Intimita’ in carcere: Sdr, ministero avvii sperimentazione in Sardegna. Arbus, Isili e Mamone possono rispondere
“Le tre Colonie Penali della Sardegna offrono gli spazi ideali dove il Ministero della Giustizia e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria possono garantire in tempi brevi il diritto della persona detenuta a svolgere colloqui intimi, inclusi quelli a carattere sessuale, con il/la coniuge o il/la convivente. E’ arrivata l’occasione per rendere l’isola protagonista in un percorso di umanizzazione della pena e di riconoscimento dei diritti sancito dalla Corte Costituzionale”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” ricordando che “La Sardegna ha messo a disposizione del Ministero della Giustizia 6 mila ettari di territorio con oltre 600 posti disponibili nelle località di Arbus, Isili e Mamone, per far svolgere attività lavorative a detenuti che hanno dimostrato fiducia e sono nelle condizioni fisiche e psicologiche adeguate”.
“La sicurezza detentiva nelle Case di Reclusione all’aperto, dove i detenuti trascorrono le giornate al lavoro negli orti, allevando gli animali o producendo formaggi e/o miele, costituisce – osserva l’esponente di SDR ODV – una costante. Nel caso di Is Arenas-Arbus risulta anche l’esistenza di un’infrastrutturazione che viene utilizzata durante l’estate dagli Agenti della Polizia Penitenziaria per le ferie. Realisticamente quindi si può ritenere che con un adeguamento relativamente poco dispendioso e in tempi brevi si possa dare corpo a una “rivoluzione” culturale che finalmente darebbe concretezza non solo a una più incisiva finalità rieducativa della pena ma risponderebbe ai bisogni della famiglia e a quelli della salute psico-fisica della persona detenuta, donna o uomo”.
“Occorre superare un limite intellettuale sul significato della pena detentiva che nella mente dei più sembra finalizzata alla restituzione di un debito alla società da esigersi attraverso la privazione della libertà fine a se stessa. Quanto avviene dentro le celle non è forse chiaro a tutti e la privazione dell’affettività è spesso anche alla radice dell’autolesionismo e dei gesti suicidari. Il sovraffollamento carcerario e il sottodimensionamento degli operatori penitenziari non può ricadere su chi si trova dietro le sbarre. Di questo è certamente consapevole il Ministro della Giustizia e il Capo del DAP. Ora però – conclude Caligaris – si tratta di attuare ciò che le circolari e i principi dell’umanizzazione della pena richiedono da sempre. Nascondere la testa sotto la sabbia non è utile a nessuno”.