“Bachisio Spanu: L’epopea di un contadino sardo alla guerra” mercoledì 6 dicembre h 20.30 al Bocheteatro di Nuoro
Viaggio nella Storia del Novecento con “Bachisio Spanu / L’epopea di un contadino sardo alla guerra”, libero adattamento di Marco Parodi, che firma anche la regia, da “Un anno sull’Altipiano” di Emilio Lussu, con inserti tratti da “Roccu ‘u stortu” di Francesco Suriano tradotti in campidanese da Rossana Copez: una pièce emozionante e coinvolgente, nell’interpretazione di Giovanni Carroni, per una riflessione sulla ferocia dei conflitti, in cartellone mercoledì 6 dicembre alle 20.30 al Teatro Bocheteatro di Nuoro sotto le insegne della Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni, con il patrocinio e il sostegno del Comune di Nuoro, della Regione Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura e con il contributo della Fondazione di Sardegna.“Bachisio Spanu / L’epopea di un contadino sardo alla guerra”
Una sorta di “diario” dal fronte, con l’appassionata narrazione in prima persona della tragedia della Grande Guerra attraverso le parole di un soldato, costretto a indossare la divisa e impugnare le armi contro un nemico sconosciuto: un uomo semplice, abituato alla fatica e temprato dal lavoro nei campi tra i rigori del clima, arruolato come tanti altri contadini e pastori e divenuto così testimone e strumento del massacro in uno dei conflitti più sanguinosi, che ha visto il sacrificio volontario e involontario di tanti giovani, ispirati da alti ideali come la difesa della nazione e della patria.
Sulle tracce del celebre libro di memorie dell’uomo politico e scrittore di Armungia, fondatore del Partito Sardo d’Azione, poi nel movimento Giustizia e Libertà, valoroso ufficiale della Brigata Sassari, che ricostruisce gli eventi drammatici del conflitto, Marco Parodi inventa la figura emblematica di uno dei militi della “generazione perduta”, mescolando ai testi di Emilio Lussu il “flusso di coscienza” del personaggio di Francesco Suriano.
I ricordi frammentari di “Roccu ‘u stortu”, con le terribili immagini di morte e distruzione, si sovrappongono e si fondono a quelli di Bachisio Spanu, moderno (anti)eroe nelle file di un esercito, in gran parte, ormai, di fantasmi: nel bilancio della prima guerra mondiale si contano quasi dieci milioni di caduti e oltre il doppio di mutilati e feriti, oltre ai reduci traumatizzati e a poco meno di un milione di vittime tra i civili – a causa di veri e propri crimini, rappresaglie e persecuzioni, “effetti collaterali” della sfrenatezza e del caos.
La gloria della battaglia lascia il posto alla fame, al freddo e alla paura, insieme con la visione di un’orrenda carneficina e con la consapevolezza della propria imminente fine
Nell'”epopea” novecentesca non ci sono mitici guerrieri e semidei ma soltanto uomini chiamati ad immolarsi per una remota e forse nobile causa fin dalle province più remote e dimenticate e travolti nel corso inesorabile degli eventi per obbedire alla volontà di re e imperatori.
Bachisio Spanu è «un fante della Brigata Sassari, un contadino della Sardegna che è al tempo stesso uno storico che espone, con i suoi poveri mezzi, in una lingua semplice, la terribile cronaca della Grande Guerra» – come sottolinea Marco Parodi nelle note di regia – «riprendendo i temi affrontati da Emilio Lussu in “Un anno sull’Altipiano”, compresi quelli della inutile decimazione della Brigata, un sacrificio che ancora oggi chiede delle risposte».
Un soldato arrivato sulla linea del fronte quasi per caso, o per destino, insieme ad altre centinaia di migliaia di ragazzi, poco più che adolescenti, delle classi subalterne, obbligati alla leva e strappati agli ovili e alle stalle come a monti e campagne per essere trasformati, anche a causa dell’imperizia dei comandanti, in “carne da cannone”. Un giovane non istruito, date le sue origini e soprattutto la bassa scolarizzazione del Belpaese, con poca dimestichezza con la letteratura e la filosofia, come neppure adeguatamente addestrato, vestito e armato, che prende coscienza del proprio stato e delle ingiustizie della società, ma anche, nel riconoscere gli accenti di una lingua materna, della propria identità e appartenenza, tra tante genti italiche, alla nazione sarda.
