Reddito di cittadinanza. Sardegna chiama Sardegna: «Governo scarica i poveri con un sms e lascia soli i Comuni. La Regione risponda all’emergenza»
L’1 di agosto 10mila sardi hanno perso il reddito di cittadinanza. Danilo Lampis e Nicoletta Pucci, portavoci di Sardegna chiama Sardegna, dichiarano:
«Il Governo italiano con un messaggio ha scaricato migliaia di famiglie che ora dovranno “attendere l’eventuale presa in carico” dai già gravatissimi servizi sociali locali. Non solo si taglia l’unico strumento che, fino ad ora, ha impedito che le fasce più povere cadessero nella vera e propria inedia, ma si deflette la responsabilità sui Comuni, oggi in forte difficoltà dal punto di vista tecnico, dei tempi e delle risorse necessarie per raggiungere tutti coloro che sono in una situazione di disagio. La nostra solidarietà va alle persone colpite, alle amministrazioni comunali in dissidio con questa decisione unilaterale, e al personale dei servizi sociali. È tempo di mobilitarsi per affrontare la grande questione sociale, sempre più drammatica.
È intollerabile il silenzio del nostro governo regionale di fronte a questa ulteriore sottrazione di risorse, a maggior ragione di fronte all’aumento della povertà relativa, che coinvolge circa 110mila famiglie sarde secondo la Caritas, alla crescita del costo della vita e alla presenza di un tessuto produttivo sempre più debole, che rende ancora più irresponsabile la definizione di “occupabilità” quale discrimine per ricevere o meno un sussidio.
Come risposte immediate chiediamo l’aumento delle risorse da destinare al ReIS e l’implementazione dei cantieri LavoRAS, in modo che la Regione dia una risposta a chi è stato scaricato dal Governo e sostenga i Comuni nell’affrontare l’emergenza sociale. Sul medio e lungo termine sosteniamo una politica multilivellare che combatta la grave mancanza di retribuzione e redistribuzione, causa primaria della povertà insieme al definanziamento strutturale delle risorse educative, relazionali e culturali. Il rafforzamento del tessuto produttivo, un patto per il buon lavoro tra Regione e imprese, uninvestimento senza precedenti sull’istruzione e la formazione professionale, una robusta capillarizzazione dei servizi essenziali, sono oggi più che mai necessari.
Come scriviamo nei nostri 5 punti verso le elezioni regionali, servono politiche che favoriscano la costruzione di autonomie sociali, lavorative e culturali. In questo senso, a seguito di una coraggiosa risposta all’emergenza, crediamo sia urgente aprire una discussione per superare le forme di sostegno esistenti, gravate da un approccio assistenziale, in favore di una forma di reddito minimo universale, inclusivo e attivante, all’altezza del valore creato dallo sforzo produttivo comune, e conforme alle raccomandazioni del Consiglio e del Parlamento dell’Unione Europea»