“Ecce Homo”: Marco Ceraglia racconta Borutta fotografando i suoi abitanti
Il fotografo sassarese presenta sabato 2 settembre nel piccolo centro del Mejlogu i primi esiti di un progetto in divenire iniziato nel 2021 come azione partecipata della comunità locale per richiamare l’attenzione sul fenomeno dello spopolamento
BORUTTA Marco Ceraglia e l’associazione culturale Ordinarimai tornano con un nuovo progetto di arte partecipata che unisce ricerca visuale e antropologia, per richiamare l’attenzione sulla resistenza attiva dei piccoli centri della Sardegna al dilagare dello spopolamento. “Ecce Homo, come si presenta ciò che si è”, questo, con un richiamo all’opera postuma del filosofo Friedrich Nietzsche, il titolo del progetto fotografico in progress che dal 2021, anno in cui ha preso avvio, ha già coinvolto gran parte dei 246 abitanti di Borutta, piccolo centro del Mejlogu in provincia di Sassari, invitandoli a posare in ritratti individuali realizzati dall’artista Marco Ceraglia all’interno delle loro case, nelle vie del paese, nei luoghi di ritrovo quotidiani.
Il risultato è una serie di piccoli tasselli di un grande ritratto collettivo ancora da completare, ma i cui primi esiti saranno presentati sabato 2 settembre nella Sala Congressi dell’ex Asilo (in corso Trieste, dalle h. 19), alla presenza del fotografo Marco Ceraglia, del sindaco Silvano Arru e degli amministratori di Borutta. Nel corso della serata sarà proiettata una prima versione del documentario che correda il progetto sostenuto dall’amministrazione comunale del paese, dalla Fondazione di Sardegna e dal C.S.C. Carbonia Società Umanitaria, e nelle strade si potranno ammirare i primi ritratti fotografici degli abitanti.
Il progetto
“Ecce homo” nasce, racconta Marco Ceraglia, «come azione creativa e di rimando alla forza centrifuga dello spopolamento, che sembra allontanare le persone dal proprio suolo natio, dalla casa d’origine, lì da dove tutto è iniziato. Per questo abbiamo deciso di proporre a ciascun abitante, ciascun residente di farsi fotografare, di donare la propria esperienza, di rendersi icona del suo luogo. Ci piace pensare di rendere testimonianza di queste presenze nella loro luce, nel loro posto, nel loro tempo, in un “qui e ora” identitario e di proprietà».
Tra le tante suggestioni che hanno ispirato l’azione “Ecce Homo”, una delle principali è senz’altro il progetto fotografico “Un paese”, nato settant’anni fa dalla straordinaria collaborazione tra il regista Cesare Zavattini e il fotografo americano Paul Strand, impegnati a fissare in parole e immagini un ritratto affascinante e prezioso di Luzzara, il paese natale di Zavattini, e dei suoi abitanti negli anni del secondo dopoguerra.
“Ecce Homo” è, inoltre, in qualche modo speculare e complementare a “Il ritratto di gruppo più grande del mondo”, che già rifletteva sul tema dello spopolamento, realizzato da Marco Ceraglia nel 2018 riunendo in un unico, enorme scatto esposto all’ingresso del paese in segno di benvenuto – e trasmesso sui tg nazionali – gli abitanti di Banari.
L’idea di Ecce Homo
L’idea alla base di “Ecce Homo” e degli altri progetti di sensibilizzazione di Ordinarimai è creare, insieme alle comunità coinvolte, «un materiale iconografico unico preziosissimo, l’immagine “congelata” di una comunità che si registra e si consegna alla storia; perché di questo si tratta, questo è il grande potere del linguaggio fotografico quando è sorretto da una precisa progettazione. Riconosciamo una volta di più alla fotografia (e oggi anche al video) questo valore: unito al lavoro di antropologi, storici e ricercatori le fotografie rendono possibile il “miracolo” di mostrare e farci rivivere il “come eravamo” e le immagini, come sappiamo, in questo contesto posseggono una forza enormemente superiore rispetto alle pur indispensabili parole».
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