La pièce
Nella pièce compaiono, quasi riaffioranti da un inconscio collettivo, come pensieri laceranti, echi delle insanabili ferite dell’anima, gli inserti da “Roccu ‘u stortu” (opera segnalata da Franco Quadri al Premio Riccione) «frutto di una memoria ingolfata da immagini terrificanti», innestati sul racconto di Emilio Lussu che descrive, lontano da ogni retorica, con rigore quasi giornalistico e profonda comprensione umana «lo sgomento che coglieva i soldati nell’attesa dell’assalto, in momenti resi tragici dall’incertezza della morte inevitabile, dall’atroce scoperta di aver conquistato trincee di cadaveri, allineati ai loro posti, uno a fianco all’altro».
Una visione macabra simbolo dell’assurdità e dell’inutilità della guerra, in cui si riconosce la rozza e primordiale brutalità dell’uso della forza per far valere le proprie ragioni, inficiandone ipso facto la validità a fronte dei cumuli di macerie e delle migliaia di vite spezzate: un prezzo decisamente troppo alto per ridisegnare labili confini e imporre nuovi equilibri, attraverso fragili accordi sanciti dai trattati, per soddisfare l’ambizione e la sete di potere dei governanti, impegnati in una sorta di enorme partita a scacchi.
Dichiarazioni
«Pro defender sa patria italiana distrutta s’est sa Sardigna intrea»: – l’inno della Brigata Sassari riecheggia nel fango delle trincee, ma a dispetto dell’affermazione del generale Cadorna, per cui «sull`Altipiano di Asiago si salva l’Italia e l’Onore dell’Esercito», i suoi ufficiali «guardano con occhi fermi la realtà», come scrive Camillo Bellieni, e si rendono perfettamente conto dell’inefficacia di operazioni prive di ogni fondamento strategico. «Per Cadorna, all’infuori della vittoria, l’unico riposo è la morte» – spiega Marco Parodi –.
«Ma il soldato Bachisio Spanu, nonostante sia semianalfabeta, riesce benissimo a comprendere che “i colonnelli e i generali non capiscono niente, ma proprio niente, tanto da sembrare che siano là per errore”; e che certe azioni appaiono senza senso logico né militare, studiate apposta per far massacrare i soldati. Nella Brigata Sassari, distrutta letteralmente una decina di volte, diventata nel secondo anno di guerra a reclutamento regionale, sono passati decine di migliaia di sardi.
Dal reclutamento non si salvò nessuno in Sardegna. E tutti gli ufficiali della Brigata Sassari attendono con lucida consapevolezza che arrivi “il tempo dell’assurdo”, degli assalti furibondi e disperati, armati solamente di un fucile contro un nemico formidabilmente preparato per la guerra, esacerbati dalla continua e immediata visione di una morte certa e infeconda».
“Bachisio Spanu / L’epopea di un contadino sardo alla guerra” – con drammaturgia e regia di Marco Parodi – attraverso l’ingenuità e l’immediatezza delle parole di un soldato, propone una riflessione sull’antica e perigliosa arte della guerra, perfezionatasi nell’arco dei secoli come strumento privilegiato per risolvere i conflitti attraverso l’applicazione della legge del più forte, in un inevitabile ritorno alla barbarie dove a parte i fugaci trionfi di generali e sovrani, non esistono in realtà vincitori e vinti, ma solo popoli sconfitti, dilaniati e sepolti sotto le macerie della civiltà.
I Prossimi appuntamenti
La Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Bocheteatro di Nuoro, inaugurata mercoledì 8 novembre da “Il marito invisibile” di Edoardo Erba con Maria Amelia Monti e Marina Massironi (con sold out al botteghino), prosegue, dopo “Bachisio Spanu / L’epopea di un contadino sardo alla guerra”, tra brillanti commedie e intriganti monologhi, dando risalto alla drammaturgia contemporanea per una riflessione su temi cruciali, dalle migrazioni alla democrazia, senza dimenticare passioni come amore e gelosia, accanto a raffinate coreografie d’autore.
