Icone horror per bambini e scarabocchi d’autore, personaggi solitari e teste parlanti, robot creativi ed effetti speciali vecchio stile: spirali ovunque. L’attesissima masterclass tenuta da Tim Burton a Torino è stata diffusa on demand dal Museo Nazionale del Cinema.
Si è intrattenuto a lungo coi suoi fan sul violet carpet per l’inaugurazione della mostra a lui dedicata, allestita all’interno della Mole Antonelliana e visitabile fino al 7/04/2024. L’intervista, condotta da Piera Detassis e disponibile sul portale InTO Cinema, è introdotta da una scena di Beetlejuice – prima di una selezione di clip omaggio alla filmografia e alle suggestioni dell’artista.*Clip Beetlejuice*
Piera Detassis – Banana Boat è un pezzo ormai leggendario. Raccoglie il senso del suo cinema; la possessione del corpo, la compenetrazione tra fantasia, realtà, after life. Come le è venuto in mente?
Tim Burton – Beh non era nella mia playlist, ma per quella scena ho pensato a una tipica canzone vacanziera.
Di lei si è usato dire horror, dark, gotico, creepy, per me è un grande romantico della modernità. Perchè per me lei è molto romantico.
Grazie per averlo detto (ride) è una proposta o.. (ridono)
Ha fatto infatuare tre generazioni, ma secondo lei che corde tocca nei giovani?
Mi ricordo che di Nightmare Before Christmas dicevano che poteva risultare troppo strano o spaventoso per i bambini, ma io non ho mai fatto cose specificamente per gli adulti o i bambini, le ho fatte come venivano dal cuore.
Così come io da bambino guardavo molti film di mostri e non ne avevo paura – anzi quei film mi aiutavano – pensavo che i miei film non fossero spaventosi per i bambini.
Quanto è stato importante il disegno nella sua adolescenza?
Da ragazzo non parlavo molto. Disegnare era una forma di comunicazione, un modo per tirare fuori idee dal mio subconscio, un processo molto privato che mi aiutava. Ho sempre disegnato, come tutti i bambini, poi crescendo la società ti dice che non sei abbastanza bravo, ma a me piaceva e se vi piace fatelo!
*Clip Vincent*
Lei era quel bambino, voleva essere Vincent Price?
Sono cresciuto con i suoi film, mi sembrava un solitario, tormentato. Fui fortunato perché feci un piccolo libretto illustrato, glie lo inviai e lui – anziché mandarmi a quel paese – mi rispose!
Per questo ho girato quel film, sono stato molto fortunato ad avere il suo supporto, non mi aspettavo assolutamente che mi rispondesse, questa è stata la mia prima esperienza positiva.
Prima di allora ha avuto esperienze negative?
Prima di Disney lavoravo a Red&Toby e non fu una grande esperienza, ma avevo cominciato a prepararmi. Ho comunque avuto la possibilità di disegnare.
Tim Burton è sopravvissuto alla Disney, due volte, ma si è vendicato facendo esplodere un parco giochi molto simile in Dumbo (ride).
Non pensavo di avere questo desiderio di vendetta, ma evidentemente sono così (ridono).
La stop motion è molto lenta e difficile.
Sì, ma è un processo stupendo. Gli Argonauti di Harryhausen mi hanno fatto immediatamente innamorare di questo tipo di animazione, per la capacità artistica e la resa possente.
Ho iniziato a fare esperimenti con Vincent e per Nightmare Before Christmas ho voluto proprio che fosse in stop motion, perché c’era un personaggio molto importante e a quel punto ho potuto farlo.
La sua reazione quando ha visto la battaglia degli scheletri – che poi ritroviamo anche in Jack Skeletron e via dicendo?
L’ho visto in un grande schermo in California e non lo dimenticherò mai.
I più giovani dovrebbero proprio vederlo, non crede?
É strano perché per quanto sia datato, anche guardandolo ora per la prima volta si riconosce che si tratta di un grande artista e questo è importante.
*Clip Batman*
Insomma, lei ha inventato i supereroi. Com’è successo?
Nel 1989 era qualcosa di nuovo e quei supereroi ci sono ancora, è incredibile quello che ha fatto quel film.
Lei ha sempre dichiarato di non essere un grande fan dei fumetti, ma di identificarsi in Batman.
I comics non avevano un impatto visivo nella mia mente. Non sapevo mai cosa leggere e secondo quale ordine, ma mi piaceva l’idea di Batman, perché come il Fantasma dell’Opera è qualcuno che si nasconde dietro una maschera. Questa immagine nei film di mostri mi prende.
