Il monumentale organo a 500 canne della Basilica di Santa Maria dei Servi di Bologna ha risuonato al rintocco della mezzanotte di Ognissanti a chiusura di John Zorn @70; festival musicale che ha celebrato l’artista newyorkese e il suo mezzo secolo di attività sulla scena sperimentale mondiale.
Un festival voluto da AngelicA – Centro di Ricerca Musicale, in coproduzione con l’Altro Suono e Festival Aperto e curato personalmente da Zorn nei ruoli di compositore, arrangiatore, direttore e sassofonista, per due giornate di concerti tra Modena, Reggio Emilia e Bologna, con una selezione variegata che evidenzia il superamento delle distinzioni tra generi musicali tipica dei suoi corpus. Con 250 album pubblicati tra hardcore punk, lounge, ambient, industrial e persino canzoni natalizie, John Zorn è infatti uno degli artisti più prolifici ed eclettici degli ultimi 50 anni.Ad affiancarlo in questo excursus dal jazz al metal al minimalismo fino all’improvvisazione, alcuni suoi collaboratori storici e grandi nomi della musica contemporanea, quali il soprano e direttrice d’orchestra Barbara Hannigan.
É dall’esibizione alla Christ Church di Filadelfia del 2011 che Zorn presenta rari recital per organo in chiese europee e d’oltreoceano, qui l’imponente organo Tamburini, con le sue 5000 canne e i 60 registri ha dominato l’intera esibizione, per la quale erano previste connotazioni al sax tenore, “Ma Zorn è così” – commenta qualcuno circa la sua autorevole – e imprevedibile – libertà espressiva.
“Una cosa è improvvisare con un sassofono, e quando lo faccio cerco di ottenere un gran numero di suoni, forme e tessiture diverse – ma con un organo è davvero come suonare tutta un’orchestra ed è la ragione per cui lo amo” – aveva dichiarato il compositore, mentre Walter Rovere (programmer & curator di Angelica) commenta: “Queste sue improvvisazioni allo strumento, intitolate The Hermetic Organ – Office No. 29, sono concepite come esperienze estatiche e trascendenti che – attingendo da ispirazioni diverse come Messiaen, Xenakis, Ligeti, Bach, Tournemire, Ives, Korla Pandit e accumulando enormi blocchi di suono, accordi, cluster, contrappunti, droni, ostinati, melodie liriche e altro ancora – offrono uno sbocco perfetto al drammatico senso del colore e del contrasto tipici della sua immaginazione compositiva” .
Per l’artista, che ha firmato anche colonne sonore per il cinema e fin dalla prima infanzia nell’East Village coltivava la passione per i film horror, la visione de The Phantom of the Opera con la performance intensa e commovente di Lon Chaney è stata l’innesco della fascinazione per questo strumento complesso. Ascoltare quella musica folle, quando aveva 9 o 10 anni, è uno dei motivi che lo ha portato a essere un musicista.
“L’organo è stato la mia porta d’ingresso nel mondo della musica. Per anni divorai registrazioni e sognai di essere io un giorno a tenere concerti. Anche se i miei genitori si rifiutavano di comprarmi un organo, ce n’era sempre uno nelle vicinanze: diversi amici a casa ne avevano di elettrici e avevo disegnato una tastiera sul retro dei miei quaderni di scuola, su cui mi esercitavo durante le lezioni noiose o sulla metropolitana mentre andavo a scuola.
A un certo punto iniziai a fermarmi alla chiesa Luterana vicino casa dei miei nel Queens dopo le funzioni, dove un organista di scarsa immaginazione (da me ribattezzato Mr. Scarsa Potenza) mi lasciava improvvisare quando non c’era nessuno” – descrive così la sua ricerca musicale iniziata in tenera età.
Una scelta ricercata ed efficace programmare la performance sperimentale The Hermetic Organ nottetempo, custoditi da un pregevole contesto sacro, a pochi passi dalle Due Torri simbolo della città emiliana. Proprio quando il velo tra materia ed evanescenza ultraterrena si assottiglia, fondendole, contaminando la percezione, l’impatto della location prescelta è notevole.
Nessun palco, ma un altare e accanto ad esso l’esibizione che non si scorge dalle sedute della navata centrale, nutrita di spettatori più o meno consci dell’esperienza che si prospetta. Questi, immersi nelle liquide sinergie ibridate dal compositore, sono così indotti a divagare il pensiero innalzandolo ora fin sulle volte a sesto acutissimo, ora catturati dalle minute oscillazioni di luce rifratte su magnifiche madonne affrescate nei modi fermi e gentili, con sguardo carico di intenzioni, si sintonizzano sulle vibrazioni di fiamma affidando ad altrui candele votive forse speranze o forse turbamenti, quando le note di Zorn si fanno mosse da animo più inquieto, quasi eretico.
“A metà degli anni ’60 c’era qualcosa di psichedelico in tutto questo, un suono che non apparteneva a questo mondo ed evocava scenari di fantasia ed immaginazione, di magia e misticismo. L’incredibile suono dell’organo è strabiliante: con la sua varietà di orchestrazione, i colori del suono, e l’enorme varietà dinamica. É di una potenza immensa: suonando un’unica nota, se selezioni i registri giusti, puoi far tremare le pareti della chiesa. Che esperienza doveva essere per i fedeli del XVII secolo ascoltare quei suoni.
L’equivalente sonoro di una cattedrale gotica!“.
Le due sostanze si fondono, in questa serata carica di simboli e loro più intime accezioni.
A cura di Tiziana Elena Fresi.