Domenica 4 febbraio
Il fascino della danza contemporanea – domenica 4 febbraio alle 20.30 – con il “Trittico” firmato da Adriano Bolognino, uno dei più talentuosi e apprezzati giovani coreografi italiani, per Körper / Centro Nazionale di Produzione della Danza: in programma tre creazioni dell’artista partenopeo, tra l’incantevole “Come Neve”, l’abbraccio de “Gli Amanti” e la riflessione sulla condizione femminile sottesa a “Your Body is a Battleground”. Si ispira al candido manto dell’inverno, “Come Neve” con Rosaria Di Maro / Roberta Fanzini e Noemi Caricchia su musiche di Olafur Arnalds/Josin, con i costumi del Club dell’Uncinetto di Napoli, frutto di una ricerca sullo «stare bene».
L’immagine di due corpi intrecciati ne “Gli Amanti”, dal calco di Pompei, con Rosaria Di Maro e Roberta Fanzini, su musiche di Akira Rabelais, racconta il segreto di un amore oltre la morte. Infine “Your Body is a Battleground“, dalla celebre opera di Barbara Kruger per la marcia delle donne di Washington, con Rosaria Di Maro e musiche di Moderat/Jon Hopkins, indaga sul ruolo e sulla libertà delle donne.
Giovedì 29 febbraio
Tra parole e note per un affresco della società – giovedì 29 febbraio alle 20.30 – con “Family / A Modern Musical Comedy” scritta e diretta da Gipo Gurrado, che firma testi e musiche di quest’opera originale ispirata alla complessità (e ambiguità) dei legami di sangue e d’affetto, tra persone che non si sono scelte e spesso non si somigliano, o si somigliano troppo – produzione Elsinor / Centro di Produzione Teatrale, con il contributo di NEXT-Laboratorio delle Idee.
Una raffinata commedia musicale per raccontare, con ironia e leggerezza, l’evolversi dei rapporti umani durante una convivenza o frequentazione obbligata, con canzoni originali e monologhi in musica in cui i vari personaggi si mettono a nudo e espongono le proprie ragioni.
Dopo “Supermarket”, un bestiario contemporaneo in musica, Gipo Gurrado ora descrive una famiglia, anzi una “family”, come tante altre, attingendo alla tradizione cantautorale italiana, da Giorgio Gaber a Enzo Jannacci e Lucio Dalla per comporre il suo mosaico di storie ed emozioni, indagando le nevrosi del mondo di oggi.
Venerdì 15 marzo
Diario di un’esistenza – venerdì 15 marzo alle 20.30 – con “Storia di un corpo” di Daniel Pennac con Giuseppe Cederna nel ruolo del protagonista e con adattamento e regia di Giorgio Gallione, scene di Marcello Chiarenza, disegno luci di Andrea Violato, elaborazioni musicali di Paolo Silvestri e progetto fonico di Luca Nasciuti, abito di scena di Dresscode di Fabio Porta – produzione Produzioni Fuorivia e Agidi (residenza artistica con il sostegno di Passo Nord).
Viaggio tra pensieri, ricordi, emozioni e sensazioni, “Storia di un corpo” rappresenta il dono di un padre alla figlia adorata, un’intima confessione con le puntuali annotazioni dall’adolescenza fino alla fine. Un uomo (si) racconta, in chiave quasi proustiana: riaffiorano «la voce anaffettiva della madre, gli abbracci silenziosi del padre, l’odore accogliente dell’amata tata, il dolore bruciante di una ferita, il sapore dei baci della donna amata». Una vicenda unica ed insieme universale – come si legge nelle note: «la sola esperienza che ci fa davvero tutti uguali, noi grandiosi e vulnerabili esseri umani».
