Il 25 gennaio del 2016 Giulio Regeni, dottorando italiano dell’Università di Cambridge, veniva rapito, torturato ed ucciso a Il Cairo. Il suo corpo venne ritrovato in una strada di Alessandria solo il 3 febbraio e fu riconosciuto dai genitori solo dalla “punta del naso”.
L’ultima sentenza della Corte Costituzionale e il rinvio a giudizio degli imputati
Con la sentenza n. 192 del 2023 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 420 bis c.3 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice proceda in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura. Questa decisione della Corte Costituzionale sblocca il processo e dà una svolta, seppur non decisiva, alla vicenda.
Il giudice per l’udienza preliminare ha, dunque, stabilito il rinvio a giudizio per i quattro funzionari egiziani imputati, nonostante l’impossibilità di notifica degli atti a causa della mancata cooperazione da parte delle autorità egiziane, che non hanno mai fornito all’Italia le indicazioni utili a rintracciare gli imputati.
La disciplina del processo in absentia, dunque, non si può risolvere in una immunità ostativa all’accertamento dei crimini di tortura e che lede e offende i diritti inviolabili della vittima. Resta comunque valido il diritto degli imputati a ottenere in ogni fase e grado del giudizio la riapertura del processo per il riesame del merito della causa.
I rapporti fra Italia ed Egitto
In questi lunghi otto anni si sono susseguiti numerosi governi ma nessuno di questi è riuscito ad esigere e garantire verità e giustizia per Giulio.
Le relazioni con l’Egitto sono storicamente molto importanti per il nostro paese e il mantenimento di questi rapporti ha oscurato l’attenzione verso il mancato rispetto dei diritti umani.
Al Sisi, infatti, prende il potere il 3 luglio 2013; il mese successivo iniziano le prime proteste per la destituzione dell’ex presidente Morsi e le forze di sicurezza egiziane attuano una feroce repressione nei confronti dei manifestanti. Furono ottocento le vittime in un solo giorno.
Il primo leader dei paesi occidentali a visitare il paese egiziano dopo la presa di potere da parte di Al Sisi nel 2013 fu proprio quello italiano. La mancata presa di posizione iniziale nei confronti di un governo che dimostrò da subito caratteri di assolutismo si palesò, in maniera drammatica, proprio con l’uccisione di Giulio Regeni tre anni dopo.
L’Italia non ha mai smesso di fornire armi e fare visite ufficiali in Egitto nel corso degli anni mentre la famiglia di Giulio Regeni continua a chiedere giustizia.
Verità e giustizia per Giulio Regeni
Il 15 gennaio scorso Giulio avrebbe compiuto 36 anni. La mamma Paola Deffendi, che non ha mai smesso insieme al marito Claudio Regeni di chiedere verità e giustizia per la morte del figlio, condivide sui social una colomba gialla e una citazione dell’artista Fernand Leger:
“Il colore è un bisogno umano come l’acqua e il fuoco. È una materia prima indispensabile alla vita”.
Elena Elisa Campanella