Forced Entertainment
Forced Entertainment è universalmente considerata una delle più originali e autorevoli realtà della drammaturgia britannica contemporanea, il Festival d’Automne di Parigi solo un paio di anni fa ha dedicato loro una lunga retrospettiva.
Tomorrow’s Parties è uno dei loro lavori di maggior successo e ora, grazie a un gruppo di illuminati coproduttori lo spettacolo arriva finalmente in Italia e in lingua italiana.Per la prima volta nella loro storia, infatti, i Forced Entertainment hanno acconsentito ad una versione non in lingua originale di un loro lavoro.
A curarla Robin Arthur, storico componente del gruppo, insieme a Roberto Castello, coreografo e direttore artistico di ALDES, che ne ha anche curato la traduzione.
Tomorrow’s Parties è un brillante, visionario, commovente sguardo sul futuro.
Un’insolita istantanea delle paure, delle speranze e dei riferimenti culturali della borghesia progressista inglese nel 2011, anno di creazione dello spettacolo.
Da allora non è trascorso molto tempo e molte cose sono ancora le stesse, ma quello che oggi aggiunge particolare interesse al lavoro.
E0 che alcune delle tante ipotesi che lo spettacolo avanza abbiano intanto fatto in tempo a tradursi in realtà.
Lavoro profetico o semplicemente uno sguardo senza paraocchi?
Il debutto in prima nazionale è al Mattatoio di Roma, nell’ambito del Romaeuropa Festival, il 3 novembre (repliche il 4 e 5, poi in tournée).
In una coproduzione tra ALDES e Romaeuropa Festival, CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG, Dracma – Centro Sperimentale d’Arti Sceniche, ATP Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale.
In scena Marco Cavalcoli, Simona Generali, Roberto Rustioni, Caterina Simonelli che a coppie si alterneranno nelle varie date della tournée.
Una donna e un uomo in piedi, immobili, su una piccola pila di pallets, in uno spazio incorniciato solo da un festone di lampadine colorate.
Giocano per circa un’ora ad avanzare ipotesi, dalle più verosimili alle più paradossali, sui probabili scenari che attendono il genere umano.
Evocano visioni, a volte luminose, a volte allucinanti e raramente sono d’accordo.
Il meccanismo, semplicissimo, scatena ben presto un fuoco d’artificio di lucida, disincantata, intima, profonda, e spesso amara, introspezione.
Visioni utopiche e distopiche, panorami fantascientifici, cliché, sogni, incubi politici e fantasie assurde finiscono, a poco a poco, per disegnare un affresco straordinariamente ricco.
E preciso delle speranze e delle paure della nostra attualità, proiettata verso un futuro incerto, in cui forse nulla è cambiato o forse tutto sarà completamente diverso.
«Quando ho incontrato questo lavoro ho pensato che avrei voluto averlo fatto io», spiega Roberto Castello, coreografo quattro volte Premio Ubu.
Personalità di primo piano per impegno e creatività, con collaborazioni con artisti come Peter Greenaway e Eugène Durif.
«Per quanto possa sembrare assurdo, per un attimo ho avuto l’impressione di essere stato derubato di un’idea che non avevo mai avuto.
Mi è sembrato la prova di come anche il teatro colto e di avanguardia possa, senza tradire sé stesso, risultare accessibile a tutti. Avrei voluto presentarlo a SPAM!.
Lo spazio che programmiamo, ma temevo che, per il pubblico italiano, il testo inglese fosse troppo complesso anche utilizzando i sovra titoli.
Di qui l’idea di proporre ai Forced Entertainment di lavorare insieme a una versione italiana.
Il resto sono svariate settimane di intenso lavoro con Robin e gli attori per cercare di realizzare, non una nuova versione, ma esattamente l’originale con la sola differenza della lingua.
Una cosa che si è rivelata molto meno semplice di quanto sembrasse all’inizio.
La struttura di Tomorrow’s Parties è elementare, ciononostante, o forse proprio grazie a questo, il risultato è un poetico e sorprendente viaggio nell’immaginario.
Un lavoro semplicissimo senza altri effetti speciali che l’intelligenza di chi lo ha ideato».
Aggiunge il drammaturgo Robin Arthur.
«Lo spettacolo era stato creato in origine per un festival in Svizzera con il titolo Hope.
Ma non essendo tanto la speranza quanto il futuro in generale il senso del lavoro, cominciammo a improvvisare usando al formula ‘in futuro le persone…’.
Fu così che nacque questa rappresentazione come la conosciamo. Per me la sua forza si trova nella sua abilità di far ridere le persone e di farle riflettere al meglio allo stesso tempo».