Nel quinto rapporto pubblicato dall’Osservatorio Long Term Care del Cergas – Sda Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale della Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi) è emerso che, nel solo 2022, il 61,7% del personale (tra infermieri e altri operatori sanitari) ha lasciato le RSA per trasferirsi in strutture ospedaliere o servizi territoriali. Allarmante anche il dato riguardante i servizi socio-sanitari destinati agli anziani: la carenza media degli infermieri è del 21,7%, quella dei medici è del 13% e quella degli operatori socio sanitari del 10,8%. In merito ai dati contenuti nel report, si è espresso anche Antonio De Palma: il Presidente Nazionale del sindacato Nursing Up si è rivolto alle istituzioni invocando l’attivazione della libera professione per la categoria degli infermieri. Di seguito le sue dichiarazioni
I nodi problematici della sanità privata
«La sanità privata continua ad annaspare. Vive una situazione a dir poco drammatica, confermata da una crisi che sembra senza via di uscita e che si consuma, tragicamente, su due fronti.
Il primo è quello della voragine di personale, che continua a fuggire verso le strutture ospedaliere e verso altri servizi territoriali. E dire che queste destinazioni non rappresentano certe isole felici. Ma sta proprio qui il nodo problematico: è la dimostrazione che nelle Rsa i nostri infermieri vivono, da tempo, disagi insostenibili.
Il secondo aspetto, non meno grave, è rappresentato dalla crescita esponenziale di pazienti, di soggetti fragili e di anziani destinati alle strutture private e bisognosi di cure sempre più specifiche e di assistenza continua. Un aumento figlio dell’inesorabile invecchiamento della popolazione nel nostro Paese».
De Palma analizza i dati resi noti dall’Osservatorio Long Term Care del Cergas – Sda Bocconi
«L’Osservatorio Long Term Care del Cergas – Sda Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale della Scuola di Direzione Aziendale della Bocconi) nel suo quinto rapporto ha lanciato un allarme: nel solo 2022, il 61,7% del personale (tra infermieri e altri operatori sanitari) è fuggito dalle RSA verso strutture ospedaliere o servizi territoriali.
Nei servizi socio-sanitari destinati agli anziani, i dati relativi allo scorso anno sono impietosi: la carenza media degli infermieri è del 21,7%, quella dei medici è del 13% e quella degli operatori socio sanitari del 10,8%.
E i numeri peggiorano se ci si concentra solo sul terzo settore. La carenza sfiora infatti il 23,9% per gli infermieri, il 14,6% per i medici e il 12.6% per gli oss.
Il rinnovato fabbisogno della fetta di popolazione più debole si scontra inevitabilmente con un muro di cemento armato. L’ostacolo è rappresentato da strutture che sono viste come aziende e che pagano anche lo scotto del mutato costo della vita e dei rincari energetici.
Esse inoltre hanno un problema di base: sono prive di un numero sufficiente di uomini e donne che rappresentano il fondamento di quella sanità di prossimità che necessita di essere rilanciata e che viene indicata dalla Missione 6 del Pnrr come il percorso strategico da intraprendere per snellire la congestionata sanità pubblica».
De Palma: “La soluzione è lo sblocco del vincolo di esclusività”
«La soluzione, lo ripetiamo da anni, è una equilibrata interazione tra sanità pubblica e sanità privata. Tutto questo può avvenire solo con un serio sblocco del vincolo di esclusività a favore degli infermieri e di tutti gli altri professionisti della salute.
La libera professione, vogliamo ricordarlo, è una nostra battaglia. La invocammo a gran voce già nel 2020 durante la manifestazione tenutasi al Circo Massimo. Il 29 dicembre abbiamo rimesso nelle mani del Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, una richiesta specifica in merito alla quale non erano assolutamente previsti limiti.
Siamo di fronte, invece, ai non pochi limiti e vincoli inseriti nel Milleproroghe. Insomma, siamo davanti a una timida risposta in merito all’allargamento della libera professione per gli infermieri e per gli altri professionisti del comparto non medico dal momento che il tutto è limitato a un arco tempo di pochi mesi (scadenza 31 dicembre 2023) ed è legato all’onnipresente diritto di veto delle aziende sanitarie.
Pur non negando che qualcosa si è mosso, non possiamo mostrare tutto l’entusiasmo che arriva da altri fronti. Ribadiamo che occorreva – e occorre – maggiore coraggio e intraprendenza.
Invitiamo per tanto le forze politiche a prendere coscienza del fatto che l’allargamento della libera professione per la categoria degli infermieri può rappresentare una svolta epocale per un sistema sanitario che vive una crisi tanto profonda.
Occorre attivare finalmente un nuovo percorso; esso deve condurre all’eliminazione di quei vincoli che non consentono la necessaria interazione tra sanità pubblica e sanità privata.
Dal buio tunnel in cui siamo prigionieri, si può uscire solo se tutte le parti in causa si rimboccheranno le maniche. Tutti, nessuno escluso, prendano coscienza che occorre un rinnovamento radicale, un piano di azione che valorizzi finalmente le enormi potenzialità di cui disponiamo. Gli operatori sanitari, gli infermieri, le ostetriche e gli altri professionisti sanitari costituiscono infatti il perno da cui ripartire, la certezza da cui ricostruire».
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