La Grande Prosa : “Oja, o Ma’” lo spettacolo tratto dal libro di Francesco Abate
Teatro dallarmadioOja, o Ma’ liberamente tratto da “Mia madre e altre catastrofi” di Francesco Abate, traduzione in lingua sarda di Cristian Urru con Rossella Faa e Fabio Marceddu, elaborazioni e incursioni musicali di Antonello Murgia, adattamento e regia Fabio Marceddu | in collaborazione con Antonello Murgia – Venerdì 23 febbraio – ore 21 – Cine/Teatro “Olbia” – Olbia.
La Grande Prosa : “Oja, o Ma’” lo spettacolo tratto dal libro di Francesco Abate
Storie di famiglia – tra i ricordi d’infanzia e le trasformazioni e le scoperte dell’adolescenza, le avventure marine e le lunghe e complesse degenze ospedaliere, fino all’inevitabile passaggio all’età adulta – con “Oja, o Ma’”, intrigante e divertente spettacolo del Teatro dallarmadio, liberamente tratto da “Mia madre e altre catastrofi” di Francesco Abate nella traduzione in lingua sarda di Cristian Urru, con Rossella Faa e Fabio Marceddu e le elaborazioni e incursioni musicali di Antonello Murgia, con drammaturgia e regia di Fabio Marceddu in collaborazione con Antonello Murgia, in cartellone DOMANI (venerdì 23 febbraio) alle 21 al Cine/Teatro “Olbia” di Olbia per la Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni e con il patrocinio ed il sostegno del Comune di Olbia, della Regione Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura ed il contributo della Fondazione di Sardegna. organizzata dal CeDAC Sardegna.
Una pièce dolceamara e dal sapore quasi (auto)biografico incentrata sulla figura della madre, una donna moderna e evoluta ma che incarna anche antichi saperi e arcaiche tradizioni, e appare agli occhi del figlio bambino come una sorta di divinità potente e terribile ma anche protettiva e benevola, capace di sciogliere nodi e enigmi e spiegare la complessità dell’universo, di intercedere presso il mondo degli adulti come di impartire temibili punizioni con finalità educativa. Nelle cronache del quotidiano, emerge il ritratto di una donna formidabile, irrimediabilmente simpatica, nonostante le asperità del carattere, dotata di uno spiccato senso dell’umorismo oltre che di una lucida e acuta capacità di giudizio, consapevole della propria autorità e del proprio ruolo sociale, delle proprie responsabilità (e di quelle altrui) ma in grado di apprezzare gli aspetti piacevoli dell’esistenza, sincera fino alla crudeltà, generosa, amata e rispettata dai figli come dai vicini di casa. Una “mangiatrice di tigri” che di fronte alle avversità non si tira indietro né si lascia vincere dallo sgomento, una madre attenta e premurosa ma non troppo, tanto da concedere ai figli quel grado di autonomia ch’ella reputa sufficiente e necessario, senza l’obbligo di doversi spiegare di fronte a una comunità non ancora abbastanza matura da comprendere l’importanza dell’emancipazione e forse neppure il valore della libertà.
Le conversazioni trasferite sulla pagina dalla penna raffinata di Francesco Abate assumono valore emblematico e, talvolta, anche toni surreali: il giornalista e scrittore, firma de L’Unione Sarda e autore di romanzi come “Mister Dabolina”, “Il cattivo cronista”, “Ultima di campionato” e “Così si dice”, accanto a “Mi fido di te” e “L’albero dei microchip” pensati e scritti insieme con Massimo Carlotto, tra cronaca e noir, l’intenso “Chiedo scusa”, a quattro mani con Saverio Mastrofranco (alias Valerio Mastandrea), “Il Corregidor”, tra storia e mistero, scritto con Carlo Augusto Melis Costa e infine la fortunata serie di gialli incentrati su Clara Simon, intraprendente giornalista investigativa sullo sfondo della Cagliari dei primi del Novecento, da “I delitti della salina”, “Il complotto dei Calafati” a “Il misfatto della tonnara”, trova in “Mia madre e altre catastrofi” la chiave per raccontare l’età dell’innocenza e i furori e i turbamenti adolescenziali, e pure le intemperanze della prima gioventù, ma soprattutto per rendere omaggio alla forza e al coraggio, alla saggezza e alla gentilezza di una donna forgiata dalla durezza della vita.
“Oja, o Ma’” – sulla falsariga del libro – è un racconto per quadri, in un susseguirsi di sapidi sketches in cui l’ingenuità infantile, che lascia il posto a una nuova malizia e poi a una crescente consapevolezza, permette di indagare su questioni fondamentali, come i legami d’affetto e di sangue, l’amicizia e le relazioni umane, ma anche le zone d’ombra, la malattia e il dolore, la paura e la speranza, la consapevolezza precoce della fragilità e fugacità dell’esistenza. Nello stile diretto e immediato di una inedita “madre coraggio” disposta a farsi carico, suo malgrado, di sofferenze e preoccupazioni (quasi) insostenibili e di marciare a testa alta nel mondo, prendendosi cura della sua famiglia e nei suoi cari senza inutili sdolcinatezze con il suo silenzioso e solitario eroismo quotidiano, tra una frase tranchant e un accenno di inattesa bonomia, emergono i paradossi e le contraddizioni della società, insieme a un vivido spaccato della realtà cagliaritana.
