Prosa: “Che fine ha fatto Ulisse?” di e con Andrea Tedde giovedì 28 dicembre apre la Stagione di Carbonia
Uno spettacolo di e con Andrea Tedde e con le Sirene Noemi Mei, Francesca Lenzu e Maria Teresa Melis voce di Penelope (fuori campo) Alessandra Marongiu costumi Maria Tina Ibba | musiche originali I Perfetti Sconosciuti | service Music Factory giovedì 28 dicembre – ore 20.15 – Teatro Centrale – Carboniadomenica 28 gennaio – ore 21 – Teatro Antonio Garau – Oristano
sabato 16 marzo – ore 21 – Teatro Costantino – Macomer
Prosa: “Che fine ha fatto Ulisse?” di e con Andrea Tedde giovedì 28 dicembre apre la Stagione di Carbonia
Variazioni sul mito con “Che fine ha fatto Ulisse?”, il nuovo spettacolo scritto, diretto ed interpretato da Andrea Tedde (produzione Batanea Teatro) in cartellone – in prima nazionale – giovedì 28 dicembre alle 20.15 al Teatro Centrale di Carbonia, dove inaugura la Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni e con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e del Comune di Carbonia ed il contributo della Fondazione di Sardegna. Dopo il debutto nella città mineraria, la pièce sarà in scena domenica 28 gennaio alle 21 al Teatro “Antonio Garau” di Oristano e sabato 16 marzo alle 21 al Teatro Costantino di Macomer sotto le insegne della Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa firmata CeDAC Sardegna.
“Che fine ha fatto Ulisse?” è una divertente commedia ispirata alla figura dell’eroe greco, grande condottiero ed abile stratega, tra i vincitori della guerra di Troia, il quale, dopo il lungo e periglioso viaggio di ritorno in patria, non riesce ad adattarsi alla tranquilla routine del tempo di pace e alla serenità della vita domestica, accanto alla moglie Penelope ed al figlio Telemaco. Il suo spirito irrequieto, temprato da mille battaglie e dagli imprevisti e dagli ostacoli incontrati sulla rotta verso Itaca, in una traversata del Mediterraneo protrattasi per ben dieci anni, lo spinge verso nuove avventure: il saggio e nobile sovrano, che ha sperimentato la nostalgia dell’esule durante la lunga campagna militare e l’interminabile tragitto, tra incontri con dee e ninfe, creature mostruose e genti sconosciute, lottando con venti avversi e terribili tempeste, per arrivare alla sua isola, liberata la reggia dagli infidi Proci e riconquistato il trono, non è capace di abituarsi a quella nuova felicità. Insomma, si annoia.
E se durante gli anni di lontananza avvertiva acuto il rimpianto dei paesaggi della giovinezza ed il desiderio di rivedere le persone care, nella rinnovata convivenza con la sposa e il figlio, che aveva lasciato bambino per ritrovarlo ormai adulto, pur nella sopraggiunta maturità non ritrova lo slancio e la passione degli inizi, riconosce i segni del tempo ma soprattutto, ormai avvezzo alle fatiche e ai rischi della guerra in quel clima disteso e in quel succedersi di giorni apparentemente quasi uguali, si sente prigioniero come un marinaio durante la bonaccia. Un eroe famoso per le sue imprese tra cui lo stratagemma del cavallo che causò la caduta di Troia dopo due lustri d’assedio, difficilmente si adegua alla banalità di una quotidianità scandita dai riti conviviali e dai doveri della politica, senza nemici da sconfiggere né eserciti da condurre alla vittoria. Il racconto epico dei trionfi e delle sconfitte, della ferocia dei combattimenti e dei duelli fino alla conquista ottenuta con l’inganno dopo la strenua resistenza dei guerrieri di Priamo e la distruzione della potente città dell’Asia Minore, così come del viaggio di ritorno, con i naufragi e le soste più o meno obbligate sull’isola di Ogigia, presso Calipso e ad Eea, presso la maga Circe, gli sbarchi nel paese dei Lotofagi e nella terra dei Ciclopi, la discesa nell’Ade e il canto ammaliante delle Sirene, poi l’incontro con la principessa Nausicaa e la generosa ospitalità del re dei Feaci, non appaga il suo animo, anzi risveglia in lui la sete di conoscenza e d’avventure.