Qual è il suo mostro preferito?
Io (ridono). Li adoro tutti, è strano perché ho sempre trovato più interessanti quei personaggi che non si adattano alla società, ciò che era diverso.
All’epoca però non tutti amavano i mostri, c’era chi non li comprendeva del tutto o li trovata difficili, per me invece i mostri sono comuni.
*Clip Ed Wood* (Burton ride per l’interpretazione di Bill Murray intento a commentare recensioni negative).
Quanto si è sentito vicino a Ed Wood nella sua vita?
Mi ci sono sentito vicino. Quando ero ragazzino vedevo le serie sullo spazio in tv e la cosa incredibile è che le avevano girate vicino alla mia città (Burbank, Los Angeles) utilizzandone i luoghi, e per me erano tutti film realisti.
Tra ciò che è bello o meno c’è una sottile differenza.
Pur mettendo la tua passione nel film non è detto che il risultato sia positivo. Non leggo le recensioni perché dovrei leggere anche quelle negative. Pee-Wee ha addirittura vinto il premio come peggior film.
Ma nel tempo è stato rivalutato..
Ed è per questo che ho voluto fare Ed Wood; nel tempo le cose possono cambiare.
Era un premio reale al peggior film?
Era una lista dei 10 film peggiori e per un paio d’anni c’ero anch’io.
E tra i migliori?
Credo mai, ma per me migliore o peggiore non importa, in ogni caso sono stato preso in considerazione.
Lei copre gli specchi..
Sì, non sono Alfred Hitchcock, non mi piace vedermi nei film, quando mi sono incluso in qualche scena poi l’ho tagliata, non mi piace vedermi, neppure nei dietro le quinte.
Ma se facessero un film sulla sua vita, da quale attore vorrebbe vedersi interpretato?
Forse il mio cane. É un’attrice formidabile.
*Clip Sleepy Hollow*
Mi ha sempre colpito per l’uso che fa del non-colore.
Si usava pochissimo digitale, costruivamo set con prospettive alterate e vecchie tecnologie. Era bello per me lavorare in questo modo e vedere dal vivo l’attore che cavalcava senza testa.
Quanto ha sofferto l’arrivo degli effetti digitali?
Ho utilizzato tutto: computer, digitale, 3D. Ogni mezzo ha cose positive e negative ma io preferisco usare set fisici con effetti reali, pupazzi, trucco e in generale le tecniche più antiche. Aiutano gli attori e permette a tutti di focalizzarsi meglio, proprio perché è realistico.
Credo che tutti qui abbiamo una passione divorante per Edward Mani di Forbici. Pensa di aver contribuito col suo cinema a un pensiero moderno sulla diversità?
É esattamente così che mi sentivo da adolescente, perciò questo film è così personale. Io sono cresciuto a Burbank e all’epoca la diversità non era molto di moda. Crescendo ero diverso da quello che normalmente veniva accettato. La gente ti categorizzava, eri separato dagli altri e alla fine diventavi solitario. Quel personaggio è diventato un simbolo. É sempre una favola, ma condita di sentimenti più moderni, è stata un’esperienza estremamente bella e importante per me.
Pensa che adesso la diversità sia più accettata?
É diventata una problematica della quale si parla, in effetti, è riconosciuta. Quando ci si sente diversi e isolati da tutti, non si riesce a comunicare. Forse c’è un eccesso di politicamente corretto adesso, è un momento molto strano, ma in ogni caso c’è una ribellione in questo senso.
*Clip Edward Mani di Forbici* (Burton si commuove con l‘abbraccio tra i due protagonisti).
Persino io. Qual è il personaggio che la commuove di più ancora oggi?
Beh, lui sicuramente, Jack Skeletron, ma continuo a sentirmi vicino anche a personaggi che non ho creato, come Batman. Cerco di capire i personaggi, sia che li abbia creati io o che vengano da un altro medium.
In ciascun film mi devo identificare con qualcuno, è necessario, è questa sensazione che mi fa sentire passione per un progetto e me lo fa dedicare anche agli altri.
Lei ha creato coppie meravigliose, ma come sarebbero stati i suoi film e questi protagonisti se non avesse incontrato Johnny Depp e Winona Ryder?
Non posso rispondere a una domanda simile, magari tu vuoi un attore e altri vogliono qualcun altro. C’è un’alchimia a un certo punto, una congiunzione chimica che succede. Sono sempre grato nei confronti di questi performer, perché sono loro che danno vita al film e in tutta la mia vita ho sempre incontrato persone stupende.
