In quasi sedici da giornalista ad honorem mi sono occupata di cronaca, di inchieste, di reportage, di necrologi, di politica, di sport, di cultura, d’arte, di spettacolo e d’intrattenimento e ho intervistato mamme e insegnanti, chef e barman, modelli e stilisti, ballerini e coreografi, attori e registi, cantanti e musicisti, produttori musicali e televisivi, artigiani dei più vari materiali, fondatori di brand e di agenzie di comunicazione come anche di etichette discografiche e molte persone dedite ad altre attività ancora.
…non solo, infatti ho collaborato altresì con alcuni cantautori con i quali ho scritto i testi delle loro canzoni e deciso di volta in volta il beat, per alcuni ho organizzato e contribuito non di meno ai videoclip (dalla scelta e ricerca del set e degli attori alla decisione e realizzazione degli abiti e del trucco e parrucco, dallo storytelling alla ripresa degli atti) e tutto ciò mentre, di lavoro, svolgevo la professione d’ispettrice assicurativa per la prima multinazionale in Italia nonché terza nel mondo. Avevo un contratto a tempo indeterminato, uno stipendio che mi permetteva la sussistenza e pure qualcosa in più d’essa ma soprattutto di non rinunciare – per questioni economiche d’impossibilità di spostamento e di partecipazione a corsi e stage ecc. ecc. – alla mia passione per la musica, per la recitazione e per la fotografia d’arte.
Non ho studiato scienze della comunicazione, non ho frequentato alcuna scuola musicale eppure a tutto ciò mi ci sono sempre dedicata con costanza, impegno e infinita passione tant’è che non mi stanco mai di ripetere che sono nata con in una mano la penna e nell’altra la macchina fotografica. Ho invece conseguito la laurea triennale in Filosofia, una laurea specialistica in Metodologie Filosofiche e poi ottenuto il diploma post-Laurea quale critica letteraria e d’arte secondo Metodo Mascialino.
Ho studiavo tanto e tante materie (pure quale autodidatta) in accordo al mio essere curiosa e vogliosa di informami non circa un unico argomento, analitica, riflessiva, insaziabile – e non smetto mai di farlo nemmeno ora! – e ho vestito i panni di consulente ramo vita e ramo danni per Generali Italia S.P.A. anche per testare la mia elasticità e fare esperienze che spontaneamente non avrei cercato, non desiderando però altro che potermi finalmente vedere a fianco degli artisti in cosiddetta pianta stabile. Ad oggi non ci sono ancora riuscita, ché non posso vantare nel C2 storico alcun rapporto nei campi di mio interesse e in tali settori ormai sono considerata una “vecchia” (ma la volontà e le capacità hanno una data di scadenza?!) dacché compirò trentaquattro anni a luglio… e, poiché mi sono licenziata in modo tale che nessuno potesse avere la scusa di dirmi che la precedenza ce l’ha chi è “a spasso”, sono disoccupata invano.
Ho fatto tutto questo cappello introduttivo non perché mi faccia piacere avere i fari puntati addosso che, tra l’altro, le malelingue ci possono tranquillamente sguazzare nei sopracitati toni poco caldi bensì in quanto sono convinta che l’esempio sia la testimonianza più sincera e che la si debba smettere di pensare e sentenziare che compiere una scelta comporti necessariamente e inevitabilmente doverne escludere un’altra e qualsiasi altra futura come se la vita fosse un armadio a muro, a scomparti, e che non si possano né si debbano aprire più cassetti contemporaneamente …Ed è qui che entra in gioco il cantante genovese Olly [clicca qui https://instagram.com/olly_nclusive?igshid=YmMyMTA2M2Y= per visionare il profilo IG di Federico Olivieri].
