Con “La sola ricchezza che conti” tornano in libreria le vicende di Michele Artusio, l’investigatore privato nato dalla penna di Stefano Sciacca
Lo scrittore torinese è di nuovo in libreria con La sola ricchezza che conti in uscita il 20 ottobre (Mimesis edizioni, Narrativa Meledoro).
L’investigatore privato Michele Artusio, già protagonista e “autore” de L’ombra del passato (Mimesis 2020), torna a narrare in prima persona un episodio della propria vita. In questo caso, una vicenda giovanile, La sola ricchezza dei conti, da cui sarebbe dipesa la scelta di indossare la maschera che il lettore ha conosciuto nella precedente apparizione.
Ambientato negli anni ’30 del secolo scorso – tratteggiati attraverso numerosi riferimenti alla società, alla cultura, alla politica e alla moda dell’epoca – il nuovo libro di Sciacca è un vero romanzo di formazione (e deformazione), malinconico, poetico, romantico. A tratti persino cavalleresco.
Il critico e cineasta Federico Pontiggia, nella sua prefazione, sottolinea precisamente che si tratta di «un ritorno al futuro in cui l’hardboiled sdilinquisce nell’esistenzialismo, la detection nella riflessione, il prossimo nel passato. Nel passato, sì, ma con l’inchiostro del presente, con la penna personale senza essere privata di Sciacca, che al genere chiede – e ha – conferma della propria autorialità».
«La sola ricchezza che conti è, tra le altre cose, la storia di un padre che in seguito alla nascita della sua bambina ha deciso di dedicare la propria vita a coltivare la migliore immagine di sé, convinto che si tratti della sola eredità che valga la pena di lasciare alla figlia. Anche io, in quanto autore, mi sono prefissato il medesimo obiettivo. Perciò ho scritto immaginando di rivolgermi a coloro che amo. E, in particolare, a Bianca. La mia primavera» – ha dichiarato Sciacca.
L’individualismo borghese
In queste pagine ritroviamo alcuni punti fermi della sua poetica e in particolare, da una parte, la critica alle ossessioni e alle perversioni dell’individualismo borghese, dall’altra, l’elogio dell’inattualità e della solidarietà. Vengono poi ulteriormente sviluppate antitesi già accennate ne L’ombra del passato, come il confronto tra la complice generosità della natura e gli spietati artifici della città e la contrapposizione tra la cultura, che offre conforto e salvezza, e la moda che, al contrario, seduce, inganna, consuma.
Inaspettatamente nuovi, invece, sono il sorprendente e appassionato inno all’amore – si tratti del legame tra due giovani innamorati o di quello tra un padre e sua figlia – e l’affrancamento da qualunque connotazione patrimoniale e materialista dei concetti di ricchezza e di eredità. Nella convinzione appunto che nessun uomo possa possedere niente di più di se stesso e aspirare a lasciare agli altri null’altro che la migliore immagine di sé.
Il pretesto per tutte queste considerazioni è una solida e avvincente trama investigativa, contraddistinta da imprevisti, disvelamenti e colpi di scena. Senonché la ricerca di una specifica verità storica si confonderà con quella del senso della vita stessa. E, del resto, è appunto la deformazione professionale a indagare ad apparentare l’investigatore con lo scrittore, il quale svolge a propria volta un’indagine interiore.
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