Martedì 26 marzo
Venti di rivoluzione – martedì 26 marzo alle 20.30 – con “Ottantanove”, con drammaturgia e regia di Elvira Frosini e Daniele Timpano, anche protagonisti sulla scena insieme con Marco Cavalcoli, con la collaborazione artistica di David Lescot e Francesca Blancato, disegno luci di Omar Scala, scene e costumi di Marta Montevecchi, musiche originali e progetto sonoro di Lorenzo Danesin (l’immagine del manifesto è di Valentina Pastorino) – produzione Teatro Metastasio di Prato, SCARTI / Centro di Produzione Teatrale di Innovazione in collaborazione con Kataklisma Teatro e Teatro di Roma / Teatro Nazionale. Elvira Frosini e Daniele Timpano si interrogano sull’influenza della Rivoluzione Francese e sulle conseguenze della caduta del muro di Berlino: due eventi che cambiarono il volto dell’Europa.
«”Ottantanove” non vuole raccontare la Storia, ma immergersi in un mito fondativo» – sottolineano gli autori, che affrontano «l’attuale crisi della democrazia» con una cifra ironica e spiazzante, partendo dagli antichi ideali per arrivare alla realtà contemporanea.
Mercoledì 10 aprile
Uno sguardo poetico sul dramma dei migranti – mercoledì 10 aprile alle 20.30 – con “Colpevoli di Viaggio”, uno spettacolo scritto, diretto e interpretato da Monica Corimbi e liberamente ispirato ai testi di Erri De Luca, con musiche originali di Gianpaolo Selloni e installazione video di Laura Mascia – produzione Bocheteatro. Una narrazione per “voce sola” in cui confluiscono le storie di donne e uomini, vecchi e bambini costretti a lasciare la loro patria per affrontare l’ignoto: creature senza volto, perdute nel deserto o annegate nel mare, o finalmente approdate su coste inospitali, dove la fuga da guerre, persecuzioni, fame diventano un “reato”.
“Colpevoli di Viaggio” è un tentativo di dare voce al dolore e alla disperazione di chi non ha voce: la pièce parla del significato della “speranza” per chi non ha più nulla da perdere, ma porta con sé una valigia piena di ricordi e sogni, come delle cause complesse e stratificate delle moderne migrazioni, e di «quanto spesso non vengano rispettati i diritti dei migranti».
Martedì 7 maggio
Una favola moderna e surreale – martedì 7 maggio alle 20.30 – con “Rumba”, ovvero “L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato” di e con Ascanio Celestini, con musica e voce di Gianluca Casadei e la voce di Agata Celestini, immagini dipinte di Franco Biagioni, sound design di Andrea Pesce e disegno luci di Filip Marocchi – produzione Fabbrica, Fondazione Musica per Roma, Teatro Carcano e Comitato Greccio 2023.
Si ispira alla storia del Santo di Assisi, il “giullare di Dio”, la pièce che tra uno sguardo al cielo e alle stelle, «così tante che non si possono contare» e uno sguardo sulla terra con i suoi splendori e le sue miserie, le ingiustizie e le discriminazioni, racconta degli ultimi e dei diseredati. Tra le figure del moderno “presepe” nel parcheggio di un supermercato, vicino ai barboni che chiedono l’elemosina e i facchini africani, «Giobbe, magazziniere analfabeta, la Signora delle Slot, ex prostituta che s’è ricomprata la libertà e lo zingaro che ha cominciato a fumare a otto anni…».
La Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza al Teatro Bocheteatro di Nuoro è organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna, con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna e dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Nuoro e con il prezioso contributo della Fondazione di Sardegna, in collaborazione con la compagnia Bocheteatro e con il supporto di Sardinia Ferries, che ospita sulle sue navi artisti e compagnie in viaggio per e dalla Sardegna.
Info e prezzi
NUORO
abbonamenti
intero € 85 – ridotto € 75
biglietti
intero € 20 – ridotto € 15
info: Bocheteatro, via Trieste n. 48, Nuoro – tel. 0784/203060 – cell. 338/7529106 – e-mail: [email protected] – www.bocheteatro.com – www.cedacsardegna.com
biglietteria online: www.vivaticket.com