Monumenti aperti XXVII edizione. Sabato 3 e domenica 4 giugno: Bosa
Ci sarà anche Bosa tra i comuni che sabato 3 e domenica 4 giugno prenderanno parte alla ventisettesima edizione di Monumenti Aperti. Il borgo recupera la manifestazione dopo l’annullamento per maltempo del 20-21 maggio.
Ultimo di cinque fine settimana, che ha coinvolto sessanta amministrazioni comunali della Sardegna che hanno ospitato la manifestazione e aperto le porte dei loro beni culturali più preziosi per offrirli al racconto di migliaia di giovani studenti. Numerosa la presenza di enti locali che sono entrati per la prima volta nella rete, a testimonianza della vivacità dell’iniziativa nata a Cagliari nel lontano 1997. E anche quest’anno, per la seconda edizione consecutiva, la manifestazione si tiene sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo.
Dopo la pausa estiva, Monumenti Aperti oltrepasserà il mare per approdare nella Penisola dove ancora una volta sarà presente in Emilia Romagna e in Puglia. Una edizione 2023 che fin dal titolo “Pratiche di meraviglia” vuole essere uno stimolo per giovani e adulti a riscoprire il piacere di meravigliarsi davanti alle bellezze del nostro straordinario patrimonio culturale.
Sono ben tredici le edizioni di Monumenti Aperti alle quali ha preso parte la cittadina di Bosa “importante risultato per la continuità di un evento voluto per conservare e tramandare i nostri saperi, le nostre tradizioni e la nostra storia ma che, al contempo, arricchisce l’offerta turistico culturale della città e contribuisce alla promozione del territorio e del suo patrimonio artistico e monumentale – così il sindaco Pier Franco Casula e l’assessora alla pubblica istruzione Paola Pintus-.
L’offerta culturale rivolta a tutti i visitatori, turisti e cittadini, è impreziosita da squadre di Guide Turistiche d’eccezione formate dai nostri ragazzi delle scuole primarie e secondaria di II grado, che garantiranno una completa fruizione dei nostri monumenti, costituendo un ulteriore grande stimolo alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali del nostro territorio”.
I MONUMENTI A BOSA
Museo Casa Deriu e Pinacoteca Atza. Il Museo Casa Deriu racconta uno spaccato della vita in una casa nobiliare nel cuore della Città di Bosa. La Casa conserva gli arredi originali, gli spazi destinati alla servitù e la biancheria con i ricami e il filet, vanto delle artigiane di Bosa. Casa Deriu è uno degli edifici più belli del lato destro del corso, precedente al progetto urbanistico di Pietro Cadolini, risistemata nel 1838, come testimonia la scritta sul lato del portone. Fra gli arredi e le decorazioni sono pregevoli il parquet del salotto, con motivi geometrici ripresi dagli ornati del soffitto a finti cassettoni; il pavimento della camera da letto in maioliche di manifattura campana del XIX secolo, ben armonizzate con la volta dipinta con cornici e vasi di fiori di gusto neo-settecentesco; infine gli ornati Jugendstil della sala da pranzo, ascrivibili al primo decennio del Novecento.
La Pinacoteca Atza si trova di fronte alla Casa Deriu, nei locali della ex Biblioteca comunale. Al suo interno si trovano le opere donate dal pittore Antonio Atza alla Città di Bosa.
L’esposizione, suddivisa in diverse sale, permette di conoscere il percorso dell’artista dalle primissime esecuzioni realistiche, alla fase surrealista che lo ha consacrato tra i protagonisti del dopoguerra. Il museo permette la conoscenza di un artista annoverato tra i maestri dell’arte sarda del secondo Novecento.
Museo delle Conce.
Il Museo delle Conce è stato realizzato in uno degli edifici meglio conservati, risalente al 1700. Le Concerie sono un simbolo di archeologia proto-industriale della Sardegna. La tradizione conciaria di Bosa risale all’antica Roma. Riscoperta nel Seicento, crebbe sino a diventare attività floridissima dal secondo Ottocento a tutta la prima metà del Novecento.
Alcuni edifici sorgono ancora lungo la sponda sinistra del Temo, in prossimità del Ponte Vecchio; l’allineamento a schiera degli opifici costituisce una delle immagini più famose di Bosa.
Il percorso mostra le tecniche di lavorazione. Il visitatore può camminare sulla superficie vetrata che ricopre le vasche originali e immedesimarsi nella dura fatica giornaliera dei lavoranti immersi in acqua e calce, intenti a manipolare le pelli fresche, fino a ottenere le produzioni di altissima qualità che fecero, per quasi un secolo, della cittadina di Bosa la capitale delle concerie in Italia, apprezzate e vendute nella Penisola e all’Estero.
Chiesa e Convento del Carmine.
Sorge dov’era un tempo una chiesa intitolata alla Beata Vergine del Soccorso; concessa all’Ordine nel 1606, quando i Carmelitani abbandonarono il convento di Sant’Antonio Abate, insalubre per la vicinanza del fiume Temo. Il nuovo sito, prossimo alla porta cittadina di San Giovanni e a una delle strade che collegavano la città col nord dell’isola; ospitò i frati fino alla seconda metà del XIX secolo; quando le leggi sabaude sulla soppressione degli Ordini monastici e l’incameramento dei loro beni determinarono il progressivo abbandono di Bosa da parte dei Carmelitani. Attorno al 1770 era stata presa l’iniziativa di demolire la vecchia chiesa del Soccorso, che versava in precarie condizioni e risultava insufficiente per le attività dei religiosi e della popolazione. Si costruì quindi l’attuale edificio, intitolato alla patrona dell’Ordine, completato con la nuova facciata a ”retablo” nel 1779 e consacrato ufficialmente dal vescovo Murro nel 1810.
Convento dei Cappuccini.
Grazie a una lettera indirizzata al Capitolo della Cattedrale da parte del Vescovo Gavino Manca de Cedrelles, si evince che i Frati posero la prima pietra del convento e della chiesa di S. Maria degli Angeli l’8 dicembre 1608. L’edificio è su due livelli; con chiostro centrale cui si accede tramite un vestibolo affiancato alla facciata della chiesa e sopraelevato rispetto all’ampio piazzale prospiciente il complesso conventuale; cui si giunge dall’attuale via Garibaldi salendo una lunga e ampia scalinata. Il semplice chiostro porticato presenta al centro una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana.
I Cappuccini svolsero nel territorio la loro attività religiosa e sociale fino al 1867, cioè per oltre 250 anni; quando furono costretti ad andar via perché il convento e la chiesa vennero espropriati dallo Stato Sabaudo a causa delle cosiddette “leggi eversive” (legge 3036 del 7 luglio 1866); con le quali furono negati il riconoscimento e di conseguenza la capacità patrimoniale a tutti gli ordini; le corporazioni e le congregazioni religiose regolari, ai conservatori e i ritiri che comportassero vita in comune e avessero carattere ecclesiastico.
Dal 1877 vi fu istituito un ricovero di mendicità, più tardi un ospizio e un ricovero per malati di mente.
L’elenco completo degli eventi collaterali è consultabile sul sito monumentiaperti.com