Ha mai dovuto lottare con le produzioni per imporre la sua visione, quando aveva già raggiunto un determinato livello di carriera?
Dopo Batman e un po’ di successo ha cominciato ad essere più semplice, ma non sempre è così. Siamo passati da “Ma chi diavolo sei?” a una pressione differente, vogliono qualcosa che non capisco e stranamente continua ad esserci questa lotta. Volevo fare un terzo Batman con la Warner, ma mi rendevo conto che non volevano lo facessi, cercavano di propormi di fare un altro film come Edward. Non è diventato più facile, ma i film non sono facili da fare, devono darti la spinta, richiedono tempo e passione, se questa continua ad esserci allora ti ci dedichi.
*Clip Nightmare Before Christmas*
Com’è nata la collaborazione con Danny Elfman, cosa vi unisce e come lavorate insieme?
Siamo nati contemporaneamente sotto un certo aspetto della carriera; ha lavorato sul mio primo lungometraggio ed era anche il suo primo lungometraggio. Condividiamo l’amore per un certo tipo di film e comunichiamo come spiriti molto vicini – lui con la musica, io con le mie idee.
Per me le vibrazioni che la musica comunica sono come uno degli attori principali del progetto, è come se Danny Elfman fosse uno dei personaggi dei miei film.
Le sue protagoniste sono state significative. L’invenzione di Cat Woman, che è stato un capovolgimento, una nuova immagine della donna, come pure la Sposa Cadavere, Sally, la Donna Marziana – che è la mia preferita – fino a Mercoledì Addams.
Quando ho visto la sposa di Frankenstein mi sono immediatamente innamorato di quel personaggio femminile, l’ho trovata incredibile. Sono stato molto fortunato a fare cose come Cat Woman.
Non è stato fortunato, ma bravo a inventarli e ha cambiato il nostro modo di vedere la femminilità e le donne.. Ne è convinto o no?
A me sono sempre piaciute le donne strane, forti, diverse. Per me quei personaggi sono sempre stati speciali. Anche Michelle Pfiffer mi ha colpito incredibilmente, la sua performance quando saltava sui tetti con la frusta, l’uccellino vivo nella bocca, essere attaccata da gatti, è stata coraggiosissima e bravissima.
Curioso che Burton parli dei personaggi che ha creato come se li stesse guardando, dall’esterno. Volevo rassicurarla sul fatto che li ha creati lei, è la sua immaginazione (ridono).
Sì ma io ho una pessima memoria.
Ricorda a se stesso che cosa ha fatto (ridono)
*Clip Big Fish*
Questo è un film meno citato, ma quando lo fai la gente esplode. Una scena magnifica col tempo che si ferma. Vorremmo sapere tutto: come l’ha girata, i pop corn, che cos’è il tempo.
é stato un film unico per me. Mio padre era morto da poco, non avrei potuto fare quel film se non mi fossero successe cose.
Era un film molto emotivo per me, stavo pensando alla realtà e alla fantasia, alla vita reale, a come sono le persone, è stato un momento in cui avevo pensieri più profondi. Con questa scena ho detto al tempo di fermarsi un attimo, e il tempo si è fermato.
Film come questi sono basati ancor di più sull’emozione, quindi lo si rende il più vivo possibile; abbiamo usato oggetti veri, non riprodotti in digitale. Era importante per il film fare cose reali.
Il film è una storia di padri. Nei suoi film la famiglia, disfunzionale o meno, è importantissima.
Adoro le famiglie, ma la maggior parte è completamente fottuta. Ma questo è il bello della vita, ci sono gli alti e i bassi. Non ho mai incontrato una famiglia che non fosse disfunzionale.
*Clip Alice in Wonderland*
Lei era predestinato a quel film? É il suo mondo.
É stato un film molto strano da farsi. Non avevamo un piano preciso, è stata una combinazione bizzarra di tecniche diverse; non solo motion capture, ma tecniche diverse, come l’amplificare la testa e gli occhi, l’animazione al computer ma anche con disegni e alcune cose si sono materializzate solo alla fine, quindi io stesso ho visto il film compiuto solo in post-produzione. Non sono stati capaci di fare una preview perché fino alla fine non c’era nulla da mostrare a un pubblico. Magari c’era la colonna sonora ma non le immagini.
Un film al contrario, è stata la cosa più strana che abbia mai fatto.
Anche se è stato molto coinvolgente, non lo rifarei perché è stato caotico, però mi è piaciuta questa strana mescolanza di tecniche diverse.
