Lo spreco dei cavalli da corsa a fine carriera e la proposta Horse Angels di un fondo pensionistico
“Spreco” è il termine usato per i cavalli che escono dalla filiera a fine carriera negli ippodromi.Lo spreco include: sia l’allevamento di cavalli da corsa che non arrivano mai in pista; sia quelli che lasciano la pista una volta terminata la loro carriera agonistica, sia quelli che finiscono la carriera nella riproduzione allevatoriale.
Lo spreco dei cavalli da corsa a fine carriera e la proposta Horse Angels di un fondo pensionistico
Possedere un cavallo da corsa è promosso come un modo semplice per accumulare fama e fortuna, ma pochissimi vincono soldi; figuriamoci restituire i costi di addestramento e/o il prezzo di acquisto attraverso il sistema delle corse italiane, dove la vincita è minima rispetto ad altri giochi a scommessa.
Il numero di equini macellati in Italia nel 2022 è di 25.788, di cui 22.639 identificati come cavalli; ma non è dato saperne l’orientamento produttivo, se cioè fossero cavalli da corsa o provenienti dall’equitazione o da allevamenti specifici per le carni.
Quando un cavallo destinato alle corse nasce, le sue possibilità di essere un cavallo da corsa di successo sono scarse. Si stima che solo 300 su 1.000 puledri prodotti inizieranno mai a gareggiare. Ciò significa che molti puledri saranno subito identificati come inutili e avviati alla macellazione.
Dei cavalli che corrono, uno studio australiano ha rilevato che circa il 40% non ha guadagnato alcun denaro; e solo il 13% ha guadagnato abbastanza soldi per coprire i costi. Queste cifre non includevano il prezzo di acquisto iniziale. Il dottor Paul O’Callahan, Chief Veterinary Steward del Victorian Racing Club, afferma che circa meno del 2% dei cavalli da corsa si guadagna effettivamente da vivere.
Studi simili, sulla rendita economica dei cavalli da corsa in Italia, ma anche sull’effettiva consistenza dei cavalli in carriera e in riproduzione, e su quanti ne finiscano al macello ogni anno, sul numero dunque dello spreco annuale, non ci sono o non sono mai stati pubblicati.
Cosa succede agli ex cavalli da corsa?
Mentre l’industria delle corse sostiene che molti ex cavalli da corsa vengono inviati in allevamenti per la riproduzione, il numero di cavalli coinvolti nell’allevamento è in costante calo da molti anni per via della crisi perdurante dell’ippica, delle scommesse, del pubblico di appassionati, dei montepremi bassi, dei ritardi dei pagamenti delle rispettanze ippiche, che dipendono dal sistema di pagamento centralizzato del Ministero dell’Agricoltura che amministra sia le corse, sia i finanziamenti agli ippodromi, sia i pagamenti delle spettanze ippiche derivanti dal sistema di corse.
Inoltre, l’attività come riproduttori è anch’essa a termine quando le cavalle terminano la loro capacità di essere fecondate, e gli stalloni diventano progressivamente sempre più sterili. Il web è pieno di storie di fattrici e stalloni andati al macello a fine carriera riproduttiva, e la stessa Horse Angels ha documentato più casi di “cavalli e cavalle in razza” finiti tristamente al macello al termine della carriera allevatoriale.
In un’azienda in cui realizzare un profitto è estremamente difficile, sembra fondamentale per gli imprenditori ippici scartare un cavallo il prima possibile dopo aver deciso che non è più redditizio. Per facilitare questo, molti allenatori hanno accordi con appaltatori di trasporti e mattatoi che raccolgono cavalli su richiesta delle scuderie. I cavalli vengono spesso prelevati in orari discreti per risparmiare la vista e il senso di colpa di questa triste realtà.
La testimonianza di una ex istruttrice di equitazione
Abbiamo raccolto la testimonianza di una ex istruttrice di equitazione, che lavorava in un maneggio inserito in un centro di allenamento di cavalli da corsa, che raccontava che gli “esuberi” venivano fatti salire su un camion per il macello con la falsa scusa che sarebbero andati tutti al prato, a fronte delle richieste di spiegazioni dei minori che frequentavano il circolo di equitazione. La stessa istruttrice di equitazione dopo questa esperienza in quel centro di allenamento, turbata da quanto visto, dall’omertà che era richiesta per continuare a lavorare in quel posto, ha rinunciato per sempre alla professione e ai cavalli, riportando un trauma psicologico perdurante e devastante.
Poiché non è proibita la trascrizione in anagrafe dei cavalli da corsa come cavalli da macello in Italia, molti di essi finiscono legalmente, anche se incompatibilmente per noi, nella filiera della carne.
Quelli registrati come non macellabili trovano comunque la strada della macellazione clandestina.
La testimonianza di un veterinario asl addetto alla macellazione
Abbiamo raccolto la testimonianza di un veterinario asl addetto alla macellazione. Ci ha traquillamente raccontato che nella giornata dedicata alla macellazione equina stava semplicemente in ufficio a leggere il giornale; perché una volta che i cavalli entrano nel macello, non c’è più nulla che il veterinario possa fare per obbligare i proprietari a riprendersi gli animali. E con la denuncia si rischiano il posto di lavoro e ritorsioni a livello personale.
