto e diretto da Francesco Cappai e Leonardo Tomasi e interpretato da Noemi Medas, Federico Giaime Nonnis e Alessandro Redegoso, in cui due inservienti svogliati scoprono il fascino del palcoscenico, dove la finzione diventa realtà.
Incaricati di rimettere ordine tra oggetti e costumi, e pezzi di scenografie, i due operai «passano il tempo fra lamentele e sbuffi, senza notare che intorno a loro il teatro inizia a prendere vita: una figura eccentrica e colorata spunta da un vecchio baule, è un antico impresario, richiamato dalla presenza del pubblico, che cerca di spolverare le antiche glorie dei suoi spettacoli dimenticati». Ignari della sua presenza, i due continuano a “lavorare”, mentre questo stravagante personaggio, riaffiorato dal passato, ricrea effetti illusionistici, scenari sfarzosi, balletti e canzoni, ma gli inservienti sembrano invulnerabili allo stupore, finché egli non prova a coinvolgerli direttamente, rendendoli protagonisti…
«Ispirato dai lunghi pomeriggi ad osservare un soffitto, dalla curiosità di aprire un cassetto e tastare il fondo, dall’entrare in un armadio per spuntare in un luogo incantato» – sottolineano i due autori e registi – «“Uffa!” utilizza la noia come elemento necessario per la creatività, un motore inesauribile per i viaggi nella fantasia».
L’arte del riciclo diventa gioco – domenica 19 febbraio alle 18 – con “Il Pianeta Fai Da Te” del Bocheteatro, scritto da Monica Corimbi, anche protagonista sulla scena con Monica Farina, e Giovanni Carroni (che firma la regia): uno spettacolo su misura per bambine e bambini per spiegare i rischi dell’inquinamento e insegnare le tecniche della raccolta differenziata. “Il Pianeta Fai Da Te”, impreziosito dalle musiche originali di Stefano Ferrari, con pupazzi e animazione a cura di Monica Corimbi e Grazia Umana, affronta un tema importante e attuale come la tutela dell’ambiente in chiave ludica, interrogandosi sui molteplici significati della parola “rifiuto”, come negazione o divieto ovvero come simbolo di emarginazione, o come elemento sfruttato e inutile, ma anche sull’esempio dell’archeologia «come indizio di una storia da decifrare e ricostruire». Tra mucchi di rifiuti, in uno scenario post-apocalittico e quasi beckettiano, spicca un’astronave, con due strani personaggi che proveranno a far capire «l’importanza di vivere in un modo pulito».
Filastrocche e canzoni per una “lezione” interessante e coinvolgente sul rispetto della natura: “Il Pianeta Fai Da Te” offre ultimi spunti di riflessione sulle possibilità del riuso, sulla riduzione degli sprechi e sulla raccolta differenziata, stimolando la creatività dei piccoli spettatori chiamati a inventare forme e modi per restituire una nuova vita ai “rifiuti”… che possono diventare anche “oggetti di scena”.
Finale con brio – domenica 26 febbraio alle 18 – con “Baracca & Burattori – con Pinocchio” del Teatro Tragodia, con testo, regia e scenografia di Virginia Garau, costumi e oggetti a cura di Caterina Peddis e realizzazione scene di Giuseppe Onnis: sotto i riflettori Daniela Melis, Ulisse Sebis e Virginia Garau per un’inedita versione del teatro dei burattini. Non teste di legno o di cartapesta, “animate” da invisibili burattinai, ma attori e attrici in carne e ossa che agiscono e recitano, apparendo sul boccascena della tradizionale “baracca”… che invece di restare fissa, “cammina”. La pièce si ispira alle avventure di Pinocchio raccontate da Carlo Collodi, in particolare «l’incontro con il Gatto e la Volpe e il viaggio che lo porterà a diventare da marionetta a un vero bambino». Tra i personaggi non potevano mancare il Grillo Parlante, la Fata Turchina e Lucignolo, oltre a “un possente e spassosissimo pescecane”, in un spettacolo coinvolgente e ricco di colpi di scena, con divertentissime gags.
«La morale della favola è che non è una favola» – spiega la regista Virginia Garau: la storia di Pinocchio insegna che «nella vita bisogna sempre essere buoni figli. Non basta essere buoni. E non basta essere figli. Bisogna scegliere un padre e seguire quello che dice per essere degni di diventare uomini, o per sempre saremo a metà: marionette senza fili, ma pur sempre marionette». Un racconto di formazione, su temi fondamentali come il percorso di crescita individuale e il rispetto verso gli altri.
La XX edizione de “Il Teatro delle Meraviglie” è organizzata dal Teatro Actores Alidos con la direzione artistica di Gianfranco Angei. Con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e dell’Assessorato alla Cultura e Spettacolo del Comune di Cagliari.
INFO & PREZZI
I biglietti a posto unico sono a disposizione a 5 euro, l’abbonamento per 4 spettacoli a 15, mentre quello per 8 spettacoli sale a 30 euro.
Gloria Cadeddu