La Grande Prosa – Stagione 2022-2023
La Grande Prosa – Stagione 2022-2023. La forza salvifica dell’amore in “Rut” di Christoph Nix, nell’interpretazione dell’attrice algherese Chiara Murru.
Per la regia di Nicola Bremer, venerdì 24 marzo alle 21 al Teatro Centrale di Carbonia sotto le insegne della Stagione 2022-2023 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC.Si ispira alla figura dell’eroina biblica narrata nel Libro di Rut, la pièce teatrale che traduce in forma di monologo le varie peripezie di due donne.
“Rut” affronta temi cruciali del presente, come l’essere e sentirsi stranieri.
Christoph Nix riscrive la vicenda sulla falsariga dell’Antico Testamento, con sensibilità contemporanea, creando «una parabola senza tempo sull’amore».
«che va al di là dell’estraneità e che concede la libertà di superare le norme tradizionali».
La trama è nota.
Dopo la morte del marito, Rut si mette in cammino insieme con la suocera Noemi, la quale, ormai vedova e senza figli, si è decisa a tornare nella sua terra d’origine.
In quel paese i due figli, Machlon e Chilion, avevano preso moglie, ma ormai entrambi sono morti, come il loro padre.
Noemi e le due nuore, Opra e Rut sono rimaste sole, e la donna più anziana desidera ora di recarsi nella natia Israele, liberando le giovani da ogni obbligo verso di lei.
Rut però preferisce restare accanto a Noemi, pur consapevole dei rischi e del duro destino che l’aspetta.
Tuttavia la sua gentilezza e bontà d’animo incantano Boaz, che decide di chiederla in sposa e accoglierla nella sua casa, insieme a Noemi.
Una storia esemplare, quasi una moderna favola a lieto fine.
Specialmente se si pensa alle sorti tragiche di tanti moderni migranti che in fuga da guerre, carestie o persecuzioni o soltanto in cerca di un futuro migliore.
“Rut” ripercorre i momenti più significativi della sua esistenza, spiegando le sue ragioni, anche in contrasto con la legge e la tradizione.
La donna moabita rivela le sue più segrete aspirazioni, i suoi pensieri e le sue emozioni, perfino la sua personale utopia in una civiltà».
«Il bellissimo testo di Christoph Nix sembra dirci che ad un certo punto della vita è necessario provare sulla propria pelle la situazione di estraneità».
«Solo se scegliamo di diventare stranieri, la nostra vita esce dai circoli soffocanti delle sicurezze e si apre alla fecondità.
Forse è proprio il tempo della crisi ciò che ci costringe a uscire e farci stranieri».
«Come Rut, dovremmo anche noi diventare consapevoli che le nostre radici non sono solo il luogo dove siamo nati o vissuti.
«Non c’è peggior idiozia che l’idolatria della terra, cioè quella dimensione nazionalistica e di assolutizzazione delle proprie radici geografiche.
È interessante come il termine “gher” in ebraico significhi sia residente che straniero, perché la terra va abitata non posseduta».