Il 35 per cento della spesa sanitaria mondiale è sperperato per prestazioni inappropriate. Uno spreco che coinvolge tutte le discipline mediche anche quelle mirate al trattamento dell’obesità che è una vera e propria patologia e deve essere curata.
Obesità: una patologia curabile, non bastano le diete
Questo il tema del quale si è discusso nell’ultimo corso di aggiornamento, che si è svolto ad Alghero, al Quarté Sayàl; organizzato dall’Ordine provinciale dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Sassari.
Il quarto Ecm del 2023 si è aperto con i consueti saluti del presidente, Nicola Addis che ha ricordato l’importanza dei crediti formativi che si conseguono in queste giornate, senza i quali i medici non sono garantiti dalle coperture assicurative.
“Non esiste un’equazione tra paziente obeso e malfunzionamento della tiroide; un esame radiologico non sempre è appropriato, meglio un approccio multidisciplinare che eviti esposizioni a rischi inutili”.
Roberta Lai, dunque, nella sua relazione si è detta contraria a esami tiroidei non motivati.
Laura Olita ha posto l’attenzione sui dosaggi degli ormoni tiroidei, nei casi conclamati.
Evidenziando che “fare di più, non significa fare meglio”.
Alle prime due relatrici, introdotte dal responsabile scientifico del corso, Francesco Tolu, è seguita la seconda parte del convegno, moderata da Giovanni Pes in cui si sono trattati i temi dei disturbi alimentari e della prescrizione motoria.
Antonella Amadori, neuropsichiatra all’Asl di Sassari ha premesso che l’obesità non è una patologia psichiatrica, ma che i disturbi dell’alimentazione, come anoressia e bulimia, sono spesso strettamente connessi; possono derivare da traumi infantili e problematiche familiari. La notizia confortante è che dai disturbi alimentari si guarisce.
Il cibo come gratificazione è una pratica usuale e non è la dieta la soluzione, ma la comprensione e l’analisi della propria insoddisfazione.
Sull’attività motoria e la relativa certificazione per svolgerla ha parlato Paolo Patta, che ha lanciato l’invito ad adottare nelle Asl sarde il piano previsto dalla Regione in tema di medicina sportiva.
Un nuovo modello organizzativo multidisciplinare di sperimentazione nelle scuole per avviare i giovani allo sport più adatto alle loro attitudini.
Oggi avviene il contrario: si chiede la certificazione per attività svolte prima che il soggetto sia stato monitorato. Secondo quanto disposto dal piano pluriennale regionale si ritiene che la medicina dello sport debba avere una giusta collocazione all’interno del Dipartimento di Prevenzione con una struttura autonoma, multidisciplinare per svolgere attività di screening per gli atleti, in campo cardiovascolare, ma anche per la prescrizione dell’esercizio fisico in persone con patologie quali: obesità, cardiopatie, diabete, neoplasie, sclerosi multipla, depressione e schizofrenia.
“Si eviterebbe così – ha concluso Patta – la scoperta tardiva di malattie in atleti professionisti o che i bambini obesi siano trattati in psichiatria”.
La mattinata si è conclusa con le relazioni della sessione giovanile, moderata da Franca Deriu e Giovanni Fanciulli, curata da: Eleonora Bittichesu, Eleonora Brandoli e Silvia Finà sull’utilizzo di nutraceutici, iodio e vitamina D.
Al termine del corso i partecipanti hanno consegnato il test di verifica per l’ottenimento dei 4 crediti formativi.