Lettera pubblica delle associazioni 100autori, Doc/it, Wgi, Anac, Air3 – Associazione Italiana Registi
Gentilissimi e gentilissime,con questa lettera, che intendiamo rendere pubblica, vogliamo
richiamare l’attenzione su un paradosso che a nostro giudizio merita
una riflessione e un confronto tra tutti coloro che hanno a cuore il
cinema e l’audiovisivo del nostro paese.
Negli ultimi anni i documentari italiani hanno vinto prime serate in
tv, ottenuto successi nelle sale cinematografiche e sulle piattaforme,
grandi riconoscimenti nei festival nazionali e internazionali. A
fronte di questi innegabili successi, permane un atteggiamento di poca
considerazione nei confronti del documentario da parte di importanti
soggetti istituzionali italiani. Non ci riferiamo solo alla ridotta
entità dei finanziamenti selettivi del Mic riservati al documentario,
ma anche al taglio degli investimenti sul documentario che ha subito
Rai Cinema e alla drastica diminuzione delle produzioni interne
dell’ex Istituto Luce, che pure hanno contribuito enormemente alla
valorizzazione di un archivio unico al mondo, alla vigilia del
centenario che lo classifica tra le istituzioni dell’audiovisivo più
antiche d’Europa.
Il costo medio dei documentari italiani si aggira tra il 25% e il 50%
del costo medio dei documentari europei. Basti pensare che il totale
delle risorse annuali disponibili per il documentario tra Luce e Rai
Cinema non arriva a 3 milioni di euro: una cifra che in altri paesi
europei basterebbe a finanziare 5-6 documentari in tutto.
L’esiguità dei budget ha molte conseguenze: artistiche, professionali,
umane. Avvilisce le possibilità di ricerca e di scrittura, spesso fasi
a budget “zero”, eppure essenziali, perché lì si costruiscono
originalità e profondità di personaggi e ambientazioni. Comprime i
tempi di realizzazione e del montaggio, cruciali per un genere come il
documentario, dove è proprio lo “scontro” con l’imprevedibilità del
reale a donare quell’autenticità e quell’originalità che ne hanno
assicurato il crescente successo in questi ultimi anni, nonostante
budget 10-20 volte inferiori rispetto alla media dei lungometraggi di
finzione. Si dirà allora: ma se vantate i successi raggiunti dal
documentario italiano, in fondo queste difficoltà non devono essere
così gravi.
È qui che bisogna considerare invece le conseguenze di questo stato di
cose su chi questo lavoro cerca di farlo al meglio, con passione. È un
lavoro duro il nostro, lontano dai riflettori. I tempi di ricerca,
scrittura, ripresa e montaggio di un documentario sono in genere molto
più lunghi rispetto a un film di finzione: questo significa compensi
bassi, per di più diluiti su periodi molto lunghi. Significa registi
costretti a fare salti mortali per completare il proprio film.
Significa molti sacrifici, molti lavori collaterali, quando non
meramente alimentari, che distolgono dal proprio lavoro, e ovviamente
rendono impossibile maturare una pensione. Visto che in questi ultimi
tempi si è parlato di compensi eccessivi per i registi, è bene sapere
che alcuni dei migliori documentaristi italiani hanno abbandonato il
genere per la fatica e la frustrazione delle condizioni appena
descritte.
La nostra non vuole essere una vuota polemica, ma un contributo a un
confronto che ci sembra importante per la qualità della cultura
italiana e per il ruolo essenziale che la conoscenza e il racconto del
reale giocano in una democrazia evoluta. Di fronte a un mondo in cui
la verità della rappresentazione è costantemente minacciata e
travisata (pensiamo solo all’impatto sull’opinione pubblica delle fake
news, dei deep fake e di altri interventi sempre più intrusivi
prodotti dall’intelligenza artificiale) il documentario creativo
propone un’indagine basata sul dialogo, sul confronto,
sull’approfondimento, individua personaggi e testimonianze autorevoli,
costruisce un racconto empatico e complesso del reale.
Tutto questo lavoro si fonda su un impegno professionale e etico che
ha un costo altissimo a livello umano, ma che è garanzia di una
narrazione che tenta il più possibile di essere uno sguardo onesto sul
reale: noi crediamo che ogni persona di buon senso conosca oggi
l’immenso valore che questo semplice atto di testimonianza ha per la
nostra democrazia.
I soci delle associazioni di categoria firmatarie di questa lettera
chiedono un confronto urgente su questi temi, che non può limitarsi –
com’è evidente – al problema dei budget, ma riguarda anche le linee
editoriali e, più in generale, la strategia con cui impostare
l’intervento pubblico a sostegno del documentario italiano per i
prossimi anni.
Siamo convinti che l’attuale crisi di sistema potrebbe diventare
l’opportunità per disegnare una nuova strategia per la produzione
nazionale di documentari di alta qualità che sia fondata, oltre che
sul sostegno del MiC, sulla collaborazione degli altri due principali
soggetti pubblici chiamati a questa missione culturale e industriale:
Cinecittà e Rai.
Immaginiamo che la produzione documentaristica di Cinecittà (ex
Istituto Luce) possa riorganizzarsi per offrire un panorama
diversificato per generi, approcci, tipi di pubblico: continuando a
puntare come in passato sulla valorizzazione dei suoi straordinari
materiali d’archivio ma proponendo anche nuovi format per la
serialità; capace di valorizzare il racconto del reale, di
divulgazione o d’autore, così come di promuovere progetti
sperimentali, contaminazioni di linguaggi ed esordi coraggiosi. Ma
immaginiamo anche che questa produzione possa essere fin dall’inizio
progettata insieme alla nostra televisione pubblica attraverso Rai
Cinema e Rai Documentari e destinata, per esempio, oltre che ai canali
generalisti, alla diffusione sui canali tematici e sulla piattaforma
RaiPlay.
Un obiettivo che consideriamo come il primo necessario tassello di una
strategia che punti alla valorizzazione di un genere cinematografico
che – non ci stancheremo mai di ricordarlo – rappresenta un’eccellenza
culturale riconosciuta nel mondo e che avrebbe bisogno solo di una
visione a lungo termine e di un sistema stabile e virtuoso di
finanziamento, sia per rafforzarsi internamente che per conquistare i
mercati internazionali.
100autori, Doc/it, Wgi, Anac, Air3 – Associazione Italiana Registi