Secondo lo stesso veterinario, una volta che i cavalli entrano nel macello, è più compassionevole non fare alcun controllo, in modo che vadano rapidamente allo stordimento, visto che si tratta di animali che soffrono di neofobia.
Si dimenano e sono pericolosi da trattenere una volta che parte la paura verso ciò che sta per loro capitare. I cavalli capiscono che è giunta per loro la fine, dagli odori e rumori che avvertono e dal panico che attenaglia le altre vittime passate prima di loro nella catena dell’abbattimento.
La testimonianza di un proprietario di cavalli da corsa registrati come carne di macello
Abbiamo raccolto la testimonianza anche di un proprietario di cavalli da corsa registrati come carne di macello. Ha sostenuto di portarli in prima persona al macello, senza avvalersi di mediatori, asserendo che in questo modo, con una persona conosciuta che li avvia all’impianto di macellazione, stessero più tranquilli e che la sua strategia fosse motivata dal risparmiare extra dolore e sofferenza ai cavalli che aveva fatto correre.
Dato il basso valore di mercato degli ex cavalli da corsa, gli alti costi di cura e il livello di esperienza richiesto per gestirli, è probabile che se questo gran numero di cavalli non entrasse nei mattatoi, sarebbero soggetti a condizioni in cui il loro benessere sarebbe motivo di preoccupazione, asseriscono i proprietari ippici che mandano i loro cavalli al macello.
La risoluzione della Commissione Europea del 2019
Questa preoccupazione sull’inevitabilità della macellazione, visto l’alto spreco di cavalli, emerge anche da una risoluzione della Commissione Europea del 2019 che, anche a garanzia di maggior competitività economica della filiera, invita i cittadini europei a superare il tabù di fine vita dei cavalli mediante macellazione.
La risoluzione poi, pur di agevolare la macellazione equina, punta il dito contro l’eutanasia:
rilevando che il prezzo dei farmaci per uso veterinario, il costo dello smaltimento delle carcasse e quello dell’eutanasia (dove consentita), possono rappresentare un ostacolo in sé alla conclusione del ciclo di vita degli equidi; determinando un prolungamento delle sofferenze.
Invita quindi gli Stati membri a condurre indagini sulle denunce di pratiche disumane nel corso dell’eutanasia e di violazioni del benessere nell’uso improprio dei farmaci per eutanasie condotte al risparmio.
In questo modo, si invita esplicitamente gli europei a sbarazzarsi dei cavalli valutati inutili convertendoli in carne dopo un “periodo di attesa”; che dovrebbe basarsi sulla “ricerca scientifica”. Ad oggi comunque, lo status di cavallo non macellabile non è ancora riconvertibile in soggetto idoneo alla macellazione.
Il tutto farcito di buoni propositi di tutela degli equini a far da contraltare alla condanna definitiva all’ipotesi di riconoscerli come animali d’affezione; che è quanto chiedono invece le associazioni animaliste e molte persone amanti dei cavalli.
In Italia, il decreto 36/21 ha stabilito l’obbligo di registrazione come soggetti non macellabili per tutti i cavalli da sella sotto al CONI; escludendo dunque i cavalli da corsa che sono invece sotto al Masaf.
La soluzione: il piano pensionistico
L’industria delle corse non ha un piano pensionistico. Ciò si traduce nell’invio di migliaia di cavalli da corsa a mattatoi dove sono uccisi per la carne a consumo umano e dei pets.
Eppure, tutti i cavalli da corsa meritano di vivere la propria vita attraverso adeguati programmi di reinserimento, riabilitazione e riqualificazione.
Ogni proposta di riqualificazione dei cavalli da corsa italiani sostenuta attraverso programmi finanziati dal Masaf che è stata presentata all’industria delle corse sino ad oggi, è stata respinta; senza nemmeno prima avviare uno studio di fattibilità e sostenibilità che evidenziasse i numeri attuali dei cavalli da corsa in esubero e la domanda potenziale nel settore dei cavalli da sella, diporto e compagnia.
Lo studio di sostenibilità avrebbe potuto essere la premessa per la costituzione di un fondo per la tutela dei cavalli da corsa.
Sono 47 i milioni che il Masaf ha investito nel 2022 solo per il finanziamento degli ippodromi
A questi vanno aggiunti i soldi investiti:
per l’antidoping; la TV dedicata alle corse; per l’amministrazione del sistema corse intero, che gravano sul bilancio statale per innumerevoli milioni di euro.
Il vero spreco sono le risorse pubbliche per l’ippica:
quando basterebbe rimodularle per creare un fondo di 2 milioni di euro l’anno per la tutela dei cavalli da corsa, almeno i non macellabili; per garantire loro un futuro decoroso e sconfiggere il fenomeno delle corse clandestine su strada e della macellazione abusiva.
Ricordando che 2 milioni e 650mila euro sono stabiliti a bilancio 2022 per gli animali della fauna selvatica sequestrati. La manovra del 2021 destinava agli stessi 3 milioni di euro.
Allora non è vero che i soldi non ci sono per la tutela di animali diversi dai pets; non c’è la volontà di tutelare i cavalli da corsa, che è diverso.
Rinnoviamo dunque la proposta anche quest’anno: togliere 2 milioni di euro dal fondo per gli ippodromi e devolverlo al fondo pensionistico per cavalli da corsa a fine carriera.