Sotto i riflettori Andrea Tedde, classe 1971, affermato attore e regista, che firma drammaturgia e regia della pièce e immagina nuove e inedite peripezie per il “suo” Ulisse, sulla falsariga degli antichi poemi, ma anche della “Divina Commedia” di Dante Alighieri, che nel Canto XXVI dell’“Inferno” descrive l’ultimo viaggio dell’eroe, incapace di rassegnarsi a una tranquilla vecchiaia su Itaca – e infatti, come egli stesso narra, «né dolcezza di figlio, né la pieta / del vecchio padre, né ‘l debito amore / lo qual dovea Penelopé far lieta, / vincer potero dentro a me l’ardore / ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto, / e de li vizi umani e del valore», e così imbarcatosi su una nave con pochi e fidi compagni, rincuorandoli con la celebre esortazione «considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza», di nuovo affronta il mare e volge la prua verso l’ignoto –. Sul palco appaiono anche le affascinanti Sirene, interpretate da Noemi Mei, Francesca Lenzu e Maria Teresa Melis, mentre la voce (fuori campo) di Penelope è quella di Alessandra Marongiu: “Che fine ha fatto Ulisse?”, con i costumi di Maria Tina Ibba, le musiche originali de I Perfetti Sconosciuti, service a cura di Music Factory, organizzatore generale Matteo Tedde (produzione Batanea Teatro) rappresenta una moderna rilettura del mito, in cui alcuni degli episodi più significativi dell’“Iliade” e specialmente dell’“Odissea” vengono raccontati con sensibilità contemporanea.
«L’idea della commedia è nata quasi per caso, davanti a una raffigurazione di Ulisse: un ritratto dell’eroe di tante avventure straordinarie, che mi ha fatto venire in mente la possibilità di mettere in scena questo personaggio, attualizzandolo e ironizzandoci su» – rivela Andrea Tedde, artista conosciuto e apprezzato anche oltre Tirreno, dove ha iniziato la sua carriera teatrale e cinematografica, per poi ritornare (anche lui) sulla sua Isola –. «“Che fine ha fatto Ulisse?” è una commedia, con anche dei risvolti drammatici, o meglio “realistici”, perché profondamente umani: è la storia di un uomo, che potrebbe vivere anche in questo periodo, che rientra a casa dall’amata moglie e dal figlio, e ritrova anche il suo cane… Ma la moglie è invecchiata, e lui stesso è invecchiato, anche se si sente ancora giovane, e non si rassegna a fare una vita da pensionato, così decide di ripartire con i suoi amici… per affrontare nuove avventure… fino al colpo di scena finale».
Un Ulisse particolarmente “sincero”: «il protagonista racconta la verità, o meglio la “mia” versione dei fatti e fa luce su alcuni episodi famosi, come l’incontro con le Sirene e con Polifemo…». Andrea Tedde non dimentica le sue radici, da autentico enfant du pays: attore professionista con all’attivo decine di spettacoli come interprete, svariate regie teatrali e la partecipazione a films importanti, come i recenti “L’ombra di Caravaggio” di Michele Placido con Riccardo Scamarcio, Louis Garrel, Isabelle Huppert e Micaela Ramazzotti e “Goffredo e l’Italia chiamò” di Angelo Antonucci, con Stefania Sandrelli, Maria Grazia Cucinotta e Vincent Riotta, sceglie infatti Carbonia, la sua città, per la prima della nuova commedia. «Debutto a casa mia, dove c’è un pubblico molto attento e molto critico» – sottolinea l’artista – «se va bene qua, significa che lo spettacolo funziona e posso proporlo negli altri teatri, in giro per l’Italia». La sua carriera d’attore è cominciata presto, sulla spinta del talento e di una forte vocazione: «ero ancora un ragazzo, mi piaceva fare le imitazioni e avevo questa tendenza a stare al centro della scena, quando all’età di diciassette anni andai a Roma per frequentare l’Accademia d’Arte Drammatica di Pietro Sharoff; lì ho incontrato Franco Franchi (proprio lui, quello della coppia di Franco e Ciccio) e subito dopo ho conosciuto Franca Valeri. Dopo la scuola ho cominciato a fare fotoromanzi, ho lavorato come comparsa per il cinema con Giuseppe Tornatore e Gigi Magni; poi il ruolo di un ex tossicodipendente in una serie tv della Rai, “Non siamo soli” con la regia di Paolo Poeti, fino ad arrivare a “L’isola di Pietro 2” nel 2018; e soprattutto ho fatto molto teatro, prima a Roma, poi in Sardegna, dove ho avuto modo di collaborare con diverse compagnie e con registi come Marco Gagliardo e Marco Parodi». Fondamentali gli incontri oltre la scena: «ho avuto la fortuna di conoscere artisti come Marcello Mastroianni e Nino Manfredi: una chiacchierata con loro è stata interessante, e istruttiva, una vera lezione d’arte e di vita». Progetti futuri? «Preferirei evitare di parlarne, per scaramanzia» – dice Andrea Tedde, che ha appena terminato le riprese di un film – «posso dire che farò ancora del cinema, ma anche televisione e sicuramente teatro».
