Carne coltivata: il debunking della posizione anti-scientifica di Italia, Austria e Francia
Carne coltivata: il debunking della posizione anti-scientifica diItalia, Austria e Francia. Germania, Paesi Bassi e Danimarca a favore
invece di sostenibilità e ricerca
Posizione antiscientifica e ideologica sulla carne coltivata al
Consiglio AGRIFISH di ieri da parte del ministro dell’Agricoltura
italiano Lollobrigida e dei colleghi di Austria e Francia. La scheda
diffusa da Cellular Agricolture Europe / GFI mostra le fake news
contenute nel documento.
Carne coltivata: il debunking della posizione anti-scientifica di Italia, Austria e Francia
Milano, 24 gennaio 2024 – Ieri i ministri dell’agricoltura dei Paesi
membri hanno discusso un punto messo all’ordine del giorno da Austria,
Italia e Francia contro la carne coltivata e le proteine alternative.
Contrari Germania, Danimarca e Paesi Bassi. La nota congiunta discussa a
Bruxelles si concentra sulla richiesta di modifiche chiave al processo
di approvazione normativa dell’UE per la carne coltivata, con lo scopo
esplicito di renderne più difficile il processo di introduzione sul
mercato.
In particolare i paesi – a cui si sono aggregati anche altri stati
membri dove le associazioni di categoria degli agricoltori e allevatori
sono molto forti – chiedono alla Commissione di presentare una
valutazione sull’impatto della carne coltivata prima di qualsiasi
autorizzazione normativa, oltre a una consultazione pubblica, una
modifica del processo di approvazione e il divieto dell’uso del
termine “carne”, nonostante si tratti a tutti gli effetti di carne.
Queste richieste presentate nel documento si basano su una serie di
informazioni che sono fuorvianti, inesatte e in alcuni casi del tutto
false, come illustrato dalla scheda informativa diffusa da Cellular
Agricolture Europe / GFI.
Ad esempio viene affermato che la carne coltivata non sarebbe più
ecologica di quella convenzionale, in quanto genera fino a 25 volte più
CO2 equivalente per chilogrammo di carne prodotta. Il dato citato nella
nota proviene da uno studio del CLEAR center della University of
California, Davis [2], finanziato dall’industria della carne.
L’utilizzo di questo studio è parte di una campagna di
disinformazione che viene da mesi presentato come affidabile nonostante
non sia stato ancora sottoposto al processo di peer-review, un passaggio
fondamentale per quanto riguarda gli studi scientifici.
In realtà, se prodotta con energia rinnovabile, la carne coltivata
potrebbe ridurre l’impatto climatico della carne fino al 92%,
l’inquinamento atmosferico fino al 94% e utilizzare fino al 90% in meno
di terreno rispetto alla carne bovina. E ad affermarlo è uno studio
[3], in questo caso, peer-reviewed.
La nota mette inoltre in discussione l’attuale processo per
l’autorizzazione dei cosiddetti novel foods, nonostante il quadro
normativo attuale sia in realtà tra i più solidi al mondo, con
un’attenzione rigorosa alla trasparenza e alla sicurezza dei
consumatori. Il processo di approvazione dei prodotti a base di carne
coltivata richiederà almeno 18 mesi e i tentativi di imporre barriere o
di limitare la capacità della carne coltivata di arrivare sul mercato
— prima che l’EFSA abbia avuto l’opportunità di esaminarne la
sicurezza — minerebbero invece la legislazione alimentare vigente
nell’UE. Inoltre, non terrebbe conto della ricerca sulla sicurezza di
questo alimento già realizzata, come lo studio dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) [4].
Un’altra affermazione a dir poco paradossale presente nella nota è
che la carne coltivata non prevederebbe standard di benessere animale
più elevati rispetto alla carne convenzionale. La dichiarazione fa
riferimento al siero fetale bovino, utilizzato in passato per coltivare
le cellule — e nel frattempo superato da formulazioni a base vegetale
— e omette il dato che nei macelli europei vengano uccisi 8,4 miliardi
di animali [5] ogni anno (escludendo i pesci).
Il documento parla inoltre di un rischio elevato di monopolio da parte
di pochi produttori industriali su larga scala, che produrrebbero carne
coltivata ai danni dei piccoli allevatori con aziende a conduzione
familiare. Al contrario, aziende di ogni forma e dimensione possono
decidere di dedicarsi a questa produzione, a patto che i governi
finanzino la ricerca open-access, anziché lasciare l’innovazione nelle
mani di aziende private.
«Sul tema della carne coltivata e delle proteine vegetali la lobby
dell’industria zootecnica sta portando in Unione Europea la stessa
disinformazione che negli ultimi anni abbiamo visto circolare in Italia.
Evidente il contrasto tra l’atteggiamento ragionevole ed equilibrato
di Germania, Danimarca e Paesi Bassi di ieri a fronte di quello a dir
poco paradossale del ministro Lollobrigida che insieme a Francia e
Austria chiede a Bruxelles un approccio scientifico e trasparente,
mentre in Italia ha introdotto un divieto basato su una visione
ideologica e del tutto anti-scientifica sul tema, difendendo gli
interessi delle aziende del comparto zootecnico ai danni del settore
delle proteine vegetali, molto più rispettoso dell’ambiente e degli
animali. Senza dimenticare che in Italia il dibattito è stato soffocato
in Parlamento senza dare accesso a tutti gli stakeholder alle
consultazioni presso le Commissioni parlamentari competenti e arrivando
addirittura all’aggressione di due parlamentari», ha affermato
Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali.
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