Intervista a Marco De Giorgi, coordinatore del Centro studi AIDR, sul libro “Governare l’incertezza
fortemente connesso ai temi della gestione della crisi che il nostro Paese si sta trovando ad affrontare negli ultimi anni.
Intervista a Marco De Giorgi, coordinatore del Centro studi AIDR, sul libro “Governare l’incertezza”
Nell’ambito del convegno promosso da Anci e Comune di Bari sul tema della sfida dell’innovazione sociale per le città italiane,
l’autore Marco De Giorgi dialogherà con Antonio Decaro (autore della prefazione) Presidente Anci e sindaco di Bari;
con Alessandro Delli Noci, Assessore della regione Puglia ed altri sindaci, amministratori locali ed esperti che si confronteranno sul tema delle città sostenibili e del ruolo dell’innovazione sociale nella gestione delle crisi.
Un titolo molto evocativo per il tempo che stiamo vivendo. A cosa si è ispirato per questa pubblicazione?
Per affrontare i temi della gestione della crisi, ho preso ispirazione dal sociologo Zygmunt Bauman autore del noto capolavoro ‘La società dell’incertezza’ :
perché purtroppo il cigno nero della pandemia ci ha indotti, in questi anni ad una seria riflessione; su quali modelli di sviluppo sostenibile intraprendere per fronteggiare crisi sempre più ricorrenti ed imprevedibili e favorire la ripresa economica.
Viviamo in un contesto caratterizzato da scarsità di risorse, velocità e incertezza; dove l’unica strada percorribile è quella della innovazione sociale, fondata sulla misurazione e valutazione degli impatti.
Nel libro, lei riprende spesso il tema dell’economia ad impatto sociale come via di uscita per nuovi modelli di sviluppo. Quale messaggio per i lettori?
L’importanza dell’innovazione sociale come nuovo paradigma di sviluppo è riconosciuta a livello internazionale ed europeo.
Non solo per migliorare la risposta ai bisogni sociali emergenti ma anche per guidare nuovi percorsi di crescita economica, modelli di business e creazione di posti di lavoro.
Quello che oggi è il Green deal, domani sarà il Social deal.
Questo è ancora più vero in uno scenario- come quello post Covid19- in cui ci sono sempre più crisi; uno scenario in cui la stabilità è definitivamente messa in crisi dalla complessità, dall’incertezza e dalle interconnessioni.
Per affrontare questa fase di social disruption non serve guardare indietro o mettere barriere, ma occorre un grande sforzo di coraggio per un nuovo contratto sociale basato sulla misurazione e valutazione degli impatti e su nuove forme di partenariato pubblico-privato che riconoscano un ruolo alla finanza sociale.
Nel panorama europeo il dibattito è più maturo rispetto all’Italia?
L’esperienza europea presenta una variegata gamma di success histories.
Il programma europeo Si- Drive – che ha mappato mille casi in tutto il mondo selezionando quasi un centinaio di best practices – dimostra come l’innovazione sociale acquisti diversi significati in vari contesti, assuma diverse forme e coinvolga più attori.
È diventata una delle direttrici della nuova programmazione europea dei fondi 2021-2027.
L’innovazione tecnologica non è in grado di per sé di fare fronte alle sfide economiche e sociali della società moderna. Occorre allora fare riferimento a un concetto piu ampio di innovazione che possa guardare anche ai low income market, che sappia fronteggiare la scarsità di risorse di fronte a bisogni sempre più complessi, che possa dare la necessaria flessibilità al sistema.
Un modello di innovazione che renda la società più forte e resiliente davanti alle crisi.
Forse il concetto più ampio al quale guardare è quello della jugaad innovation su cui converge l’interesse oggi di esperti, ricercatori e policy makers attratti dall’opportunità di un’innovazione che aiuta a fare di più con meno risorse.
Italia il dibattito è ancora acerbo?
Per quanto sia riconosciuta da diversi anni come un fattore importante di sviluppo, fino ad oggi, non ne è stato compreso appieno il potenziale del social impact perché è stato relegato nell’ambito del sociale.
Se ne è circoscritta cosi la portata all’economia sociale e ai modelli di welfare.
L’innovazione sociale, invece, intesa in senso ampio, propone un nuovo modello di sviluppo sostenibile che rafforza la resilienza della società.
Il libro costituisce un passo in avanti con la proposta di un nuovo modello, quale?
Questo studio si promette di verificare la validità del modello del social impact nella sua accezione più ampia per indicare percorsi da intraprendere per la ricostruzione.
In questa accezione, l’innovazione interessa non solo il terzo settore che deve evolvere il proprio livello di maturità organizzativa o la Pa che deve diventare un abilitatore dei processi di innovazione, ma tutti gli attori del sistema economico, pubblico e privato.
La finanza d’impatto si sta già muovendo in questa direzione.
Come lo è stato per l’innovazione tecnologica anche per l’innovazione sociale servono infrastrutture dedicate e politiche nazionali volte a fare scalare l’innovazione dai singoli interventi per farla diventare ecosistemica.
Serve una politica lungimirante che guardi alla creazione di valore pubblico attraverso le leve dell’innovazione.
Serve una classe dirigente competente all’altezza della sfida in termini di visione ecosistemica, governance partecipativa, gestione del rischio e analisi degli impatti.