Devrim Akcadag è un cittadino tedesco di 48 anni di origini curde nato a Berlino nella cui Università lavora come assistente e traduttore.
Sino al 2008 ha lavorato come giornalista per un’agenzia di produzione televisiva belga per la quale ha svolto numerose inchieste.
Arrivato in Sardegna il 31 luglio scorso per trascorrere una vacanza insieme alla figlia di undici anni, è stato fermato ed arrestato il giorno dopo dalla Digos di Sassari in esecuzione di un mandato di arresto internazionale con richiesta di estradizione emesso dalle autorità turche.
Viene accusato di partecipazione ad attività terroristiche. Ma le cose non stanno affatto così.
La vicenda
Devrim arriva a Trinità D’Agultu, località del centro nord della Sardegna, il 31 luglio per trascorrere con la figlia una tranquilla vacanza. Aveva già avuto occasione di visitare l’Italia più volte: Milano, Venezia, Verona, Roma in varie occasioni e in vari periodi.
Il giorno dopo il suo arrivo, 1° agosto, il direttore dell’hotel lo avvisa che è necessario cambiare stanza per alcuni problemi strutturali; così Devrim e la bambina si spostano verso la nuova stanza.
Dalla porta aperta nota tre agenti che solo dopo saprà essere della Digos: gli riferiscono di alcuni problemi da risolvere, deve firmare alcuni fogli e poi potrà tornare in albergo.
Le cose non andranno affatto così: ha inizio una vicenda dai contorni confusi e preoccupanti.
Devrim si reca insieme alla figlia alla stazione di polizia di Sassari e da subito è chiaro che il piccolo problema burocratico è ben altro: per cinque ore resta in attesa di informazioni che non arrivano.
Gli agenti allontanano la bambina: Devrim non sa esattamente dove venga portata.
La bambina, che ha solo undici anni, viene accompagnata in un centro di accoglienza:
le viene detto che il papà arriverà subito ma, sola e spaventata, chiama la mamma che si precipita dalla Germania per venirla a prendere.
Devrim nel frattempo viene trasferito nel carcere di Bancali, vicino a Sassari. L’isola è già stata teatro di simili avvenimenti: nel 2021 con modalità simili è stato arrestato Carles Puigdemont che verrà ugualmente recluso a Bancali.
L’arresto e l’isolamento
Devrim è un cittadino tedesco: autorità tedesche e ambasciata e non vengono avvisate dalle autorità italiane ma dalla sorella di Devrim.
“Mai avrei pensato di finire in carcere” mi confessa.
Viene incarcerato il 1° di agosto, in isolamento, nella sezione dei criminali di mafia. Vi resta sino al 3 di agosto, quando si decide per un cambio nella sezione dei terroristi, la cosiddetta “sezione del terrore”, dove sono reclusi anche membri dell’ISIS.
Devrim rimane in questa sezione solamente una notte e sempre in isolamento. È una notte devastante: urla, lamenti, sbattere continuo di oggetti, di cose e di persone nelle sbarre delle celle per tutta la notte. Un inferno in terra: detenuti al 41 bis, terroristi dell’ISIS, giovani detenuti con gravi problemi psichiatrici e anche innocenti.
Le condizioni nelle quali versa il carcere di Bancali sono disastrose, esposte proprio lo scorso giugno dal Garante dei detenuti Irene Testa.
Gli arresti domiciliari
Verso le 11 del mattino del 4 agosto Devrim viene informato del fatto che gli sono stati concessi gli arresti domiciliari.
“Non è libertà, ma meglio della prigione” afferma Devrim. L’esperienza del carcere, e di quel carcere, resta nella mente.
Antonello Pabis, dell’Associazione ASCE (Associazione Sarda Contro l’Emarginazione), parte immediatamente per Sassari e alle 4 del pomeriggio del giorno stesso arriva a Bancali per accompagnare Devrim nella sede dell’Associazione, a Selargius, dove scontare gli arresti domiciliari.
Devrim resta agli arresti domiciliari nella sede dell’ASCE dal 4 agosto fino al 25 settembre, data nella quale è arrivata la revoca della misura per il venir meno delle esigenze cautelari.
Le accuse mosse dalle autorità turche
Dal 2004 al 2008 Devrim ha lavorato come giornalista per una agenzia di produzione televisiva belga, per la conduzione di interviste che sono state inviate a diverse agenzie televisive (Kurd sat, Al Jazeera, Reuters, BBC per fare qualche esempio).
