Le violazioni della proprietà intellettuale sono ancora molto diffuse tra i giovani – Una ricerca dell’Ufficio UE per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) e Skuola.net
Giovani “pirati” tra prodotti falsi, streaming illegali, app “craccate”: le violazioni della proprietà intellettuale sono ancora molto diffuseLe violazioni della proprietà intellettuale sono ancora molto diffuse tra i giovani
Una ricerca condotta da Skuola.net nell’ambito di un progetto sostenuto dall’Ufficio UE per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) mostra come i prodotti e i servizi che aggirano le leggi sulla tutela del diritto d’autore abbiano presa anche sulle nuove generazioni. Ma cambiano le dinamiche. I decoder illegali, i cosiddetti “pezzotti”, sono ormai stati soppiantati dallo streaming pirata online e dagli abbonamenti condivisi, anche con sconosciuti. In tanti però vorrebbero sapere come migliorare i propri comportamenti
- Una ricerca del portale Skuola.net fa il punto sulla diffusione delle violazioni della proprietà intellettuale tra i giovani, intervistando ben 2.500 persone di età compresa tra gli 11 ed i 25 anni.
- Ben 2 su 3 guardano film, serie tv o sport tramite siti “pirata”; 1 su 2 condivide fuori dal nucleo famigliare le password dei servizi di streaming; 3 su 10 usano applicazioni e programmi “craccati” per evitare di pagare abbonamenti.
- Anche l’acquisto di prodotti falsi è molto diffuso: 4 su 10 comprano accessori tecnologici “cloni” degli originali, 1 su 3 acquista vestiario di marca contraffatto.
- Quasi la metà (46%) ammette di non avere informazioni sufficienti in materia. Ma la stessa quota (46%) vorrebbe saperne ancora di più.
Giovani “pirati” crescono: purtroppo le violazioni della proprietà intellettuale restano una consuetudine diffusa anche tra le nuove generazioni. Tre i settori più colpiti: l’abbigliamento, il tech e l’intrattenimento online. Circa 1 ragazzo su 3 (33%) ammette, infatti, di aver comprato almeno una volta un vestito, un paio di scarpe o un accessorio di marca falso. Oltre 4 su 10 (42%) hanno fatto lo stesso con i prodotti tecnologici “cloni” degli originali.
Ma online le cose vanno anche peggio
Ad esempio, a ben 2 giovani su 3 (66%) è capitato di guardare film, serie tv o eventi sportivi usando siti pirata. E anche quando si paga, non sempre si rispettano le condizioni d’utilizzo: 1 su 2 (50%) è solito usare password condivise con persone al di fuori del nucleo familiare per accedere ai servizi di streaming, come Netflix o Spotify. Non mancano poi quelli che a pagare non ci pensano proprio: 3 su 10 (30%) utilizzano app e software “craccati” per evitare di sottoscrivere un abbonamento.
L’unica nota lieta è che, per fortuna, sembra essere al tramonto l’era del decoder che permette di vedere gratis i canali satellitari o a pagamento, il cosiddetto “pezzotto”: l’11% l’ha sperimentato in famiglia, ma quasi la metà di questi lo ha presto abbandonato, cosicché oggi solo un esiguo 6% lo possiede ancora.
A tratteggiare questo identikit è il portale Skuola.net, che ha intervistato 2.500 giovani tra gli 11 ed i 25 anni, nell’ambito di “No Fake, Be Real”, un’iniziativa sostenuta dall’EUIPO, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale.
Se quanto appena illustrato non bastasse, l’indagine mostra anche come, per una parte consistente degli intervistati, l’attacco al diritto d’autore e alle opere d’ingegno sia una costante. E se nel caso del vestiario e della tecnologia, mediamente “solo” per 1 su 10 è un’abitudine cercare prodotti contraffatti, per quanto riguarda lo streaming illegale o in violazione dei termini di contratto previsti dalle varie piattaforme la quota si impenna, comprendo un terzo del campione (33%).
Molto spesso, ciò che sembra mancare è la piena consapevolezza delle conseguenze di questi comportamenti
Da un lato, infatti, quasi 1 su 3 (31%) cede alla tentazione del risparmio pur cosciente di eventuali possibili conseguenze. Ma è ancora più preoccupante la quota di coloro – 1 su 5 (20%) – che non si rendono conto di alimentare sacche di illegalità e di danneggiare nel contempo i fautori di quei contenuti o di quei prodotti tanto amati.
Una sottovalutazione che, all’atto pratico, si può tradurre persino in una sorta di effetto emulazione. Nonché nell’esposizione a rischi onestamente evitabili. Alcuni esempi? Ben il 20% ha acquistato le credenziali degli account condivisi da sconosciuti, mentre il 24% ha condiviso ad altri le proprie, aprendo quindi a una diffusione non controllata di dati personali.
Eppure il terreno su cui impostare un cambio di rotta c’è. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, c’è una metà di giovani (49%) che evita di prendere le scorciatoie di cui si è parlato sinora proprio perché ben conscia che, facendolo, entrerebbe nel circolo vizioso. Per attirare anche gli altri in un circuito virtuoso, potrebbe essere sufficiente lavorare per intensificare la sensibilizzazione sul tema.
Come tenta di fare la stessa EUIPO, che favorisce la realizzazione di iniziative di sensibilizzazione nei paesi dell’Unione
Tra cui spicca “No Fake, Be Real”, un progetto didattico che ha lo scopo di coinvolgere le nuove generazioni attorno al concetto di proprietà intellettuale, facendolo nei luoghi che frequentano tutti i giorni, dalle piattaforme online a i banchi di scuola. Puntando sui docenti, mettendo loro a disposizione un kit didattico per sviluppare questi temi nell’ambito delle ore di Educazione civica. Cercando, in questo modo, di trasmettere una cultura della proprietà intellettuale a 360 gradi, puntando sul concetto che i prodotti contraffatti o i servizi online pirata possono arrecare problemi di salute e sicurezza, oltre che conseguenze di natura legale e danni al settore produttivo.
Di questi temi, infatti, di solito non si parla molto nei contesti educativi formali: solo il 21% degli intervistati li ha approfonditi a scuola. Per il 46% è invece proprio tabula rasa: nemmeno da autodidatta hanno avuto l’occasione di interessarsi della questione. Ecco perché, forse, quasi 1 su 2 (46%) vorrebbe saperne di più, magari grazie al supporto di esperti dell’argomento, per essere sempre più consapevole delle proprie azioni. Anche perché se tra di loro ci fosse un creatore di un’opera di ingegno, solo il 13% saprebbe come tutelarla.