Invasione cavallette. Sardegna chiama Sardegna: «Incapacità del Governo Solinas è più distruttiva delle cavallette. Interventi e investimenti inadeguati»
La Sardegna centrale è di nuovo sotto assedio delle cavallette. Nonostante la task force regionale che vede in campo 200 uomini, 40 macchine irroratrici e le app per segnalare i punti critici della schiusa delle uova, gli ettari colpiti potrebbero essere molti di più rispetto ai 60 mila del 2022 sparsi su 26 paesi del centro Sardegna. Quest’anno si potrebbe arrivare a 160mila ettari, secondo le stime più pessimistiche diffuse sui maggiori quotidiani.
Sardegna chiama Sardegna, movimento politico nato da un appello di giovani under 40 che, in seguito a una grande assemblea di presentazione tenutasi il 6 novembre ha raccolto un migliaio di adesioni e organizzato negli ultimi 4 mesi più di una ventina tra incontri territoriali e tavoli tematici, commenta la notizia con i suoi portavoce.
Le parole di Danilo Lampis e Nicoletta Pucci:
«Siamo al fianco degli agricoltori, degli allevatori e delle amministrazioni locali nella denuncia dell’esiguità degli uomini e dei mezzi di Laore per le disinfestazioni, come dell’inadeguatezza degli strumenti chimici e biologici adottati, nonché delle ricerche fatte sul fenomeno.
Dopo 5 anni in cui il fenomeno si ripresenta in forma sempre più grave, il problema più distruttivo non sono più le cavallette che infestano il centro Sardegna, ma l’incapacità del Governo Solinas nell’affrontare concretamente una catastrofe prevedibile.
Centinaia di aziende agricole e zootecniche, già vessate dall’aumento dei costi di produzione e dal caro-energia, rischiano la chiusura. La promessa dei ristori è una falsa panacea, ormai offensiva nei confronti di chi vorrebbe produrre normalmente. Di fronte alle proporzioni del fenomeno, oltre a numeri ben più alti di risorse umane e mezzi impiegati, sarebbe servito un piano di lavorazioni dei terreni privati e pubblici, non solo con arature autunnali.
Al contempo, serve una visione di sviluppo rurale nuova e sostenibile. Visione che faccia i conti con i cambiamenti climatici; e che affronti l’abbandono delle aree coltivabili e il pascolo permanente nei terreni privati come negli usi civici, che incentivano il fenomeno.
Servono interventi strutturali per rendere le terre generative. Bisogna favorire una nuova localizzazione produttiva finalizzata a creare nuove occasioni di lavoro; limitare la dipendenza economica aumentando la capacità produttiva; rafforzare le filier; curare il territorio; fare nuovi prodotti di qualità con l’immissione di conoscenze e tecnologie.»
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