Teatro Biblioteca Quarticciolo: il 25/11 “di ridere di piangere di paura” è l’ironico viaggio in versi e musica scritto e interpretato da Gioia Salvatori
Di Ridere Di Piangere Di Paura è il lavoro scritto e interpretato da Gioia Salvatori, con la regia curata insieme a Gabriele Paolocà, in scena sabato 25 novembre al Teatro Biblioteca Quarticciolo.
Uno spettacolo a metà tra la prosa e la poesia in musica, quella discreta e necessaria del jazzista Simone Alessandrini, con lei sul palco. La protagonista affida ai versi le domande fondamentali dello stare al mondo, oggi, in questo presente pieno di distrazioni, di egotismi, di vizi di forma. Lo spettacolo procede come già indicato dal titolo del testo: si ride, si piange, si ha paura tra lagnazioni, scrosci dei sentimenti e tutta la scalata dei nostri disagi primi e ultimi, sospiri e altri grossi inconvenienti dello stare al mondo.
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NOTE DI REGIA
Una serata di poesia in una forma tutta storta come la vita, il tentativo di percorrere attraverso i versi e la musica gli impacci che ci attraversano provando a saltarci in mezzo come si può. Lagnazioni, scrosci dei sentimenti e tutta la scalata dei nostri disagi primi e ultimi, sospiri e altri grossi inconvenienti dello stare al mondo. E ogni tanto poi, anche un po’ ridere. In scena attrice e musicista, perché anche in due si fa un po’ il mondo.
Lo spettacolo nasce con l’ intento di essere anche una sfida, quella di sottoporre al pubblico un testo in versi che possa raccontare attraverso la frammentarietà poetica, a suo modo, una “storia”, di superare il classico “reading” di poesie e trasformarlo in un concerto per parole e azioni. La protagonista affida ai versi le domande fondamentali dello stare al mondo, oggi, in questo presente pieno di distrazioni, di egotismi, di vizi di forma. Si chiede: chi sono io? Che ci faccio qui? Che ci devo fare con me stessa?Ma sono domande che riguardano ognuno di noi e la risposta si trova e si perde, si compone si sfalda, proprio come le rime, come i giochi di parole e come la relazione che cerca di costruire con “l’altro” in scena, un musicista che mentre lei canta le parole, suona diversi strumenti: sassofono, flauto traverso, flauto dolce, guitalele e musica elettronica. È uno spettacolo per tutti, e nel frattempo, per due che cercano di parlarsi e ci riescono come possono, perché ognuno ha il suo linguaggio e perché capirsi è complicato. In questo tentativo di lei di spingersi fuori da sé, poi in fondo avviene un incontro, che è quello che riusciamo a fare quando ci accorgiamo di non essere soli, quando ci accorgiamo che oltre il nostro di mondo c’è un mondo più ampio, popolato da altri e seppur pauroso, pieno di sorprese.