Io trovo una grande e profonda affinità tra la mia e la sua personalità, sarà forse poiché entrambi siamo nati in Liguria e ho abitato persino nella sua Genova per quattro anni o chissà per quali ulteriori motivi eppure quando ascolto – e poi sondo con metodo spaziale le sue canzoni – mi pervade un entusiasmo e una contentezza che una persona come Federico Olivieri esista e che lo stesso Olly faccia con successo musica che non riesco a descrivere a parole cosa provo tanto lo sentirei limitativo della viscerale alta considerazione che ho di questo Artista. È, quindi, giunto il momento che ve lo presenti a mio modo… e no, purtroppo, non sono la sua direttrice artistica – lo sottolineo visto che alcuni me lo hanno chiesto dal momento che lo “tengo d’occhio” da anni e che in ogni suo singolo ci sentono e leggono tanto di mio a partire dallo stile fino agli argomenti trattati (e, specialmente, a come li tratta e sviluppa).
Due principalmente sono i capisaldi di pressoché tutti i testi di Olly ossia l’acqua, il mare e il cantare, la musica. Acqua che è associata all’inconscio, allo stato emotivo interno della persona e alla paura o attrazione per il contatto con le proprie emozioni latenti. Simbolo della vastità del mondo interiore – spesso rimosso o “dimenticato” – e dell’istinto, il mare è sinonimo anche di vita, di rinascita, di purificazione. Possibile è rigenerarsi e inverarsi essendo disposti al cambiamento e all’apertura e alla libertà che esso presuppone e testimonia. E come è pragmaticamente fattibile tutto ciò? Esprimendosi ed esprimendo i propri sentimenti nell’agire cantando, facendo musica, lasciando cioè fluire quella metaforica acqua che proprio grazie al suono muove la materia.
Spesso mi piace imbattermi in pezzi musicali e scoprirli in modo random, ho difatti l’impressione che nulla succeda davvero per caso e che – non escludendo alcunché a priori e non percorrendo i sentieri abituali – si abbia l’occasione di prestare maggiore attenzione e di lasciarsi meravigliare. Quando, di Olly, ho ascoltato in ordine casuale “Tutto male”, “Una vita”, “Bianca”, “Menomale che c’è il mare”, “L’anima balla”, “Ho un amico”, “Un’altra volta”, “L’amore va” ho subito percepito – immancabilmente, in ogni brano – un giovane uomo sincero e d’una intelligenza fine quanto complessa, diretto nell’esprimersi e immediato nel farsi comprendere ma mai superficiale tant’è che ogni sua parola, ogni suo verso, ogni suo singolo pezzo musicale richiama semanticamente il precedente e il successivo a costituire la più preziosa trama d’un ricercatissimo abito.
Del ventiduenne a maggio apprezzo il mettersi in gioco con onestà nonostante i timori e le paranoie siano talvolta all’ordine del giorno (e la notte, questo, lo sa ma in lei già c’è tutto quello che amiamo, al quale aneliamo e che in potenza siamo!), il tentare di essere artefice del proprio destino a cui invita non di meno noi ascoltatori – finendo pertanto poi, nonostante tutto il peso e nonostante tutti i pesi derivanti dall’esterno, per scegliere con audacia di navigare l’ignoto in direzione del proprio più intimo e imo sentire. È, codesto, il potere dell’amore. Amore che è motore e traduttore dell’invisibile in visibile, della potenza in atto, dello ieri e del domani in oggi (un oggi che di continuo e senza fine mette se stesso in discussione).
Ecco allora che, proprio a proposito di amore, Olly ci regala la stupenda canzone “L’amore va” [clicca qui https://youtu.be/nz-9L0HQRYQ per ascoltarla] ove tale sentimento viene da subito presentato senza mezzi termini come un ibrido – un bel bastardo [clicca qui https://g.co/kgs/LwKjJb per leggere il testo] – che proviene da un simbolico incrocio e cos’è infatti l’amore se non l’intersezione di elementi, persone, atteggiamenti persino differenti che però ci fa innamorare?! L’amore è attraente eppure – nel suo disporci a tendere tra Cielo e Terra, a cui il fumo allude – è come se ci avvolgesse, ci calmasse, ci rilassasse, ci allontanasse dallo stress (riproponendo, in codesto senso, l’esperienza primaria di gratificazione del bambino attaccato al seno materno) non senza sforzo, quello di non essere avidi quanto piuttosto generosi nel lasciare fluire. Lasciar fluire che è possibile quando si è nel contesto musicale e, non per nulla, è Federico Olivieri stesso ad affermare di trovarsi in studio.