E adesso non resta che da scoprire “Che fine ha fatto Ulisse?”… con la commedia originale, pensata per far sorridere e riflettere, dove il mito si intreccia con la contemporaneità.
PROSSIMI APPUNTAMENTI
La Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza a Carbonia prosegue sulle rotte delle antiche e moderne migrazioni – venerdì 12 gennaio alle 21 – con “Sabir / viaggio mediterraneo” con ideazione e regia di Mvula Sungani, che vede protagonista l’étoile Emanuela Bianchini (che firma anche le coreografie insieme a Mvula Sungani) accanto ai solisti della Mvula Sungani Physical Dance, con le musiche originali composte ed eseguite dal vivo da Erasmo Petringa e luci, costumi e scene di MSPD Studios (produzione Arealive srl – MSPD Studios). Un visionario racconto per quadri per mettere a confronto l’Italia di oggi, con gli sbarchi di profughi e stranieri, con alle spalle un vissuto spesso tragico fatto di guerre e carestie, miseria e persecuzioni e quella degli inizi del Novecento, quando a partire con una valigia piena di sogni e speranze erano gli italiani. Le storie di donne e uomini costretti a abbandonare la loro patria e disposti ad affrontare l’ignoto per ricostruirsi un’esistenza in una terra sconosciuta, lontano dai loro affetti, prendono forma sulla scena in una narrazione di forte impatto emozionale, su una colonna sonora densa di echi mediterranei. “Sabir” – con un titolo che rimanda alla lingua franca dei porti – lancia un messaggio a favore dell’accoglienza e del dialogo tra i popoli: «partendo dall’antica Roma, in cui vivevano genti provenienti da tutto l’impero, passando per le dominazioni che si sono susseguite fino alla nascita della nazione, e arrivando alle immigrazioni dei nostri giorni – sottolinea il coreografo italo-africano Mvula Sungani – «l’Italia ha sublimato le diversità costituendo un grande patrimonio artistico-culturale unico al mondo».
Un ironico affresco della società – venerdì 19 gennaio alle 21 – con le “Smanie per la villeggiatura” di Carlo Goldoni nella fantasiosa mise en scène di Stefano Artissunch, che intreccia la tradizione della commedia dell’arte a temi e sentimenti universali: sotto i riflettori lo stesso Stefano Artissunch, con Stefano Tosoni, Laura Graziosi, Stefano De Bernardin e Lorenzo Artissunch, con i costumi di Maria Chiara Torcolacci e il disegno luci di Patrick Vitali (produzione Danila Celani per Synergie Arte Teatro). Una commedia divertente incentrata sui preparativi per le vacanze di due famiglie, in cui mentre si riempiono valigie e bauli si insinua il veleno della gelosia: quando Leonardo, innamorato di Giacinta, scopre che il padre della fanciulla, Filippo, ha invitato sulla carrozza il suo rivale Guglielmo, decide di rimandare o magari annullare la partenza, facendo disperare la sorella Vittoria, finché grazie a un intermediario le cose si risolvono per il meglio. La fortunata pièce del grande autore veneziano è incentrata su «il tema dell’apparire e la nevrosi consumistica-affannosa della borghesia che si cimenta in sciali superiori alle sue possibilità» – spiega Stefano Artissunch, che sottolinea la modernità e la godibilità dell’opera, sia per l’argomento che per la definizione dei caratteri, in un susseguirsi di situazioni esilaranti e coups de théâtre. Nelle “Smanie” emergono «una riflessione ed una critica alla società borghese del tempo», contro cui Goldoni scaglia i suoi strali satirici, ma anche «l’ipocrisia ed il senso di vuoto di una società che perde la propria identità ed i propri valori dietro al nulla».
