L’indipendenza dell’informazione al centro del terzo Lab nato dalla sinergia del Club Roma Est e del Rotary Club di Roma
L’evento inter-club a Roma, a Palazzo Ripetta
L’indipendenza dell’informazione al centro del terzo Lab nato dalla sinergia del Club Roma Est e del Rotary Club di Roma
Roma, 31 gennaio 2024 – Nelle intenzioni di Vittorio Donato, presidente del Rotary Club Roma Est, i laboratori di condivisione e confronto saranno cinque. Dopo quelli dedicati alla Sicurezza e alla Sanità, ieri è stata la volta dell’Informazione, cui seguiranno Finanza e Intelligenza Artificiale. Così come insito nello spirito rotariano, infatti, informarsi e confrontarsi è alla base del comune agire, da ultimo secondo la mission di “creare speranza nel mondo”.
Ha visto quindi la sinergia con il Rotary Club di Roma e la sua presidente Maria Luisa Piras il dibattito che si è svolto due sere fa, il 29 gennaio, a Palazzo Ripetta dove, con la regia di Andrea Dotti, Amministratore Unico di GO2MKT, ideatore del progetto CompaniesTalks e Socio del RC Club Roma Est, si sono confrontati su quello che è un tema di estrema attualità – presente e futuro dell’informazione e la sua indipendenza e libertà –, Francesca CAFERRI, redattrice sezione esteri e corrispondente dall’estero de la Repubblica, Pierluigi BATTISTA, scrittore e giornalista di Huffington Post, Luciano GHELFI, giornalista del TG2 e socio del RC Club Roma Est.
Estremamente attuale l’oggetto dell’incontro, aperto dai due Presidente dei Club che al termine hanno anche omaggiato come da tradizione gli ospiti una professione, quella del giornalismo, fondamentale e tuttavia in crisi, così come è in crisi, ma questo da anni, l’editoria giornalistica. Con l’accelerazione al fenomeno impressa dall’impatto dei social media e ora dell’Intelligenza Artificiale generativa, tanto nella produzione delle notizie quanto della loro fruizione.
I relatori
Francesca Caferri
Tutti sguardi “dal di dentro” quelli dei relatori, a cominciare da Francesca Caferri – peraltro operativa oggi in Medio Oriente – che ha sottolineato la portata, ancora non perfettamente intellegibile a tutti, del ciclone “social media” e del suo impatto su un mondo chiuso come quello del giornalismo. Rispetto al quale la rete e i social costituiscono un mondo altro, che però ha un peso enorme. Tutti sono giornalisti. Ma è così? O non ha forse ancora un peso il filo rosso di studio, approfondimento, offerta di contesto e verifica delle fonti che il giornalismo professionale può offrire?
Tuttavia, questo non è immediatamente percepito dall’utente che quindi andrebbe in questo senso educato o dovrebbe autonomamente educarsi. È anche vero, ha detto la giornalista, che c’è un pubblico nuovo che si informa attraverso i social a cui il giornalismo tradizionale non arrivava e non arriva, con rare eccezioni come “Internazionale” i cui lettori hanno un’età media di 25 anni. E questo è positivo.
Pierluigi Battista
Lo sguardo di Pierluigi Battista si è invece appuntato sulla parola “crisi”. Una crisi dell’editoria giornalistica spaventosa, iniziata con la data spartiacque rappresentata dal 2007, con l’avvento dello smartphone, ma che risente dell’accelerazione delle nuove tecnologie e dei social media come mezzi di produzione e fruizione di news, che ha portato alla pressoché scomparsa delle edicole, davvero se ci pensiamo presidio di una informazione pluralista con la loro, un tempo capillarità, e accessibilità da ogni genere di utente.
In questo segno meno che ogni giornale registra nei suoi lettori anno dopo anno Battista vede un fattore generazionale, da una parte, con la scomparsa di un turn-over di lettori dovuta anche al calo demografico, ma dall’altra le gravi responsabilità dello stesso mondo della “carta stampata” troppo a lungo e in qualche caso anche oggi, arroccato su posizioni di indifendibile monopolio e in questo senso miope. E nel fatto che la crisi del giornalismo è anche figlia di un’altra crisi della società contemporanea, la crisi della mediazione. Ma è anche vero, ha aggiunto, che la fiducia del lettore si conquista sul campo ed ora di fronte ad un giornalismo polarizzato e divisivo è venuta meno.
Con la postilla che quel giornalismo che tanto si invoca, professionale, certificato e di qualità ha un costo, un costo che ora gli editori non possono permettersi. Proliferano quindi le fake news (e il loro impatto anche nella creazione di consenso) e c’è anche una difficoltà delle stesse testate, di molte in Italia e non solo, nel difendersi da esse. Una formula unica per uscire dalla crisi ancora non è stata individuata e forse non c’è, ma per Battista “entrare” nel merito del dibattito in rete, punto per punto, sporcarsi le mani, non restare a guardarlo dall’altro, sarebbe già qualcosa.
Luciano Ghelfi
Riprende alcune parole chiave degli interventi precedenti, Luciano Ghelfi, per il suo. “Disintermediazione”: la crisi di un certo modo di fare giornalismo è evidente. “È cambiato tutto” e si è in debito di credibilità. Un “problema economico”? Sì. In 30 anni la vendita dei giornali di carta si è dimezzata, da 6 a 3 milioni, e la vendita di copie digitali copre appena un 10 per cento del calo. “Tutti giornalisti?” Questa è l’illusione che ha accompagnato l’avvento dei social media e anche se è vero che a volte da un video di un passante divenuto virale si sono addirittura sviluppati movimenti d’opinione e che tecnologie poco costose e accessibili a tutti, a tutti consentono di rappresentare quello che avviene e renderlo visibile al mondo intero, è anche vero che il giornalista non è solo un testimone, questo è il fraintendimento, è anche colui che dovrebbe spiegare, in questo senso “mediare”.
Ma questo, all’epoca della Rete, ha erroneamente perso valore. La difesa dalle fake news e dalla costrizione nelle bolle in cui ci confina l’algoritmo, prima che per via legislativa, per Ghelfi dovrebbe essere individuale, del singolo fruitore, che deve saper scegliere dove andare ad informarsi, verificare, confrontare. In poche parole, tenere gli occhi aperti. Gli strumenti per farlo, peraltro, ci sono. Su questo concorda anche Francesca Caferri, basterebbe comprare – e leggere – un giornale alla volta per esercitare un primo “pluralismo individuale”.
Come è evidente, è davvero impossibile esaurire una tematica così appassionante e che tocca da vicino ognuno di noi e le nostre scelte, anche politiche, nell’ora concessa al dibattito. Ma il confronto e il dubbio, le domande e la ricerca di risposta sono già una prima risposta. Quella di un impegno a capire, a comprendere un mondo dalla crescente complessità che tuttavia è questo, è oggi, il nostro mondo. E questo nel Rotary si fa, all’interno dei singoli Club, nel lavoro comune inter-club e con il Rotary International, con la freschezza dell’apporto dei più giovani nel Rotaract.