L’aggettivo bastardo, usato da Olly, anticipa immediatamente la sua visione dell’appunto più chiacchierato sentimento di tutti i tempi. Se c’è una cosa che il cantante genovese sa è che l’amore sembra facile da descrivere ma non lo è e non può esserlo poiché descrivere implica il circoscrivere, definizione e stasi che sono contrarie alla natura del suddetto sentimento. Federico Olivieri dell’amore dice difatti – citandolo – io non lo provo, lo coloro, lo disegno ossia egli non ha certezze, preconcette e manco mai ultime, a tal riguardo (come indica altresì l’Mh) …e nemmeno le vuole (ché tanto non sono possibili dal momento che l’amore va), nemmeno ovvero l’amore lo prova nel significato di testarlo e verificarlo come si seziona invece un cadavere o come si esibisce un trofeo. L’amore va vissuto e nel vivere tutto e il contrario di tutto è possibile da un istante all’altro.
Olly è consapevole che l’amore va, l’amore va/ cammina in mezzo alle persone/ e se ne va, lui se ne va/ non può fermarsi alla stazione però lo anima e lo rende vivace con i suoi colori e i suoi lineamenti interiori. L’amore non lo si può ovverosia dominare e non lo si può ingabbiare né imbalsamare, richiede applicazione che si concretizza nell’agire e ancora agire tant’è che – non a caso – l’artista ligure ha pensato “ma cosa fa l’amore?” e non cos’è l’amore come a suggerire che ciò che si sente in sé, quello che veramente si è, si manifesta nell’azione che si palesa in un atto concreto ma non per questo si stabilizza in alcuna forma. L’amore non lo si può possedere.
Tutto ciò è riconfermato nei versi successivi, che recitano <<Sostanzialmente per me l’amore va/ come l’acqua quando scorre>>, vale a dire che dell’amore sono i fatti a costituirne la sostanza ed è una sostanza che non si può contenere ché è metaforicamente liquida in quanto amare è sinonimo di libertà e movimento. Libertà di poter cambiare direzione e coste da lambire ogni volta che si vuole, riconfermando o no il sentimento. Ecco spiegato perché l’amore, se è veramente tale, non si arresta bensì scorre e fluisce proprio come l’acqua e la musica. Un inno alla musica, dunque, che è ciò che muove e che ci muove in autenticità a noi stessi – musica quale incoraggiamento e motore portante del non rinunciare a essere se stessi, liquidi, aperti e disposti al non escludibile cambiamento se agire in codesto senso è in linea con la parte più vera di noi.
…E se un certo amore non è più il medesimo cioè finisce, come un esame, se va male/ che più ci pensi, peggio è, lo devi accettare perché appunto non lo si può trattenere a forza, neanche a forza! L’amore va e fa soltanto quello che sente di volere, quando, dove e se lo vuole – e, in tale maniera, è libero… ed è libero di potere tutto e di mutare.
L’amore va, impone, frattura, frappone/ È un attore, cattura, ma cura/ E fa breccia, ti buca l’addome/ Sa come comporre e scomporre, è carezza, è pattone/ È stonato, è canzone, se bacia scompare e poi brucia, carbone/ Ti chiude, ti inchioda, ti incute terrore e ti scuoia/ Ti sazia, ti spoglia, ti stende, ti sprona, ti trasforma o ti dona in nome del fatto che come si percepisce e vive la sua azione dipende da se se ne va senza di noi o no… e quasi possiamo perciò dirlo una sorta di Yin e Yang, Pharmakon, che ha in sé ogni principio e quindi può essere per noi veleno così come medicina. Quello che è indubbio è, comunque, il suo essere combustibile – carbone – e movente e scrivente la nostra esistenza.