Focus sulla nuova danza d’autore – lunedì 5 febbraio alle 21 – con il “Trittico” di Adriano Bolognino (produzione Körper / Centro Nazionale di Produzione della Danza), in cui il giovane coreografo partenopeo (Premio Danza&Danza come artista emergente) con all’attivo collaborazioni con étoiles come Eleonora Abbagnato e Jacopo Tissi, l’Opus Ballet, MM Contemporary Dance Company e il Teatro dell’Opera di Roma, propone tre sue creazioni in bilico tra tenerezza e passione, oltre all’impegno in difesa dei diritti civili. “Come Neve”, con Rosaria Di Maro / Roberta Fanzini e Noemi Caricchia su musiche di Olafur Arnalds/Josin trae spunto dal candore di un paesaggio invernale, contemplato attraverso una finestra nel tempo dell’infanzia e dalla delicatezza dei costumi realizzati da “Il club dell’uncinetto”, con la riscoperta di un’arte antica, per raccontare uno stato di benessere in armonia con il mondo. Ne “Gli Amanti”, con Rosaria Di Maro e Roberta Fanzini, su musiche di Akira Rabelais, l’ispirazione nasce da un calco di Pompei con l’impronta di due corpi abbracciati, simbolo di un sentimento che vince anche la morte, nonostante la tragedia, e dura per l’eternità. Infine “Your body is a battleground”, un assolo interpretato da Rosaria Di Maro, con musiche di Moderat/Jon Hopkins, rimanda all’immagine creata da Barbara Kruger per la marcia delle donne di Washington nel 1989, storica manifestazione in favore della libertà e dell’autodeterminazione femminile, per una riflessione sulla condizione e sul ruolo delle donne nella società, sulla strumentalizzazione del corpo e della bellezza e sulla coscienza individuale, con l’auspicio di una nuova rivoluzione sociale, politica e culturale.
Viaggio nella Storia del Novecento – domenica 18 febbraio alle 21 – con “Il cacciatore di nazisti / L’avventurosa vita di Simon Wiesenthal” con drammaturgia e regia di Giorgio Gallione e con un protagonista del calibro di Remo Girone, attore di cinema e di teatro, volto noto del grande e del piccolo schermo dai films di Miklos Jancsò e Marco Bellocchio al ruolo di Tano Cariddi ne “La Piovra”, nei panni di un insolito eroe moderno (produzione Ginevra Media Production e Teatro Nazionale di Genova, distribuzione PigrecoDelta). La tragedia della Shoah rivive in una sorta di teatro della memoria con la pièce ispirata alla figura dell’ingegnere ebreo, vittima delle persecuzioni e delle deportazioni e tra i testimoni e i superstiti dell’orrore dei lager, che al termine della seconda guerra mondiale iniziò, dapprima per gli alleati, poi con il suo Centro di Documentazione Ebraica, un attento lavoro di ricerca per identificare i responsabili dello sterminio. Simon Wiesenthal ha contribuito alla cattura di Adolf Eichmann, tra gli artefici della “soluzione finale”; di Franz Stangl, il comandante dei campi di concentramento di Treblinka e Sobibor e di Hermine Braunsteiner-Ryan, colpevole di atti di indicibile crudeltà, incaricata di “selezionare” donne e bambini destinati alle camere a gas. Tra gli altri, “il James Bond ebreo” riuscì a identificare anche Karl Silberbauer, il sottufficiale della Gestapo responsabile dell’arresto di Anna Frank, le cui dichiarazioni servirono a confermare l’autenticità del diario: «non voglio che le persone pensino che sia stato possibile che i nazisti abbiano ucciso milioni di persone e poi l’abbiano fatta franca» – sosteneva Simon Wiesenthal –. «Ma io voglio giustizia, non vendetta».
