«Dopo cinquant’anni, in Italia potrebbero essere uccisi dei lupi. Siamo preoccupatissimi per le conseguenze della sentenza con cui il Tar di Trento ha rigettato in sede monocratica la nostra richiesta di sospendere il decreto ammazza-lupi di Fugatti.
Lupi Trentini. Rigetto ricorso, Enpa-Leidaa-Oipa: “ecco le osservazioni rimaste senza risposta, la battaglia legale prosegue”
Lupi trentini. È una decisione politica, quella assunta dal presidente della Provincia autonoma di Trento, di una gravità inaudita. Un provvedimento spietato, crudele e, come noto, del tutto inutile, poiché non risolverà in alcun modo la questione delle predazioni.
Infatti, l’unico strumento scientificamente idoneo a evitarle è il ricorso alle misure di prevenzione integrate». Lo dichiarano Enpa, Leidaa e Oipa, secondo cui il pronunciamento del Tar lascia senza risposta diversi aspetti sollevati dall’avvocato Valentina Stefutti.
La questione dell’efficacia dei sistemi di prevenzione
È vero che la Malga era dotata di recinzioni elettrificate, tuttavia, come rilevato nel corso di un sopralluogo condotto dall’etologa Ivana Sandri, tali recinzioni presentavano presenti diversi punti di passaggio e potevano essere facilmente oltrepassate.
Inoltre – osservano Enpa, Leidaa e Oipa – Malga Boldera utilizzava solo un tipo di sistema preventivo, mentre la scienza (lo ribadisce lo stesso Ispra ma anche studi citati nello stesso decreto Fugatti) ha dimostrato che solo l’applicazione combinata di diversi strumenti (cani, ricovero notturno, guardiania) è davvero efficace.
Peraltro, lo stesso Tar di Trento riconosce che le recinzioni di Malga Boldera presentavano falle (sia pure definite “modeste”). Invece non sarebbe dimostrato, come sostiene la Pat, che i lupi avessero imparato a superare la recinzione elettrificata e quindi a renderla inefficace.
Sempre in tema di prevenzione, nella relazione redatta dal Ispra per la Provincia di Trento, si segnala come la stragrande maggioranza delle strutture presenti nell’area della Malga Boldera – 8 su di 12 – non adotti alcun metodo preventivo.
Il decreto di Fugatti presenta anche un altro grande punto debole non rilevato dal Tar
Il provvedimento ammazza-lupi ordina di uccidere animali a casaccio, pescando nel mucchio, senza fare alcuna distinzione. Ciò rende altamente probabile che siano ammazzati non i presunti predatori ma due esemplari qualsiasi, il cui abbattimento potrebbe non influire affatto sulla predazione.
Ciò significa che il “problema” sarebbe inevitabilmente destinato a ripresentarsi. Ecco cosa scrive Ispra al riguardo:
“Poiché l’eventuale prelievo di due esemplari non comporterebbe l’azzeramento del rischio di ulteriori predazioni, e potrebbe quindi essere seguito da ulteriori danni […] è necessario che codesta Amministrazione valuti, anche successivamente alle rimozioni, possibili azioni di miglioramento delle condizioni di protezione anche tramite strategie integrate”.
Proseguire la battaglia legale
«C’è poi una sostanziale contraddizione di fondo. Da un lato si dice che il “prelievo” dei due lupi non ha effetti sulla conservazione della popolazione, dall’altro – concludono Enpa, Leidaa e Oipa – si afferma che le uccisioni sono un’iniziativa sperimentale, utile anche a raccogliere informazioni “circa gli effetti del prelievo sulla popolazione di lupi e sulle dinamiche predatorie”.
Le conseguenze delle uccisioni dunque sono sconosciute e basterebbe questo per fare venire meno i presupposti della deroga».
Nonostante il pronunciamento sfavorevole, le tre associazioni sono comunque determinate a proseguire la battaglia legale. Il decreto monocratico del presidente del Tar non è impugnabile, pertanto Enpa, Leidaa e Oipa dovranno necessariamente aspettare il pronunciamento in sede collegiale, atteso per il 14 settembre prossimo. Solo allora, in caso di ulteriore rigetto, potranno ricorre al Consiglio di Stato.