scomparsi 80mila turisti russi.
Fabio Mereu e Daniele Serra (Confartigianato Sardegna): “Le imprese sarde stanno assorbendo lo shock ma, per il futuro, soprattutto nell’energia, è necessario
attrezzarsi per avere delle soluzioni alternative”.
La crisi tra Russia e Ucraina, dopo 2 anni di crisi e violenze, sta
avendo conseguenze importanti sulle esportazioni dalla Sardegna verso
Mosca, San Pietroburgo e Kiev ma anche, e soprattutto, nei confronti
dell’incoming turistico sardo. Secondo le ultime rilevazioni dell’Ufficio Studi di Confartigianato Sardegna, su base Istat, in questi ultimi 24 mesi, l’export delle
piccole imprese isolane, come alimentari, abbigliamento, articoli in
pelle, macchinari e attrezzature, tessile, mobili, legno e sughero,
stampati ma anche prodotti chimici e di raffinazione, è crollato di 24
milioni: 22 verso la Russia, 2 verso l’Ucraina.
Il conflitto ucraino-russo, ha avuto un effetto indiretto anche su
30mila imprese sarde e circa 95mila addetti, a causa dei rincari delle
materie prime, dell’energia e dei carburanti, come gas, petrolio,
grano e alluminio. Il caro-carburanti ha colpito anche il trasporto
merci e persone, comprimendo i margini per 2.989 MPI con 10.815
addetti. Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina,
associate a costi crescenti delle forniture, hanno coinvolto le
imprese nei settori dell’alimentare, dei metalli e delle costruzioni,
un perimetro in cui operano 15.477 MPI con 41.189 addetti.
Come detto, la situazione sta mettendo sotto pressione anche il
turismo. Pesantissima la situazione a causa del rallentamento dei
flussi turistici: dal 2022 sono “scomparsi” dagli hotel, dagli
aeroporti, dai ristoranti, dalle spiagge e dai negozi ben 80mila russi
equivalenti a 400mila presenze. Il blocco dei vacanzieri dalla Russia,
inoltre, ha innescato effetti differenziati sul territorio. Tra le
regioni in cui la spesa dei turisti russi, in rapporto all’economia
del territorio, è più elevata, figura la Sardegna che conta 10.947 MPI
nell’alloggio e ristorazione, che danno lavoro a 40.247 addetti.
Le dichiarazioni
“Le imprese sarde stanno assorbendo lo shock e, rispetto a due anni fa
ci sono anche delle situazioni che stanno migliorando – sottolineano
Fabio Mereu e Daniele Serra, Presidente e Segretario di
Confartigianato Imprese Sardegna – la bolla dei prezzi energetici si
sta sgonfiando lentamente. Nel 2023 il prezzo all’ingrosso
dell’energia elettrica è ritornato sul livello medio del 2021, anche
se, in Italia, i prezzi al consumo dell’elettricità rimangono di molto
superiori ai livelli pre-crisi”. “Non possiamo fare molto per le crisi
internazionali – proseguono Mereu e Serra – ma è necessario
attrezzarsi per avere delle soluzioni alternative. Per questo
chiediamo una svolta nelle politiche ambientali ed energetiche,
puntando sulle fonti alternative e pulite per ridurre i costi a carico
delle nostre aziende che, nell’ultimo anno, hanno speso per
l’elettricità circa il 60% in più rispetto alla media dei competitor
dell’Eurozona e il 31,7% in più per il gas”. “Come fare? –
s’interrogano e concludono il Presidente e il Segretario di
Confartigianato Sardegna – eliminando la burocrazia e sbloccando gli
incentivi, come quelli per favorire l’autoproduzione di energia che
sono previsti nei progetti non attuati del Pnrr. Ma la transizione
energetica e ambientale si realizza anche con nuove politiche
formative, visto che le piccole aziende lamentano la difficoltà a
trovare migliaia di lavoratori con un alto profilo di competenze green
su quelli ricercati”.
A livello nazionale
Dopo una caduta del clima di fiducia delle imprese durata oltre sei
mesi dopo l’invasione, si è osservato un andamento ciclico
caratterizzato da una persistente incertezza. Pesanti le ricadute sui
prezzi dell’energia e sul costo del credito, mentre si è fortemente
ridotta la dipendenza energetica dalla Russia.
Nel 2023 i prezzi retail dell’energia elettrica e gas sono del 76,0%
superiori alla media di due anni prima. A dicembre 2023 i prezzi al
consumo di elettricità e gas rimangono del 30,1% superiori a quelli di
dicembre 2021.
L’Italia ha fortemente ridotto la dipendenza del gas dalla Russia. A
dicembre 2023 il gas in ingresso al Tarvisio, prevalentemente dalla
Russia, è crollato del 90,2% rispetto all’import del 2021, con un peso
sul totale delle importazioni di gas che nel 2023 scende al 4,6% dal
40,0% del 2021.
Lo shock inflazionistico determinato dai costi energetici ha indotto
una stretta monetaria da parte della Banca centrale europea di
intensità senza precedenti nella storia dell’euro. Il costo del
credito per le imprese in Italia nella media del 2023 è del 4,88%, 357
punti base superiore all’1,31% del 2021. A dicembre 2023 il costo del
credito per le imprese italiane è di 420 punti base superiore al
livello di fine 2021. Il caro-tassi riduce la domanda di credito: a
dicembre 2023 i prestiti alle imprese cedono del 3,7% su base annua
mentre due anni prima salivano dell’1,7%.
Lo shock energetico si trasmette sul costo delle materie prime: a
dicembre i prezzi alla produzione di beni intermedi, incorporati nella
produzione di altri beni, nel 2023 risultano del 17,0% superiori al
livello del 2021. I beni intermedi includono, tra gli altri, prodotti
chimici, metalli, prodotti in metallo e in legno, apparecchi
elettrici, e tessuti. Nel biennio in esame, il trend dei prezzi dei
beni intermedi supera quello dei prezzi alla produzione dei beni di
consumo (+15,4%) e dei beni intermedi (+12,3%).
La caduta della domanda conseguente alla guerra e le sanzioni hanno
pesantemente ridotto le esportazioni dirette verso i due paesi in
conflitto. Nel 2023 (ultimi dodici mesi a novembre) l’export verso la
Russia è sceso di 2,8 miliardi di euro, pari al 36,5% in meno,
rispetto a due anni prima. Anche l’export verso l’Ucraina, seppure
molto più contenuto, si è fortemente ridotto, calando di 357 milioni
di euro (-17,3%). Complessivamente sui due mercati interessati dal
conflitto le vendite del made in Italy sono scese di 3,1 miliardi di
euro (-32,4%).