Tra parole e note – lunedì 26 febbraio alle 21 – con “Family / A Modern Musical Comedy” con libretto, testi e musiche di Gipo Gurrado, che firma anche la regia dello spettacolo interpretato da Andrea Lietti, Giovanni Longhin, Ilaria Longo, Nicola Lorusso, Roberto Marinelli, Marco Rizzo, Elena Scalet e Paola Tintinelli, con coreografie e movimenti scenici di Maja Delak e scene e costumi di Marina Conti, per una riflessione sui rapporti e i legami, oltre che sulle disfunzioni e le nevrosi della società contemporanea (produzione Elsinor / Centro di Produzione Teatrale, con il contributo di NEXT-Laboratorio delle Idee). Uno sguardo ironico e disincantato sul nucleo fondante della società, attraverso le vicende di un gruppo di persone costrette a condividere uno spazio fisico e simbolico, senza essersi scelte e senza neppure condividere gusti o ideali, per semplici coincidenze anagrafiche: “Family” descrive i loro caratteri, le dinamiche relazionali e i fragili equilibri, ma anche i mutamenti che ciascuno di loro subisce nel tempo, in un colorato affresco di varia umanità. Un inedito musical in cui si alternano monologhi e canzoni, con rimandi ad autori come Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Lucio Dalla: dopo “Supermarket”, un bestiario contemporaneo cantato e ballato, l’eclettico Gipo Gurrado propone una sua visione della famiglia, come luogo dove emergono le differenze e i conflitti, senza mediazioni. Un ambiente non sempre sereno o rassicurante, il cui si forma la personalità attraverso influenze e modelli espliciti e impliciti, si ereditano principi e valori e si apprendono i rudimenti di un’educazione, e spesso si manifestano fragilità e insicurezze, prima di confrontarsi con il mondo esterno.
Un capolavoro del teatro del Novecento – sabato 9 marzo alle 21 – con “Le Serve” di Jean Genet, nella traduzione di Monica Capuani, con Eva Robin’s nel ruolo di Madame accanto a Beatrice Vecchione e Matilde Vigna, che interpretano rispettivamente Claire e Solange, le due donne del titolo, imprigionate in un rapporto di amore-odio verso la padrona, in un intrigante allestimento con scene di Paola Villani e costumi di Erika Carretta, drammaturgia sonora di John Cascone e adattamento e regia di Veronica Cruciani (co-produzione Nidodiragno/CMC – Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale – Teatro Stabile di Bolzano). In un raffinato e crudele gioco di specchi, la pièce, ispirata a un fatto di cronaca, affronta il tema della seduzione del potere dal punto di vista delle due sorelle, cameriere di Madame, verso la quale nutrono ammirazione e invidia, fino a trasformarsi, indossandone i vestiti e imitandone gli atteggiamenti, a turno, nel riflesso della loro padrona, in un rituale culminante nel suo sacrificio. Una cerimonia per significare la loro ribellione e il desiderio di un ribaltamento, più che un vero cambiamento, quasi il ricordo o il sogno di una rivoluzione: il delitto mira a espiare o cancellare l’ombra del tradimento verso Madame, con la denuncia del suo amante, così le serve pianificano l’eliminazione della loro immaginaria accusatrice. Un testo grottesco e amaro, in cui la dimensione psicologica si fonde a quella politica e vengono messi a nudo e portati sulla ribalta i meccanismi dell’inconscio mentre, nell’incapacità di portare a termine il loro progetto, Claire e Solange si avviano verso un epilogo tragico e sconvolgente, mostrandosi nella loro follia.
Il racconto di una vita – domenica 17 marzo alle 21 – con “Storia di un corpo” di Daniel Pennac, nell’interpretazione di Giuseppe Cederna, con adattamento e regia di Giorgio Gallione: una pièce coinvolgente, con scene di Marcello Chiarenza e disegno luci di Andrea Violato, elaborazioni musicali di Paolo Silvestri e progetto fonico di Luca Nasciuti, tratta dal romanzo dello scrittore francese, in cui il protagonista analizza pensieri e sensazioni per trascriverli in un diario, singolare dono per la figlia adorata (produzione Produzioni Fuorivia – Agidi, in collaborazione con Teatro Stabile di Bolzano e Teatro Cristallo). Una sorta di confessione, filtrata dai ricordi e affidata alla dimensione fisica, in una sorta di “catalogo” delle emozioni legate a un suono, un profumo, un’immagine e raccontate attraverso i cinque sensi: «la voce anaffettiva della madre, gli abbracci silenziosi del padre, l’odore accogliente dell’amata tata, il dolore bruciante di una ferita, il sapore dei baci della donna amata». Fin dall’adolescenza, l’uomo ha annotato minuziosamente gli eventi per lui significativi, così la battaglia contro una malattia lascia il posto alla «paralizzante scoperta del corpo femminile», insieme con tutte le esperienze gratificanti e umilianti tra «il miracolo della nascita» e «la tragedia della morte», misurate attraverso la percezione del piacere e del dolore, per una riflessione sulla natura umana «tra grandezza e miseria», senza rinunciare al sorriso. L’arte di Daniel Pennac trasfigura la banalità del quotidiano in una narrazione epica, mettendo l’accento sulla fragilità e la tirannia del corpo, teatro delle guerre interiori tra la mente e il cuore.
