sull’ “altra costa” del Mediterraneo.
Marocco, Egitto, Turchia investono su mega infrastrutture e
industrializzazione, mentre l’Europa continua a guardare a Nord.
Risultati choc dell’analisi del Centro Giuseppe Bono sullo sviluppo di Nord
Africa e Medio Oriente dai quali emerge con forza la nuova centralità del
Mediterraneo. E il Ministro Musumeci: “L’Italia conta nel mondo se conta
nel Mediterraneo”. “L’Europa non può guardare solo ai ghiacci del Nord”
L’Assemblea pubblica della Federagenti e raccomandatari marittimi italiani, svoltasi questa
mattina a Roma sotto la Presidenza di Alessandro Santi, ha probabilmente segnato una svolta
nell’approccio alle problematiche, in continua evoluzione, dell’interscambio mondiale via mare
evidenziando (attraverso l’analisi affidata al Centro di analisi e consulenza strategica Giuseppe Bono)
alcuni fenomeni, poco noti o sottovalutati, che rendono per la prima volta credibile e concreto uno
spostamento verso il Mediterraneo dell’asse di gravitazione dei traffici europei, schiudendo all’Italia
e alla sua portualità orizzonti che tuttavia sono tutti da conquistare.
Non è tanto la flessione di traffico che registrano i porti del Nord Europa, quanto l’attivismo
industriale, logistico e commerciale dei Paesi dell’area MENA (Medio Oriente e specialmente Nord
Africa) a contrassegnare un momento di trasformazione probabilmente epocale, innescato dal Covid,
dal tracollo della globalizzazione e sfociato in un fenomeno di reshoring di attività industriali che
Paesi come il Marocco o l’Egitto stanno sfruttando con una velocità di reazione che non ha precedenti.
Federagenti: Occasione storica quindi per i porti italiani che devono comunque conquistarsi il futuro combattendo
due fattori avversi: da un lato, una Unione europea che persevera nella sua impostazione nord
centrica, dall’altro la lentezza e farraginosità di un sistema burocratico e decisionale che non si
concilia con lo sviluppo in atto nella sponda Sud. E non è un caso che il Presidente del Consiglio,
Giorgia Meloni, abbia rimarcato con un suo messaggio al Presidente Santi, l’importanza di questo
momento per un’Italia che si candida al ruolo di hub mediterraneo non solo dell’energia, ma anche
dei traffici e dei rapporti commerciali e industriali.
Lo studio presentato oggi da Massimo Ponzellini, Presidente e Amministratore del Centro Giuseppe
Bono, non evidenzia in effetti solo le potenzialità che deriveranno a breve dai processi di ricostruzione
di interi Paesi come Libano, Libia, Siria o Iraq, ma anche e specialmente la rapidità con cui in Nord
Africa si sta investendo sulle nuove infrastrutture, destinate a radicare attività industriali in zone
franche efficienti, traffici e produzione di energia verde (in particolare idrogeno). Gli esempi del
Marocco, dell’Egitto e della Turchia sono emblematici.
In Marocco la logistica sta diventando la chiave di penetrazione e sviluppo di nuovi mercati compreso
quello dell’Africa subsahariana considerato non più come terra di nessuno ma come un potenziale
mercato di consumo. Il progetto di punta dell’impegno del Marocco è il porto Tanger Med sulla costa
mediterranea del Paese, a circa 40 km a est di Tangeri diventato il porto più grande del Mediterraneo,
superando i porti spagnoli di Algeciras e Valencia in termini di capacità di container 9 milioni di unità
di venti piedi equivalenti (TEU). Ma significativa anche la costruzione da parte del Marocco della
linea ferroviaria ad alta velocità Al-Boraq, la prima in Africa a collegare la costa mediterranea con
l’Africa subsahariana (Mauritania) e destinata a diventare la spina dorsale di trasporto di una nuova
catena di valore. E una porzione importante della produzione automotive si è già spostata proprio in
Marocco.
Per parte sua l’Egitto che ha già polarizzato tessile e manifattura, sta realizzando forse la più
importante zona franca del mondo (450 km²) sulle due sponde del Canale di Suez, sta progettando e
realizzando 6 tunnel sotto Suez, nuovi terminal e un fast train che connette il Mediterraneo al Mar
Rosso.
La Turchia, nonostante una situazione economica fragile, sta attirando un numero crescente di
imprese che parevano intenzionate a disinvestire in Far East e investire in un est europeo, diventato
con la guerra in Ucraina, a rischio.
“Numeri e progetti che – secondo il Presidente di Federagenti, Alessandro Santi – sono il vero
riferimento sul quale costruire una politica marittima del Mediterraneo”.
E dal Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, è arrivata una
dichiarazione di intenti quantomai netta: “L’Italia conta nel mondo se conta nel Mediterraneo”.
Criticando un’Europa che continua a guardare ai ghiacci del nord non rendendosi conto che il futuro
è Mediterraneo, il Ministro ha sollecitato una visione strategica nuova di Bruxelles, ma anche un
rilancio del Mezzogiorno come chiave di lettura (pubblica e privata) per un futuro che comunque
avanza”.
Massimo Ponzellini, Presidente del Centro Giuseppe Bono, lo ha ribadito con forza sottolineando
come il destino del Mediterraneo dipenda in gran parte dalla capacità dell’Italia di generare dialogo
e sfruttare le potenzialità senza riporre troppe speranze nel sostegno, che non è mai stato e mai sarà,
convinto dell’Europa.