Gallup: 95% della forza lavoro non coinvolta nella propria attività. L’Italia è ultima in Europa per il coinvolgimento sul lavoro
Solo il 5% degli Italiani si dichiara coinvolto nel proprio lavoro
Il 46% dei dipendenti soffre di stress quotidiano
Solo il 20% degli Italiani pensa che sia un buon momento per trovare lavoro, contro il 56% della media europea
La società di consulenza statunitense Gallup pubblica il suo sondaggio annuale State of the Global Workplace, nel quale gli Italiani risultano ultimi nella classifica europea dell’engagement, con solo il 5% degli intervistati che si dichiara coinvolto sul lavoro, mentre spiccano alti livelli di stress nel quotidiano lavorativo (46%) e scarsa fiducia quanto a dinamismo del mercato del lavoro, con solo il 20% degli intervistati che giudica il periodo propizio per trovare un impiego.
Ultimi nella graduatoria del coinvolgimento sul lavoro, gli Italiani restano marcatamente al di sotto della media europea del 13% di professionisti coinvolti nel proprio lavoro, già nettamente inferiore alla media globale del 23%, ma risalendo dell’1% dalla percentuale del 2022.
Se i livelli di collera al quotidiano restano molto contenuti (11% dei lavoratori in Italia si dichiarano in collera, per una media europea del 14%), notevoli invece sono i livelli di stress quotidiano a lavoro. Per quanto si possa rilevare un calo del 4% rispetto all’anno scorso, 46% dei dipendenti in Italia dichiara di sentirsi stressato, in confronto ad una media europea del 39%.
Pessimismo dei lavoratori
Risalta inoltre un marcato pessimismo dei lavoratori riguardo lo stato del mercato lavorativo in Italia, con solamente il 20% degli intervistati che stimano che il momento sia propizio all’impiego, un tasso in lieve risalita ma nettamente inferiore ad una media europea del 56% di “ottimisti”, collocando l’Italia in penultima posizione, dietro persino a Grecia e Macedonia.
“Un’importante caratteristica dell’economia italiana è la struttura dimensionale delle imprese, con una forte prevalenza di microimprese (fino a 10 lavoratori). Queste aziende, spesso familiari e create da imprenditori durante gli anni del Miracolo Economico (anni ’50 e ’60), hanno potuto tenere il passo con la competizione internazionale grazie ai vantaggi dei distretti industriali. Negli ultimi decenni, tuttavia, si sono manifestati in modo molto evidente i limiti di questo modello di sviluppo. Il dato più allarmante è il basso tasso di investimento in capitale umano; in particolare per quanto riguarda formazione e cultura manageriale, che spesso è dettata dall’imprenditore o dai suoi successori. Questa mancanza di investimento può spiegare il perché la produttività della forza lavoro è del tutto insoddisfacente”, dichiara dott. Federico Orlandini, Senior Business Solutions Consultant presso Gallup.
Come cambiare il mondo del lavoro in Italia
“Il nesso fra motivazione e coinvolgimento sul lavoro è evidente. Uno stile manageriale eccessivamente gerarchico e padronale non è più adatto al mondo del lavoro, in particolare nella realtà post-Covid. Inoltre, in Italia, il primo paese occidentale ad essere stato colpito dalla pandemia; è stata proprio la flessibilità e l’intraprendenza dei lavoratori a garantire la sopravvivenza di molte realtà aziendali.
In questo momento, però, assistiamo ad una dinamica interessante che offre una grande opportunità di innovazione. Il passaggio generazionale nella direzione di molte aziende. Molte di queste nuove generazioni hanno avuto l’opportunità di studiare, anche all’estero; e stanno cercando di modernizzare e cambiare il modo in cui operano i loro dipendenti. È un momento in cui i datori di lavoro iniziano a capire che devono trattare i dipendenti in modo diverso e concentrarsi maggiormente su di loro, offrendo opportunità di sviluppo”, aggiunge il dott. Orlandini.
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