“Oja, o Ma’” – in una duplice versione con la cantastorie Rossella Faa, eclettica cantante, compositrice e performer, protagonista accanto all’attore e regista Fabio Marceddu (come nell’appuntamento gallurese), in alternanza all’attrice Lia Careddu – trasporta e fa rivivere sulla scena personaggi e situazioni di questa cronaca familiare, arricchendole con le inflessioni de sa limba sarda. «Tornare alla lingua Madre per parlare della Madre per eccellenza, questo è quello che ci permette di fare questa traduzione della esilarante “Mia madre e altre catastrofi” di Francesco Abate nella versione in sardo di Cristian Urru. Per noi» – affermano Fabio Marceddu e Antonello Murgia – «avvicinarci alla Madre di Abate e diventare parte dei suoi cantori è un modo per raccontare la Madre Sarda, nella sua variante casteddaia, una madre granitica e ironica, che non si fa schiacciare dalle sofferenze e dal destino che a volte infierisce, ma che anzi lo domina come una tigre, insegnando ai più deboli a diventare più forti. La riduzione, necessaria per la rilettura si affida al gioco delle parti, dove tutti diventano madri, figlio ed altri attori di questo scenario che è insieme calvario e redenzione, percorso necessario per ritrovarsi, dove Mamai, grande madre, è contemporaneamente “formatrice e lenitrice».
Una trasposizione, dalla pagina al palco, in qualche modo prevista e auspicata dall’autore: «Ho sempre guardato al teatro e al cinema ogni volta che ho scritto un libro» – dice Francesco Abate –. «Quando con Cristian Urru abbiamo messo mano alla versione in sardo di “Mia madre e altre catastrofi” da subito abbiamo sperato che una compagnia teatrale facesse suo questo testo e, secondo la tradizione del teatro dialettale, portasse la storia in giro per le piazze. Il fatto che questo stia accadendo è la soddisfazione più grande. Ancor di più vedere un teatro a Cagliari riempirsi (tanto da richiedere le repliche) per un’opera interamente recitata in sardo». E ora la pièce sbarca nel Nord dell’Isola, con la sua carica ironica e icastica, per far sorridere e pensare, rispecchiandosi in questa immagine della “maternità” fuori dalle righe, anche il pubblico olbiese.
PROSSIMI APPUNTAMENTI
La Stagione de La Grande Prosa a Olbia prosegue con un ritratto di famiglia (in un inferno) – mercoledì 6 marzo alle 21 – con “456”, una commedia “nera” scritta e diretta da Mattia Torre e interpretata da Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri e Cristina Pellegrino con la partecipazione di Giordano Agrusta sulla difficile e forzata convivenza tra individui che non si amano e non si sopportano, in una casa isolata in mezzo a una valle (produzione Marche Teatro – Nutrimenti Terrestri – Walsh). Nella solitudine e nel vuoto di una terra desolata, i personaggi tirano fuori il peggio di sé: «padre, madre e figlio sono ignoranti, diffidenti, nervosi» – si legge nelle note –. «Si lanciano accuse, rabboccano un sugo di pomodoro lasciato dalla nonna morta anni prima, litigano, pregano, si odiano. Ognuno dei tre rappresenta per gli altri quanto di più detestabile ci sia al mondo». Una tregua necessaria, in attesa di un ospite «che può e deve cambiare il loro futuro» rivela le forte tensioni nell’aria, e comunque non durerà. “456” – da cui è stato tratto l’omonimo sequel televisivo in onda su La7, e pure il libro “4 5 6 / Morte alla famiglia”, edito da Dalai – nasce da una visione dell’Italia come astratta convenzione geografica, non corrispondente quindi a una vera comunità, ma un insieme disordinato e casuale di persone indifferenti o addirittura maldisposte le une contro le altre, interessate solo al proprio benessere e al proprio tornaconto. Un sentimento di estraneità che inizia tra le mura domestiche, all’interno del nucleo fondante, la famiglia, che diventa così crogiolo di veleni pronti a diffondersi nella società.
