Domenica 12 novembre alle 19.30, al TsE di Is Mirrionis a Cagliari, “Don Pasquale” per un nuovo appuntamento con la rassegna “Vieni all’Opera al Teatro TsE!”,
Una maliziosa beffa, con la celebrazione di un finto matrimonio, per favorire l’amore tra due giovani è il fulcro di “Don Pasquale”, celebre opera buffa in tre atti con musiche di Gaetano Donizetti, che firma anche, insieme con lo scrittore Giovanni Ruffini, il libretto (ispirato a “Ser Marcantonio” di Angelo Anelli) in cartellone, in forma di concerto, domenica 12 novembre alle 19.30 al TsE di via Quintino Sella, nel cuore di Is Mirrionis a Cagliari per un nuovo appuntamento con la rassegna “Vieni all’Opera al Teatro TsE” organizzata dal Teatro del Segno in collaborazione con l’Orchestra da Camera “Johann Nepomuk Wendt”, nell’ambito del progetto pluriennale Teatro Senza Quartiere / per un quartiere senza teatro 2017-2026. Il protagonista è un uomo abbiente che ambisce per il nipote Ernesto, erede del suo ricco patrimonio, un’ulteriore ascesa sociale attraverso le nozze con una ricca e aristocratica zitella ma costui, innamorato della bella Norina, una giovane vedova con pochi mezzi, declina l’offerta, suscitando il disappunto dello zio, il quale pensa bene di sposarsi a propria volta, sia pure in tarda età, modificando il testamento. Il vecchio domanda consiglio ad un amico, il Dottor Malatesta e costui gli suggerisce di prendere in moglie Sofronia, una casta fanciulla, dietro cui si cela proprio Norina, che incanta e ammalia l’anziano pretendente con la sua avvenenza e la sua grazia, salvo poi rivelarsi un’infida serpe in seno, una donna capricciosa, algida e autoritaria, nonché spregiudicata, tanto da condurre il marito alla disperazione e fin sull’orlo della follia. Vittima dell’inganno, Don Pasquale non ha da rammaricarsi se non con se stesso per la propria ingenuità, quando l’atteso idillio si trasforma in un inferno e quindi accetta con sollievo l’idea che si sia trattato di uno scherzo e benedice l’unione tra Ernesto e Norina, ben felice di sottrarsi alle grinfie dell’arpia e riacquistare la tranquillità e la libertà.
Sotto i riflettori il basso-baritono Roberto Dettori nel ruolo di Don Pasquale e il baritono Manuel Cossu, dallo spiccato talento istrionico, nei panni del Dottor Malatesta insieme con il soprano Chiara Loi nella parte di Norina e il tenore Carlo Cocco in quella di Ernesto, sulle note dell’Orchestra da Camera “Johann Nepomuk Wendt”, sotto la guida del maestro concertatore e direttore Raimondo Mameli, per una raffinata antologia di arie e duetti, accanto a suggestive pagine strumentali: un’occasione per riscoprire uno dei capolavori del maestro bergamasco, e lasciarsi conquistare dal fascino immortale dell’opera lirica, che continua a suscitare emozioni e sedurre le platee alle soglie del Terzo Millennio. Nel “Don Pasquale” di Donizetti riaffiorano temi classici della commedia, dal dramma di due giovani innamorati separati dalle circostanze avverse all’imprudenza di un vecchio, ammaliato dalla beltà muliebre e inconsapevole del ridicolo, laddove a tutti sia chiaro ed evidente che una fanciulla potrebbe acconsentire a sposarlo solo per interesse, non verso di lui ma verso il suo denaro. La questione dell’eredità, grazie alla quale Ernesto potrebbe convolare a nozze con l’amata Norina, ma che Don Pasquale rivendica invece per sé, per godersi una tardiva quanto illusoria felicità, dà alla vicenda un tono pratico e concreto: ché la passione romantica, seppure infuocata o tempestosa, non sopravvive nello squallore e nella miseria e un giovane di nobile animo non oserebbe chiedere la mano di una donna se non fosse in grado di provvedere più che dignitosamente alle necessità della futura famiglia.
Sul palco del TsE risuoneranno le incantevoli melodie del “Don Pasquale”, dal dialogo tra il protagonista e il dottor Malatesta, “Son nov’ore… Bella siccome un angelo… Un foco insolito” in cui si trama il matrimonio tra il vecchio e la sedicente Sofronia, che trasporta il pubblico in medias res, con l’ansia e l’aspettativa del “fidanzato” agé in attesa di conoscere la sua promessa sposa, al duetto tra Ernesto e lo zio, “Prender moglie?”, alla cavatina che segna l’ingresso di Norina, “Quel guardo il cavaliere… So anch’io la virtù magica”, disposta a prestarsi al gioco in nome dell’amore per Ernesto, come svela nel recitativo e poi nel duetto con Malatesta, “Pronta sono!”. Nel secondo atto un malinconico Ernesto si accinge a intraprendere un viaggio, per sopportare l’amarezza per l’imminente rovina, insieme con la fine dei suoi sogni, con l’aria “Povero Ernesto!… Cercherò lontana terra”, cui fa pendant la burla recitata da Norina, qual timidissima Sofronia, che è invece un sottile e riuscito tentativo di seduzione del vecchio, concertato con Malatesta, “Via, da brava”, culminante nel matrimonio, che all’arrivo di Ernesto, ignaro dell’intrigo, sfocia nell’impegnativo quintetto “Fra una parte etcetera… È rimasto là, impietrato… Son tradito”. Nel terzo atto Sofronia/Norina svela tutte le pecche del “suo” carattere mettendo a soqquadro la casa di Don Pasquale, che cerca invano di opporsi nel duetto “Signorina, in tanta fretta” e ancora, dopo un confronto tra costui e Malatesta, “Cheti cheti immantinente” e l’interludio sentimentale tra Ernesto e Norina, con la Serenata e l’appassionato Notturno, “Com’è gentil… Tornami a dir che m’ami”, il finale in cui si svela “La moral in tutto questo” in cui si traggono le somme dell’accaduto e Don Pasquale concede di buon grado il suo perdono al nipote e alla fanciulla che con le sue arti l’ha stordito e turbato per poi farlo rinsavire, svelandogli la verità.