Congedo parentale anche per le coppie gay. Inps condannato per discriminazione
Il Tribunale di Bergamo ha condannato l’Inps a modificare il portale informatico per le domande dei congedi genitoriali, stabilendo che è discriminatorio impedirne l’accesso alle famiglie omogenitoriali. L’Istituto di Previdenza dovrà provvedere entro due mesi e pagherà una sanzione di 100 euro per ogni giorno di ritardo.Congedo parentale anche per le coppie gay. Inps condannato per discriminazione
Roma, 14 Febbraio 2024:
Ciò che una parte sempre più ampia della società ritiene ormai una cosa normale – l’avere due mamme o due papà per un bambino – nel nostro Paese, non sempre trova applicazione anche al livello burocratico, legislativo o informatico. Ma c’è una svolta positiva per quel che riguarda il diritto delle coppie di lavoratori omosessuali di richiedere il congedo parentale. L’Inps, infatti, è stato condannato dal tribunale a modificare immediatamente il proprio portale web per consentire ai genitori dello stesso sesso di richiedere, entrambi, il congedo dal lavoro per stare accanto ai propri figli, secondo quanto è già stabilito dalla legge.
Alla notizia si interessa anche AppLavoro.it, la piattaforma per la ricerca e l’offerta occupazionale in Italia, da sempre attiva nel garantire pari opportunità di genere, anche nel mondo del lavoro, segue con attenzione l’evolversi di questa importante questione.
Il congedo parentale, infatti, può essere richiesto esclusivamente online accedendo, attraverso lo Spid o altre modalità, allo “Sportello Virtuale per i Servizi di Informazione e Richiesta di Prestazioni” del sito dell’Istituto di Previdenza.
A questo punto si apre la scheda coi dati anagrafici del lavoratore o della lavoratrice: nome, cognome, data e luogo di nascita, codice fiscale ma anche il sesso. Il sistema, tuttavia, classificando le coppie solo attraverso “F” e “M”, di fatto, impedisce al secondo genitore di richiedere l’astensione dal lavoro per stare accanto al proprio figlio.
Ma il giudice ha stabilito che i parametri utilizzati dall’Inps per la ricezione delle domande sono discriminatori nei confronti delle coppie omogenitoriali, dunque dovrà adeguarsi in fretta affinché i lavoratori e le lavoratrici con figli possano richiedere i permessi in quanto “genitore” e non necessariamente “madre” o “padre”.
Ricordiamo che il congedo parentale è un periodo di astensione dal lavoro per i genitori previsto per legge e regolato da un’apposita norma, il “Testo unico sulla maternità e paternità”, introdotto nel 2001.
Lo scopo di questo congedo è permettere a dipendenti, autonomi e iscritti alla gestione separata dell’Inps di conciliare le esigenze lavorative con quelle famigliari, garantendo contemporaneamente una tutela economica e il tempo alla famiglia.
Va notato che il “congedo parentale” è diverso dal “congedo di maternità” e dal “congedo parentale per il padre”: quest’ultimo è disciplinato dal decreto legislativo 151/ 2001, è obbligatorio, ha una durata di dieci giorni (o venti, in caso di parto plurimo), deve essere richiesto a partire dai due mesi che precedono la nascita del bambino e non oltre i cinque mesi successivi, è riservato ai soli dipendenti e garantisce un’indennità pari al 100% dell’ultima retribuzione del genitore, che è totalmente a carico dell’Inps, sebbene il datore di lavoro debba anticiparla e poi chiederne il rimborso.
Il congedo parentale, invece, è facoltativo, possono richiederlo dipendenti, liberi professionisti e autonomi, lavoratori a tempo determinato, stagionali, a progetto, titolari d’assegno di ricerca e co.co.co nella Pubblica Amministrazione.
Si tratta di un diritto riconosciuto dalla legge, dalla durata variabile. Tuttavia, per ciascuna categoria sono richiesti requisiti basati sulla tipologia di lavoro (subordinato o autonomo), sul genere del genitore e relativi al versamento dei contributi nei mesi precedenti la domanda.
Accogliendo il ricorso della Cgil e dell’Avvocatura per i diritti Lgbt+, il tribunale ha accertato l’esistenza di una “ingiustificata discriminazione a danno dei genitori dello stesso sesso” già tali per i registri italiani dello Stato civile, assegnando all’Inps un termine di due mesi per modificare il portale web e prevedendo una sanzione di 100 euro per ogni giorno di ritardo.