Una trama piccante fra amori e tradimenti – domenica 7 aprile alle 21 – con “L’Anatra all’Arancia”, celebre commedia di William Douglas-Home e Marc-Gilbert Sauvajon, con Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli accanto a Ruben Rigillo e Beatrice Schiaffino e con la partecipazione di Antonella Piccolo, con scene di Fabiana di Marco, costumi di Alessandra Benaduce e disegno luci di Massimo Gresia, per la regia di Claudio Greg Gregori (produzione Compagnia Molière, in coproduzione con il Teatro Stabile di Verona). Un matrimonio apparentemente solido, a dispetto delle “distrazioni” del marito, entra in crisi quando la moglie decide di rifarsi una vita accanto a un altro uomo e il consorte, preso alla sprovvista, per dissuaderla le propone un ultimo incontro, insieme al nuovo compagno, invitando anche una seducente segretaria. Un invito in cui il marito potrebbe giocare le sue ultime carte prima che la separazione diventi definitiva, nel tentativo di riconquistare la moglie, ma anche di mettere in difficoltà il rivale; e non a caso la specialità gastronomica del titolo rappresenta un ricordo del viaggio di nozze, con ipotetiche proprietà afrodisiache. «“L’Anatra all’Arancia” è un classico feuilleton dove i personaggi si muovono algidi ed eleganti su una scacchiera irta di trabocchetti» – si legge nella presentazione –. «Ogni mossa rivela le emozioni… a poco a poco il cinismo lascia il passo ai timori, all’acredine, alla rivalità, alla gelosia… in una parola all’Amore». Uno strano appuntamento, quasi una sfida al destino, che forse non riuscirà a salvare il rapporto tra i due coniugi ma rappresenta un’occasione per guardarsi in faccia e dirsi finalmente la verità.
Finale dolceamaro tra spunti di riflessione, ironia e poesia – venerdì 10 maggio alle 21 – con “Rumba / L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato”, originale e surreale spettacolo scritto, diretto e interpretato da Ascanio Celestini, con musica e voce di Gianluca Casadei e con la voce (fuori campo) di Agata Celestini, le immagini dipinte da Franco Biagioni, sound design di Andrea Pesce e disegno luci di Filip Marocchi (produzione Fabbrica – Fondazione Musica per Roma – Teatro Carcano, in collaborazione con il Comitato Greccio 2023). La pièce si ispira alla vita del Santo di Assisi, figlio di un ricco mercante di stoffe: un giovane cresciuto tra gli agi, che ama i poemi cavallereschi e le gesta dei paladini, e infatti «diventa cavaliere o vorrebbe diventarlo, va in guerra, ma finisce in galera; quando esce dal carcere deve ricostruire le case dei nobili che il popolo ha cacciato da Assisi e impara a fare il muratore», finché dopo la sua conversione proverà a «ricostruire la Chiesa di Dio in terra». In una affascinante e coinvolgente narrazione Ascanio Celestini rievoca la figura di Francesco e l’invenzione del presepe in forma di sacra rappresentazione sul tema della Natività, per trasportarla nel tempo presente, tra il degrado delle periferie e l’umanità sofferente dei poveri e degli emarginati, gli “ultimi” cui è destinato il Regno dei Cieli. Tra loro anche «Giobbe, magazziniere analfabeta, la Signora delle Slot, arrivata in Italia come prostituta, che s’è ricomprata la propria libertà e lo zingaro che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar…».
La Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa e Danza al Teatro Centrale di Carbonia è organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna, con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna, dell’Assessorato alla Cultura e Spettacolo del Comune di Carbonia e con il contributo della Fondazione di Sardegna e il supporto di Sardinia Ferries, che ospita sulle sue navi artisti e compagnie in viaggio per e dalla Sardegna.
INFO & PREZZI
abbonamento a 10 spettacoli:
fila 1 a 7 € 95
fila 8 a 11 € 85
fila 12 a 14 € 80
fila 15 a 17 € 65
galleria palchetti € 65
biglietti
fila 1 a 7 € 16
fila 8 a 11 € 14
fila 12 a 14 € 12
fila 15 a 17 € 10
galleria palchetti € 7
Info e prenotazioni: cell 338.9838142 (Valentina Trogu) – [email protected] – www.cedacsardegna.it.