Nel 2005 l’agenzia ha chiesto a Devrim, così come ad altri suoi colleghi, di recarsi in Iraq per interviste con varie persone impegnate in scenari di guerra. La Turchia nel 2013 accusa Devrim di essere un terrorista per fatti che risalirebbero al 2005.
“L’accusa che la Turchia muove nei miei confronti è quella di essermi recato in Iraq non come giornalista ma come sostenitore della lotta armata. Sono formalmente accusato di partecipazione ad associazione terroristica sulla base delle dichiarazioni di due individui che ho intervistato durante la mia permanenza per conto del servizio televisivo per il quale ho lavorato”.
I due individui, membri effettivi del PKK già monitorati dalle autorità turche, hanno ottenuto sostanziosi sconti di pena proprio grazie alle arbitrarie accuse mosse a Devrim e ad altre persone.
“Il messaggio delle interviste era un messaggio pacifico. Non era presente alcuna propaganda per la lotta armata; avevo semplicemente raccolto i pensieri delle persone presenti che, anzi, si esprimevano contro la guerra e a favore della pace”.
La Turchia non fa cenno ai contenuti di queste interviste. Le prove contro Devrim sono inesistenti.
L’agenzia belga segnala da subito l’assurdità delle accuse mosse dalla Turchia: Devrim è in possesso del pass da giornalista internazionale, ha condotto le interviste ed è tornato in Europa dopo sei settimane di lavoro.
Le richieste della Turchia e le decisioni della Germania
La Turchia presenta alla Germania una prima richiesta di assistenza giudiziaria per l’interrogatorio di Devrim nel 2013, esattamente dieci anni fa. Le autorità giudiziarie tedesche avviano un’indagine penale in Germania a carico di Devrim, indagine che verrà archiviata per mancanza assoluta di prove sulla sua effettiva affiliazione ad un’organizzazione terroristica.
Nel 2014 la Turchia presenta un’ulteriore accusa nei confronti di Devrim per appartenenza al PKK e l’anno dopo, nel 2015, presenta una terza richiesta di assistenza legale alla Germania che si rifiuta di procedere: le accuse sono prescritte e non ci sono prove a sostegno delle accuse.
Le autorità tedesche concedono un periodo di 30 giorni alle autorità turche per l’invio di informazioni utili al caso ma non ricevono alcuna risposta.
Nel 2021 la Turchia inserisce Devrim nella lista dei ricercati internazionali e lo sottopone a red notice dell’Interpol. Il Red Notice è un avviso diffuso dall’Interpol su richiesta di una forza di polizia nazionale che consente di individuare ed arrestare provvisoriamente una persona ricercata da un determinato paese e per metterla a disposizione dell’autorità giudiziaria in attesa di una richiesta di estradizione.
Alcuni stati e tra questi c’è la Turchia, come accertato da numerosi report internazionali, fanno un utilizzo abusivo di questo strumento allo scopo di colpire principalmente giornalisti e dissidenti.
La Procura generale di Berlino, dopo attenta valutazione, rifiuta l’apertura di un’indagine in assenza di prove concrete a supporto delle accuse contro Devrim.
Chi è Devrim Akcadag
Devrim Akcadag è ricercatore e assistente nel dipartimento degli studi di Storia e Culture all’Università di Berlino. Si occupa di iniziative editoriali e cura traduzioni in cooperazione con le istituzioni tedesche.
Sempre in Germania ha svolto un importante ruolo di supporto quando tanti cittadini turchi sono arrivati in massa dalla Turchia in Germania dopo il colpo di stato, poi fallito, del 2016.
Ha aiutato la comunità come traduttore, nella ricerca di avvocati, fornendo sostegno nei centri di immigrazione.
Alcune considerazioni importanti sul PKK
Devrim Akcadag è accusato dalle autorità turche di partecipazione ad associazione terroristica, precisamente al PKK.
Il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, è inserito nelle liste dei terroristi dell’Unione Europea dal 2002 su richiesta avanzata dalla Turchia: siamo ad un anno di distanza dall’11 settembre e il mondo era nel pieno della “lotta al terrore”. Questa lista è aggiornata e riesaminata ogni sei mesi.