Sarà stato difficile per lei che è abituato a controllare la sua materia.
Se si vuole il controllo totale si dipinge. Fare film è un caos controllato; troppe persone coinvolte, troppe cose. É così per ogni film, vedi questo caos che alla fine arriva ad essere un film. Sapevo che sarebbe stato un puzzle, non immaginavo così caotico, ma è stato eccitante in ogni caso.
Qual è oggi il suo rapporto con Hollywood?
Beh, sono qua in Italia, quindi (ride). Per vent’anni ho vissuto in Inghilterra. Il rapporto è sempre stato strano e non so, chiedetemelo tra un paio di mesi.
Sta girando il seguito di Beetlejuice o vi siete fermati per lo sciopero?
Spero lo sciopero si concluda presto perché siamo al 98% delle riprese, ho ancora due giorni.
Ci può dare qualche anticipazione?
Forse c’è Beetlejuice nel film (ride). Non posso dire che si tratti di un sequel, perché sono passati 35 anni.
Semplicemente per me si tratta di rivisitare i personaggi. Sono passati anni e per anni ne ho parlato. Dopo 35 anni, quello che mi ha coinvolto è stato esplorare come si sono evoluti questi personaggi, cos’è successo a questa famiglia, alla stupenda adolescente.
Fellini, che penso lei abbia visto e rivisto insieme ad Argento e soprattutto Mario Bava…
A Burbank mostravano sempre i loro film, per questo ho sempre sentito questa connessione col cinema italiano. Era strano che li proiettassero, perché allora non ne sapevano nulla di questo cinema italiano.
Cosa proiettavano?
I miei preferiti erano i corti, Tre passi nel Delirio, il mio preferito era Toby Dammit – Non Scommettere la Testa con il Diavolo.
Fellini annotava i suoi sogni un bloc notes accanto al letto. Lei ne tiene uno per i suoi incubi o scrive un po’ dove capita?
Sono una persona un po’ strampalata e scrivo cose ovunque. Non ho sogni notturni o personaggi che poi ricordo, ma ho visto i disegni di Fellini e capisco il subconscio da cui originano, per questo lui e i suoi film mi hanno sempre ispirato – ma ancor di più i suoi disegni.
Le piace la spirale del Museo del Cinema?
Nel mio lavoro e nella mia mente sono sempre presenti simboli elicoidali e quando ho visto la mostra con questa rampa di scale mi ha immediatamente coinvolto, ne sono felicissimo.
Della sua mostra mi hanno colpito le polaroid giganti. Ha ancora la macchina?
No, ci sono pochissime macchine al mondo, io ho usato quella di un amico ma credo non esista più neanche il supporto per fare le foto, la pellicola non è più prodotta.
*Clip Mercoledì*
Si aspettava questo trionfo?
Adoro quel personaggio, era come se lo avessero scritto per me e mi ci identifico. Fare il casting su Zoom durante il Covid è stato difficile, non ho incontrato nessuno di persona. Ho visto tantissime bravissime attrici, ma lei per me era Mercoledì e bucava!
Cosa ci vuole per bucare Zoom?
Devi essere diretta, forte, non basta solo la rappresentazione di una classica ragazzina arrabbiata, sempre triste e imbronciata. Non si può chiedere all’attore di recitare quella tipologia di personaggio, devi averlo dentro.
Ci sarà una seconda stagione?
É in programma, dobbiamo ricominciare a sviluppare la sceneggiatura e così via.
Sappiamo che ci sarà Mercoledì con Ortega, ma io spero che ci sia anche tanta Morticia con Catherine Zeta-Jones.
Tutti avranno ancora più spazio, esploreremo queste dinamiche di famiglia.
Era inevitabile che lei raccontasse una famiglia così, credo fosse proprio nel suo DNA (ride).
Sì, tutte le famiglie strampalate vengono da me.
Evidentemente lei è bravo a trattarle, deve essere un porto e un rifugio.
(Burton risponde con una smorfia di scetticismo).
*Clip Edward Mani di Forbici*
Racconta il mondo degli automi, dei robot, dei giocattoli, ma anche della vita che entra negli automi. Chiudiamo questo incontro con questo cuore di biscotto che Price mette addosso al macchinario che li produce e penso tutti vorremmo donare questo cuore a lei, che però non è un robot.
Non è vero. Volevo annunciare che invece lo sono e che non ho bisogno dell’Intelligenza Artificiale.
Sono io l’Intelligenza Artificiale.
A cura di Tiziana Elena Fresi.
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