Tribunale di Tempio, Sisto risponde al quesito di Giagoni e assicura: «Non chiuderemo, la legge deve essere vicina ai cittadini!»
(Roma, 14/12/2023) Durante l’incontro in Commissione bicamerale per l’Insularità il deputato gallurese Dario Giagoni ha sottoposto all’attenzione del viceministro per la Giustizia, il senatore Francesco Paolo Sisto, la questione attinente il Tribunale di Tempio Pausania «Il Tribunale di Tempio, oltre alla sua storicità, svolge anche un importante ruolo economico, grazie alle numerose persone che vi lavorano, o direttamente impiegate, o che ne usufruiscono» – commenta Giagoni -.«Una consapevolezza che non può essere non presa in considerazione nella valutazione della rivisitazione del decreto del 2012. La risposta ricevuta dal sottosegretario quest’oggi è stata assai esaustiva e soprattutto volta a una soluzione che non allontani mai la cittadinanza dalla giustizia ma, anzi, che miri ad avvicinarla sempre di più. Il Tribunale di Tempio, dunque, non chiuderà ma i servizi territoriali verranno implementati in base alle necessità e a un accurato calcolo basato su dati reali e aggiornato attinenti al tasso di criminalità e i gap infrastrutturali insiti delle realtà locali. Uno degli strumenti per sopperire alla mancanza di organico è l’art. 3, comma 61, della legge 350/2000 che prevede l’utilizzo di graduatorie concorsuali approvate da altre amministrazioni pubbliche».
La risposta di Sisto
La risposta del viceministro per la Giustizia, Francesco Paolo Sisto, al quesito di Giagoni: «Sul fronte della giustizia di prossimità questo ministero è più aperto rispetto a quello che si pensava nel passato. Il convincimento del ministro Nordio è anche mio: il cittadino deve poter vedere anche la giustizia, avere una capacità di percepirla nei luoghi in cui vive. Questo è un principio che può essere declinato in tanti modi, non vuol dire che in ogni quartiere ci deve essere un tribunale, ma significa che in certe situazioni dove c’è eccessiva lontananza tra la giustizia e i cittadini è possibile pensare a qualche rimedio. Non si può rivoluzionare il provvedimento del 2012 che in verità ha avuto qualche problema di coerenza, l’ho vissuto in prima persona quel periodo, mi sono battuto per tanti tribunali, qualche volta con successo, altre volte no con inspiegabili insuccessi».
Da qui la necessità di un ripensamento: «Non a macchia di leopardo – sottolinea Sisto -, «deve essere un criterio nazionale applicabile nei luoghi in cui manca la giustizia perché è troppo lontana, non si riesce a percepirla. Va fatta un’analisi del 2012 e trovare, a seconda dei fenomeni di criminalità e necessità dei singoli territori, una terapia specifica oltre al criterio generale. Non c’è comunque l’idea di chiudere! Dico questo con sufficiente credibilità, c’è l’idea di poter aprire. Si può costituire un gruppo di lavoro, guidato dal presidente Calderone, fra i capi degli uffici del ministero della Giustizia e della commissione per provare ad accelerare i tempi ed evitare i soliti rimbalzi, potrebbe essere un buon punto di partenza e di arrivo».
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