La Corte Suprema dell’Unione Europea si è espressa in merito nel 2018 e ha stabilito che il PKK è stato ingiustamente incluso nella lista dei terroristi UE tra il 2014 e il 2017.
Questo perché l’Unione Europea ha omesso di considerare alcuni elementi molto importanti:
in primo luogo i colloqui di pace per il cessate il fuoco in corso tra il 2013 e il 2015 tra il governo turco e il PKK, bruscamente interrotti non dal PKK ma dal governo Erdogan che dal 2015 ha riaperto le ostilità; in secondo luogo non ha tenuto conto del ruolo determinante che il PKK ha avuto nella lotta e nella sconfitta dell’ISIS in tantissimi territori.
Anche la Corte Suprema Belga si è espressa nel 2020 ed ha affermato che il PKK dovrebbe essere rimosso dalla lista dei terroristi dell’UE in quanto deve essere considerato parte legittima in un conflitto interno, specificando che il PKK non conduce attacchi terroristici ma, anzi, fornisce sostegno alle popolazioni attraverso amministrazione e servizi nelle regioni sotto il loro controllo.
Il caso Devrim Akcadag e la tutela dei diritti fondamentali
Nel caso di Devrim Akcadag le autorità giudiziarie tedesche, dopo aver aperto l’indagine a seguito della richiesta di assistenza giudiziaria da parte della Turchia, si sono espresse nel 2013 con sentenza di archiviazione per mancanza di prove.
Questo dovrebbe chiudere la vicenda: il rispetto del principio penale del “ne bis in idem” europeo è teso proprio a proteggere i cittadini da un doppio processo in situazioni nazionali e transnazionali ogni qualvolta si sia formato giudicato penale (sentenza) sullo stesso fatto.
Perché, allora, la sentenza emessa dall’autorità giudiziaria tedesca è stata ignorata?
E perché, soprattutto, non è stata verificata la legittimità del mandato d’arresto nei confronti di Devrim Akcadag prima di procedere?
Le limitazioni dei diritti in Turchia
Il rapporto 2022-2023 di Amnesty International dimostra come in Turchia sono quotidianamente perseguiti in maniera arbitraria difensori dei diritti umani, giornalisti, politici dell’opposizione.
La libertà di manifestazione del pensiero è sempre più sottoposta a controlli e limitazioni.
Questa arbitrarietà è dimostrata, inoltre, da numerose sentenze emesse dalla Corte Edu, invocata da cittadini turchi (per la maggior parte giornalisti), che sanciscono proprio la violazione dell’articolo 10 CEDU che garantisce, appunto, la libera manifestazione del pensiero.
Resta aperta la richiesta di estradizione da parte della Turchia: cosa deciderà l’Italia?
Resta ancora aperta la richiesta di estradizione del cittadino europeo Devrim Akcadag da parte della Turchia.
Devrim rischia 15 anni di carcere in Turchia per aver semplicemente svolto il proprio lavoro di giornalista:
l’ingiusta limitazione della libera manifestazione del pensiero, pilastro fondamentale della Costituzione Italiana, lede gli elementari diritti democratici e configura un reato politico.
La Costituzione Italiana, all’articolo 26, afferma esplicitamente che l’estradizione “Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici”.
L’ultima decisione spetta alle autorità italiane. Il Ministro della Giustizia, alla luce di tutte queste considerazioni, ha facoltà di concedere o meno l’estradizione di Devrim Akcadag.
“La Turchia non ha alcuna informazione su di me”
“Io vorrei solo che l’Italia ascoltasse il suo partner europeo, la Germania, per trovare una soluzione al problema. Questa è l’unica cosa che voglio, che prenda in considerazione come la Germania ha affrontato il problema e cosa hanno detto le autorità tedesche in merito. Perché la Turchia non ha alcuna informazione su di me, ha solamente le dichiarazioni di due individui che hanno dichiarato che sono un terrorista quando li volevo intervistare durante la mia permanenza in Iraq per il servizio televisivo”.
Devrim è un cittadino tedesco, un cittadino europeo, arrestato in Italia sulla scorta di red Notice dell’Interpol in totale assenza di prove.
L’Unione Europea, della quale l’Italia fa parte, garantisce ai propri cittadini la libera manifestazione del pensiero ed il rispetto dei diritti fondamentali.
Elena Elisa Campanella