Tutto esaurito a Bologna per Lazarus, opera rock di David Bowie e Enda Walsh interpretata da Manuel Agnelli al Teatro Arena del Sole.
“Bowie era un’antenna sensitiva dello spirito del tempo e delle arti, percepiva umori e atmosfera, e poi dirigeva e rimescolava tutto in una sintesi geniale, alchemica, in cui l’androginia e l’energia dionisiaca fanno esplodere l’interiorità e l’identità in mille frammenti e altrettante maschere. Per Bowie la figura dell’alieno rappresenta i ‘diversi’ della società” – così Valter Malosti, produttore italiano dello spettacolo e direttore di ERT/Teatro Nazionale.
La prima rappresentazione di Lazarus ha avuto luogo il 7 dicembre 2015 a Manhattan, ultima apparizione pubblica del suo autore (coadiuvato da Enda Walsh), scomparso due mesi dopo a seguito dell’uscita dell’album Blackstar – che comprende quattro dei brani scritti per lo spettacolo. I personaggi sviluppati da lui stesso muovono da una memoria – ormai collettiva – ben sedimentata, di cui fanno parte la sua discografia e l’iconico Newton interpretato nel film fantascientifico del ’76 L’uomo che cadde sulla Terra.
Questo però è il Teatro Arena del Sole di Bologna, sono non-cover di David Bowie e così come avviene per le opere liriche la direzione musicale ha compiuto un grosso lavoro di arrangiamento. Sul palco alcuni celebri musicisti, tra cui Stefano Pilia e Laura Agnusdei, ma il vero fulcro non può che essere Manuel Agnelli, artista che ormai da decadi onora gli stage, non importa quanto blasonati. Talent scout da milioni di telespettatori o performer sul palchetto di paese nella Bassa padana – resterà un mistero il perché, già famosissimi, gli Afterhours si siano prestati a un pubblico composto prevalentemente da sventaglianti anziani in canottiera, disorientati dalla mise total pelle nera e borchie del gruppo, intento a cavar fuori i brani meno suonati e quelli più sferzanti – come certe perle dell’album Germi.
L’aver interiorizzato le lunghe carriere di David Bowie e Manuel Agnelli prospettava qualcosa di apparentemente frammentato ma potente. Estrema umanità del sentirsi alieni, maestria nel comunicarlo con voce, carisma, fisicità, e una teatrale onestà di fondo.
Non risolvono davvero la complessità dello spettacolo una pedana roteante, uno scrittoio, una poltrona e un teschio, parrucche blu e kimoni, filtri e sovrimpressioni, poi flashback e astrazioni in spazi scenici forse solo immaginati, il volo perpetuo di un gufo. Ognuno è invitato ad articolare la propria personalissima narrazione addensando l’attenzione ora su schermi, ora su scambi d’identità e parole – i testi delle canzoni di Bowie – spesso criptici. Poesie.
Tracklist
Lazarus
It’s No Game
This Is Not America
The Man Who Sold the World
No Plan
Love Is Lost
Changes
Where Are We Now
Absolute Beginners
Dirty Boys
Killing a Little Time
Life on Mars?
All The Young Dudes
Always Crushing in the Same Car
Valentine’s Day
When I Met You
Heroes
Sinossi e allucinazioni
40 anni dopo aver recitato nel film L’uomo che Cadde sulla Terra di Nicholas Roeg, Bowie riprende le fila della storia dell’infelice migrante interstellare Thomas Jerome Newton. L’alieno apparentemente immortale, è definitivamente intrappolato sul nostro pianeta, sempre più isolato dal mondo e incapace sia di vivere che di morire, torturato dal ricordo dell’amore per la cameriera del New Mexico Mary Lou.
Allucinazioni fantasmatiche si aggirano nello spazio claustrofobico del suo appartamento (o del continuum devastato della sua mente? – suggerisce Malosti). Tre nuovi personaggi creati attorno alla figura di Newton erano già presenti nelle quattro pagine di appunti presentate da Bowie a Walsh nel loro primissimo incontro: una ragazza che non si sa se sia viva o morta, reale o no (Casadilego), un serial killer di nome Valentine (Dario Battaglia) e una donna (Michela Lucenti) convinta di essere la poetessa e attivista realmente esistita Emma Lazarus. La visionaria si sarebbe innamorata di lui e lo avrebbe aiutato a costruire un razzo. La mente di Newton, devastata da abusi autoinflitti di varia natura, si sarebbe presa gioco di lui con un ultimo sogno di fuga.
Emma Lazarus
Il romanziere e sceneggiatore Michael Cunningham, il primo a collaborare con Bowie al progetto, racconta che l’opera doveva essere costruita interamente attorno alla figura della poetessa americana diventata famosa per il suo poema inno all’accoglienza.
The New Colossus è inciso alla base della Statua della Libertà e recita: “A me date i vostri poveri, esausti (…) le masse accalcate desiderose di respirare libere (…) Mandate a me i senza tetto, i naufraghi, rovesciati in mare dalle tempeste, io tengo sollevata la mia fiaccola accanto alla porta d’oro”.
Temi bowieani
Walsh stesso riporta che lui e Bowie durante la stesura di Lazarus parlarono di isolamento e pazzia, abuso di droghe e alcolismo.
“Del tormento dell’immortalità, della bellezza dell’amore incondizionato e assoluto, della bontà, di personaggi che perdono il controllo, di una storia che scivolasse in una buia tristezza con lampi di improvvisa violenza”.
“Di personaggi che facevano discorsi insulsi sulla televisione, del quotidiano che sfocia in tragedia greca, di cose celestiali e disgustose – prosegue – di cosa succeda nella mente negli attimi prima di morire, di fuga e del trovare riposo. Newton avrebbe passato i suoi ultimi momenti cercando di fermare la sua mente opprimente, che lo aveva tenuto in vita e – conclude – non ci importava se la sua fine ‘fisica’ sarebbe stata sulla Terra o tra le stelle, purché si sentisse in pace“.
Simon Critchley (biografo di Bowie) vi individua altri temi bowieani quali psicosi indotta dai media, invecchiamento, perdita degli affetti e orrore del mondo. Inoltre, riferendosi all’origine biblica del titolo, osserva come Lazzaro, risvegliato con le bende sugli occhi, non proferisca parola verso Gesù né alcuno dei presenti al miracolo, così nessuno sa se effettivamente volesse essere riportato in vita o se sia stato strappato alla pace contro i suoi desideri.
Nel riconoscere come David Bowie paresse oscillare tra regni diverse senza far parte integralmente all’una o all’altra, il rimando alla figura di Lazzaro – osserva il filosofo – che di fatto occupa uno spazio tra la vita e la morte, suggerisce che la sua arte sia da sempre appartenuta a quello spazio.
A Cura di Tiziana Elena Fresi