Secondo appuntamento con la rassegna “Specchio del fuoco che tutti agogniamo”: sabato 11 febbraio è in programma alle ore 18.30 la mostra di Marcello Scalas intitolata EradovevivevodarE. L’evento si terrà a Sassari, presso il centro culturale Il Colombre (via Carso 28)
Dopo il successo registrato nei mesi scorsi con la mostra dedicata a Dino Buzzati, alla Pinacoteca Nazionale di Sassari prosegue la rassegna incentrata sul perturbante promossa dall’Associazione Culturale Il Colombre.Si è cominciato la scorsa settimana con gli inediti pittorici di Max Mazzoli; questo sabato è il momento di Marcello Scalas. In questa mostra, intitolata EradovevivevodarE, l’artista proporrà al pubblico delle cartografie dell’anima caratterizzate da segni grafici.
Marcello Scalas: breve biografia
Sassarese, classe 1972, inizia la sua ricerca artistica agli inizi degli anni Novanta. Dopo un’esperienza che lo ha condotto per alcuni anni nel Regno Unito, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Sassari. Cruciali gli incontri con persone del calibro di Patrizia Ferri, Gioia Mori, Marco Rinaldi e Marco Brandizzi. Quest’ultimo farà da relatore per la sua tesi intitolata “Bianco su bianco tra Oriente e Occidente”.
Il suo lavoro è caratterizzato dal nomadismo dei linguaggi e dagli interventi ambientali. Agisce nello spazio modificandone il punto di vista percettivo, operando sulle superfici.
La tendenza è di ridurre al minimo gli elementi costitutivi dell’opera che sono spesso affidati a un materiale effimero o semplicemente inusuale. Le tematiche sono universali ma sempre riconducibili all’uomo e alla sua esistenza.
Affianca alla ricerca artistica la professione di designer e di insegnante di Arte e Immagine presso la scuola statale. Si interessa al teatro di ricerca, alla musica, alla grafica e alla fotografia. Tra il 2009 e il 2011 cura lo spazio espositivo “Il Buco – Artbox”.
Che cos’è il perturbante?
Un sottile sottinteso al quotidiano e a ciò che chiamiamo reale? Forse.
O forse il perturbante è l’inaspettato, l’inatteso che si fa spazio, dirompente nel dilatarsi del tempo e dello spazio percepito e conosciuto.
Una partita tra il reale, la soggettività e il mondo.
EradovevivevodarE
EradovevivevodarE: un palindromo a dare il titolo alla mostra. É un viaggio interiore di ritorno a spazi consueti, a paesaggi di un passato rincuorante. Essi consentono di ripararsi da un presente in cui, con forza, irrompe l’incertezza del futuro. In quel ritorno, infatti, i segni e le forme si impongono come rappresentazione del presente e dell’incertezza.
Queste opere nascono in un periodo ben preciso, in un tempo fermo nel tempo: il lockdown dell’epoca pandemica. Tutto si è fermato e il gesto creativo ha dovuto fare i conti con la mancanza di possibilità comuni.
Tuttavia, dove tutto sembra immobile, la riflessione, il pensiero, l’anelito alla relazione si fa urgenza. L’interiorità diventa luogo di paesaggi emozionali che si trasformano in esercizi di mantenimento in cui il segno – istintivo e immediato – emerge dall’inconscio diventando significante.
Il tratto costituisce le forme di questi paesaggi emozionali: atmosfere che si possono ricondurre al mondo naturale e innaturale in cui l’uso del bianco e nero esprime la necessità dell’essenzialità, garantendo al segno la dimensione fondante di queste opere. Una grafia dell’anima che prende corpo e forma sulle superfici attraverso la sperimentazione sui materiali (fusaggine, gesso in polvere, tempera, acrilico, china e sumi).
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