La storia di Agostino Di Bartolomei mi rimbalzava nella testa da tempo. Non sono un tifoso propriamente detto e non ho in simpatia il mondo del calcio. Dopo le vicende giudiziarie del 1980. Eppure quella fine tragica, inconciliabile con un carattere apparentemente forte, capace di essere il riferimento carismatico per tutti i compagni di squadra, assecondato dalla idolatria assoluta del popolo giallorosso, mi lasciava dubbioso e perplesso.
La voglia di saperne di più ha ben presto preso il sopravvento e mi sono abbandonato ad una ricerca minuziosa dei particolari in cronaca. Alla ricerca delle motivazioni che hanno condotto una solida roccia alla debolezza di uno scoramento portato alle estreme conclusioni. Si fecero tante illazioni e si cercò una spiegazione prima in un dissesto finanziario, poi nell’intervento di criminalità organizzata. Infine nel buio oscuro della depressione, per quella sospetta coincidenza della morte con il decimo anniversario della famosa sconfitta della Roma contro il Liverpool nella finale di Coppa Campioni del 1984. tutte ipotesi non dimostrate, né dimostrabili.
Il pericolo di questo lavoro era quello di farne un racconto per addetti di calcio, mentre a me interessava studiare l’uomo nella sua dimensione familiare, dove l’ambito sportivo avesse una valenza minima. A questo scopo feci la prima lettura del testo alla presenza di sole donne. Ritenendo che fossero a digiuno di sport e che comunque non conoscessero Di Bartolomei. Proprio per saggiare la “digeribilità” del racconto che sospettavo potesse non suscitare la loro curiosità. Dubbi legittimi, visto che tutti i miei contatti si dichiaravano entusiasti di vedere una commedia sul Capitano, per sentirne le lodi calcistiche.
Il responso di quella piccola platea e degli attori, mi ha confortato fugando ogni ombra e così questa nuova pièce arriva in sala alla mercé di quelli che mi onoreranno della loro presenza, sperando di stuzzicarne la curiosità. Il finale di questa storia è diverso, perché diversa è la visione che tutti, ma proprio tutti, avrebbero voluto vedere.
Sono particolarmente orgoglioso di avere in scena con me per la prima volta, Carmelo Savignano nel ruolo del presidente della Salernitana e di aver definitivamente corretto un dissapore originario. Si tratta di un bravissimo attore ed un valentissimo regista, che con entusiasmo si è messo alla prova in un genere da lui distante. Senza mai manifestare perplessità e di questo lo ringrazio. Il resto del cast è patrimonio consolidato di S.P.Q.M.
Arianna Santella, una trascinante Marisa, che rientra, fortemente attesa, in palcoscenico dopo essere stata rapita da due meravigliose bimbe.
Fabio Iadeluca un tormentato Agostino, anch’esso rubato alla prossima paternità, capace di sacrificare la sua folta barba e rivelandosi anche indispensabile per i supporti audio-video; infine Massimo Cecchini, nel ruolo di Camillo Anastasi, il tutor di Agostino, la mia solida certezza sul palcoscenico, da 36 anni, perché semplicemente non è pensabile andare in scena senza.
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