Una pagina (quasi) dimenticata della storia del Novecento – venerdì 22 marzo alle 21 – con “Palma Bucarelli e l’altra Resistenza” di e con Cinzia Spanò, con allestimento tecnico di Giuliano Almerighi, video a cura di Francesco Frongia, scene e costumi di Saverio Assumma De Vita e sound design di Alessandro Levrero (aiuto regista Valeria Perdonò), una pièce avvincente che attraverso documenti, diari e interviste ricostruisce il salvataggio delle opere d’arte in Italia durante la seconda guerra mondiale (produzione Teatro dell’Elfo). Nel giorno dell’invasione della Polonia da parte delle armate tedesche, il ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai ordinò una ricognizione delle condizioni di sicurezza di musei e gallerie d’arte: di fronte all’ipotesi di un conflitto, si decise di trasferire i capolavori dei grandi maestri per sottrarli ai bombardamenti e alle incursioni nemiche. Una missione difficile e rischiosa, in cui si impegnarono in prima persona studiosi ed esperti del calibro di Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens e Emilio Lavagnino, oltre alla stessa Palma Bucarelli, donna libera e volitiva, direttrice della Galleria d’Arte Moderna di Roma, che nascose le opere d’arte nei sotterranei di Palazzo Farnese a Caprarola. In uno scenario mutevole alle devastazioni degli ordigni si aggiunsero l’avidità e la spregiudicatezza delle forze di occupazione: storici dell’arte e direttori di musei difesero dalle razzie, a rischio della propria incolumità, un patrimonio inestimabile comprendente opere dei più grandi artisti italiani ed europei.
Una singolare “ricetta” per riconquistare l’amore di una donna – venerdì 5 aprile alle 21 – con “L’Anatra all’Arancia”, scoppiettante commedia di William Douglas-Home e Marc-Gilbert Sauvajon, con Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli accanto a Ruben Rigillo e Beatrice Schiaffino, e con Antonella Piccolo, con scene di Fabiana di Marco, costumi di Alessandra Benaduce e disegno luci di Massimo Gresia, per la regia di Claudio Greg Gregori (produzione Compagnia Molière, in coproduzione con il Teatro Stabile di Verona). La pièce racconta il tentativo di un marito, colpito forse da tardiva gelosia, di persuadere la moglie, stanca della sua infedeltà e della sua indifferenza e decisa a rifarsi una vita accanto ad un altro uomo, a cambiare idea e rinunciare alla separazione: un’idea stravagante, come l’invito rivolto alla donna e al suo futuro compagno, che include anche una seducente segretaria. “L’Anatra all’Arancia” – come si legge nella presentazione – «è un classico feuilleton dove i personaggi si muovono algidi ed eleganti su una scacchiera irta di trabocchetti; ogni mossa dei protagonisti, però, ne rivela le emozioni, le mette a nudo a poco a poco e il cinismo lascia il passo ai timori, all’acredine, alla rivalità, alla gelosia; in una parola all’Amore». Una commedia divertente e piena di coups de théâtre in cui i personaggi mostrano la loro fragilità e le loro debolezze, le loro inclinazioni e le loro aspirazioni: così il grande seduttore e “gourmand” si scopre ancora innamorato della moglie, lei pare quasi indecisa tra i due uomini e la segretaria aggiunge una nota “piccante” alla trama, tra spunti di riflessione e ironia.
Storia di un campione, icona dello sport mondiale – venerdì 19 aprile alle 21 – con “Number 23 / Vita e splendori di Michael Jordan”, il nuovo spettacolo di Federico Buffa, protagonista sulle note del pianoforte di Alessandro Nidi: il celebre giornalista rievoca le epiche imprese di uno dei più grandi giocatori di pallacanestro di tutti i tempi, in un monologo avvincente che mette in luce il talento e le capacità di un atleta (e un uomo) straordinario (produzione International Music and Arts). Mito del basket, capace di cambiare il destino di una squadra e le sorti di un torneo, Michael Jordan con la sua personalità e il suo carisma ha conquistato il pubblico, costruendo e reinventando la propria immagine: «le sue prodezze sul parquet dal 1984 al 2003 sono state linfa e traino della sua narrazione una volta diventato imprenditore, proprietario di uno dei marchi sportivi più riconoscibili al mondo» – sottolinea Federico Buffa –. «Quando arriva nella Lega riesce sin da subito a far capire a campioni dello spessore di Magic Johnson e Larry Bird quale sia la sua pasta, nonostante la giovane età». Una carriera costellata di successi, che fa di MJ un vero eroe moderno, con le sue incertezze, il suo coraggio e la sua determinazione: «una cavalcata che lo porta a vincere sei titoli NBA e ad infrangere record individuali e di squadra: numeri che raccontano soltanto in parte però la grandezza di un personaggio difficile da limitare e restringere all’interno del recinto delle statistiche». Oltre agli ori olimpici e alle vittorie con la nazionale, accanto alle indimenticabili stagioni con i Chicago Bulls, Michael Jordan ha ricevuto dal presidente Barack Obama la Presidential Medal of Freedom.
La Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa al Cine/Teatro “Olbia” di Olbia è organizzata dal CeDAC/ Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna, con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, dell’Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport della Regione Autonoma della Sardegna, dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Olbia e con il contributo della Fondazione di Sardegna e il supporto di Sardinia Ferries, che ospita sulle sue navi artisti e compagnie in viaggio per e dalla Sardegna.
INFO & PREZZI
abbonamento a 8 spettacoli:
110 euro
biglietti:
posto unico 16 euro
biglietteria online: www.cinemaolbia.it
info: tel 0789.28773 – cell. 329.8408584