L’attivista iraniana e vincitrice del Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi ha iniziato il 6 novembre scorso uno sciopero della fame. Dal carcere di Evin a Teheran dove è detenuta l’attivista continua la sua battaglia per la difesa dei diritti umani.
Chi è Narges Mohammadi
Narges Mohammadi è un’attivista iraniana di 51 anni e vice presidente del Centro dei Difensori dei Diritti Umani; una donna da sempre impegnata nella difesa dei diritti umani nel suo paese. L’8 ottobre scorso ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace e il Comitato afferma che:
“la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Il regime iraniano l’ha arrestata 13 volte, condannata cinque volte e condannata a un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate”.
Critica verso il governo e le istituzioni iraniane si è sempre battuta, con costi personali altissimi, per l’abolizione della pena di morte e contro l’obbligo imposto alle donne di indossare il velo. Condanna fermamente le reazioni violente delle autorità a seguito delle proteste del 2019 e denuncia le violenze al quale i manifestanti sono sottoposti.
Mohammadi è perseguitata dalla fine dagli anni ‘90 ad oggi solamente per il suo lavoro in difesa dei diritti. È stata imprigionata e torturata più volte con il preciso intento di silenziare la sua voce.
Sciopero della fame
Narges Mohammadi continua lo sciopero della fame iniziato da quasi un mese.
Circa tre settimane fa le autorità iraniane si sono opposte al trasferimento della donna in ospedale a causa del suo rifiuto di indossare il velo (obbligatorio nei luoghi pubblici). Narges Mohammadi soffre di problemi cardiaci e polmonari e questo ignobile trattamento le è stato riservato anche altre volte attraverso, ad esempio, il diniego di cure mediche essenziali.
Secondo quanto riporta Amnesty International il 3 febbraio del 2022 Narges Mohammadi ha avuto un attacco di cuore ma le viene negata assistenza medica. Solamente il 16 febbraio, tredici giorni dopo l’attacco di cuore, viene trasferita in ospedale e sottoposta ad un intervento chirurgico d’urgenza.
Al suo rientro in prigione, però, i farmaci specifici prescritti dal medico sono stati trattenuti; l’intento delle istituzioni è chiaro. L’attivista è ingiustamente condannata ad un totale di 31 anni di carcere, 154 frustate e altre sanzioni disumane. Le viene impedito, inoltre, di vedere i suoi due figli.
Costante clima intimidatorio ed escludente nei confronti delle donne iraniane
Il caso di Mahsa Amini, uccisa l’anno scorso dalla polizia morale iraniana per non aver indossato correttamente il velo, ha riacceso l’attenzione internazionale sul mancato rispetto dei diritti umani, in particolare quelli delle donne, in Iran. Anche la sedicenne Armita Geravand è morta dopo un mese di coma: è stata picchiata in metropolitana dalla polizia morale perché non indossava il velo. Come nel caso di Mahsa Amini le autorità negano i fatti ma i video nella metro e le parole dei testimoni smentiscono queste affermazioni.
Le donne iraniane sono, purtroppo, da sempre il perfetto bersaglio dell’autoritarismo governativo: con il presidente Rouhani, che ha governato il paese dal 2013 fino ad agosto 2021, 106 donne nel paese sono state impiccate.
Il governo iraniano, dopo anni di persecuzioni e torture, non è riuscito e non riuscirà a silenziare la potente voce di Narges Mohammadi e delle donne iraniane.
“Donna, Vita, Libertà”, la ricerca della libertà di scegliere.
Elena Elisa Campanella
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