Pop Up Cinema Bologna proietta Mi Fanno Male i Capelli alla presenza della regista Roberta Torre. Il film, distribuito da IWonderPictures, è una riflessione sul Cinema e sulla percezione della realtà e assimila le memorie di fantasia della protagonista Monica/Alba Rohrwacher a specifici frammenti nel vissuto dei personaggi interpretati da Monica Vitti.
Formato atipico e sperimentale nel suo dialogare a più livelli di significato con il cinema di quegli anni e sull’esperienza intima della perdita d’identità. Al ritratto di una coppia minata dalla degenerazione dei ricordi si sovrappongono scene di film iconiche, così il marito Filippo Timi diventa Marcello Mastroianni, complici atmosfere musicali e costumi d’autore a firma Shigeru Umebayashi e Massimo Cantini Parrini.“Roberta è capace di fare comunità con la sua creatività che valorizza altri talenti, ne noto almeno tre; il Maestro Umebayashi, autore di altre musiche clamorose (In The Mood For Love) e il nominato agli Oscar per i costumi Cantini Parrini, fino all’editor Paola Freddi, che ha fatto un montaggio magnifico” – così Andrea Romeo, che ha dialogato con la regista al termine della visione in sala.
Monica Vitti, il Cinema e l’Egemonia dei Fatti Sulla Memoria
La mia fascinazione nei suoi confronti parte dal suo rapporto con la memoria; ha sempre detto di volerla perdere, di preferire l’emozione ai fatti, che invece l’aspettavano sempre in fondo al viale – ed è stata anche profetica.
Negli ultimi due film ho lavorato molto sulla memoria e l’idea che sia più importante come noi ricordiamo i fatti cambia tutta la prospettiva, anche cinematografica. Essere abituati a un cinema di totale realismo e avere sempre una visione molto pedissequa sui fatti può diventare un limite.
Mi ha fatto scaturire una scintilla, ho pensato potesse essere questa la strada per raccontare il lavoro sul cinema e quanto il cinema ci possa salvare.
Prima ho scritto la sceneggiatura, poi ho cercato di incastonare i suoi film dentro la mia storia e ho scoperto che si poteva dialogare con questo repertorio facendo il lavoro che farebbe una sorta di intelligenza artificiale analogica.
Puoi parlare con un personaggio che non c’è più e passarti i cappotti attraverso uno specchio, che è un modo artigianale per entrare in contatto con quel nostro cinema di anni straordinari. Non volevo viverlo in modo passivo, volevo che interagisse e avesse una sua presenza contemporanea e questo gioco me lo ha permesso, mi sono sentita di fare un film con Sordi, Vitti, Rohrwacher, Timi.
Recitare Senza Sponde: la Chimica opposta di Timi e Rohrwacher
Ogni attore ha una sua comfort zone, io volevo lavorare su qualcosa che non fosse rassicurante. Alba ha dovuto superare il terrore di confrontarsi con Monica Vitti.
Abbiamo fatto un percorso di abbandono delle sicurezze attoriali per cercare dentro di lei la delicatezza e la mancanza di sponde – perché questa è una donna che a poco a poco si perde.
Per gli attori, lavorare sulla perdita di sé è paradossale perché generalmente si chiede loro di interpretare un’identità precisa. É stato un percorso affascinante e difficilissimo, di assoluta intimità.
C’era un copione con delle certezze tecniche, ma era come lavorare su due piani diversi – le battute del film e le battute del pensiero – perché a livello di stato d’animo si trattava di perdersi e Alba si è affidata all’irrazionale con coraggio.
Tra lei e Filippo c’è una chimica opposta, nel film dovevano lavorare in controtendenza alle proprie nature e finiti i ciak era divertente il ritorno in sé. Alba ha una natura più sommessa, invece lui è un animale da palcoscenico, ha una fisicità attoriale strabordante e ha il continuo bisogno di muoversi. Io invece l’ho incastrato in un personaggio nel quale controllarsi e stare costantemente immobile.
In una scena in particolare Filippo cercava di disperarsi in maniera plateale e io gli ho detto: “Soffri con dignità!” (ride) allora è rimasto impietrito, poi mi ha detto che quell’indicazione è stata fondamentale per lui.
Polvere di Stelle: il Costume Migliore.
Massimo ha visto tutti i costumi relativi ai suoi film citati, ma ha voluto replicarli senza essere didascalico, preferendo piuttosto evocarli; il vestito de La Notte è un po’ differente, ma i tessuti e i tagli sono quelli dell’epoca, tutto un altro mondo rispetto a oggi.
Alba ha potuto indossare l’abito originale del film Polvere di Stelle, si chiudeva perfettamente bottone dopo bottone ed è stata una cosa molto strana ed emozionante.
Una scena del film
“Polvere Di Stelle”
Flauti Orientali: Interfacciarsi a Nino Rota
Conosco Umebayashi dal film Mare Nero del 2006 e da allora siamo molto amici. Usa strumenti musicali stranissimi che hanno sonorità nuove e non esistono nella musica europea, ma ha sempre desiderato lavorare qui e conosce molto bene il melodramma; per questo film ha rivisto tutti i film italiani dell’epoca e si è nutrito di quelle colonne sonore – un orecchio attento potrà riconoscere qualcosa di Nino Rota. Per lui è stata una sfida complicatissima, mi ha detto, perché doveva relazionarsi con tutto il tessuto sonoro di quegli anni e confrontarsi con le musiche originali che rimangono all’interno del montaggio del mio film.
Frammentarietà Creativa: Fotografica o Mnemonica?
C’è stato un grosso lavoro di post-produzione e color correction sulla fotografia, per le continue intersezioni con altri film. Mi sono detta che non ce l’avremmo fatta, perché ti trovi a confrontarti con fotografie straordinarie e irreplicabili, ma mi ha rassicurato pensarlo come un viaggio dentro la mente di questa donna e quindi anche fotograficamente questa frammentazione, il continuo saltare da un’atmosfera all’altra, rappresenta la sua mancanza di univocità.
A cura di Tiziana Elena Fresi