Salute, Ceccarelli Segretario Nazionale Coina (Coordinamento Infermieristico Autonomo). Ecco perché l’arrivo dei colleghi professionisti stranieri rischia di peggiorare la già difficile situazione del nostro Sistema Sanitario
ROMA 20 FEB 2024 – «Ricostruire il nostro sistema sanitario, nelle intenzioni del Governo, vuol dire, davvero, limitarsi esclusivamente a tappare le falle delle carenze di personale, affidandosi a professionisti stranieri, che non conoscono di fatto la nostra lingua e che potrebbero possedere titoli di studio non confacenti alla complessità del nostro sistema sanitario e soprattutto non equiparati a quelli da noi richiesti?
Siamo di fronte ad un quesito che, in questo momento storico, è più che mai doveroso.
Il recente scandalo che ha travolto, come un fiume in piena, il Regno Unito (700 infermiere nigeriane che avevano falsificato l’esame di idoneità per approdare in Europa), riapre il rigoroso interrogativo circa il controllo dell’idoneità professionale che, come noto, nel nostro sistema sanitario, compete agli Opi, gli Ordini Professionali.
Non condividiamo affatto la decisione di inserire la possibilità di esercitare la Professione Infermieristica per i professionisti stranieri, in deroga all’iscrizione all’Albo Professionale, fino al 31 Dicembre 2025, con la possibilità di ottenere il riconoscimento del solo titolo di Studio dalla Regione territorialmente competente; tale previsione, originariamente pensata nel periodo pandemico ha la finalità di arruolare quanto più velocemente possibile personale nelle nostro strutture sanitarie.
E’ davvero quello di cui abbiamo bisogno per elevare la tutela della qualità delle nostre prestazioni sanitarie, al servizio della collettività?
Abbiamo voluto, attraverso una nostra indagine interna, ascoltare la voce di numerosi nostri iscritti, da Nord a Sud, e il clima che si respira è decisamente quello di un malcontento generale.
Prima del decreto la norma rendeva possibile l’esercizio delle professioni sanitarie in Italia, a quelli che hanno conseguito il titolo all’estero dopo la rigorosa verifica da parte del Ministero della Salute che il percorso didattico fosse conforme o semi conforme a quello italiano. Se non era conforme, il professionista era tenuto a sostenere degli esami per compensare.
Ora è sufficiente che il richiedente presenti una copia autenticata del titolo conseguito all’estero e del certificato di iscrizione al corrispettivo del loro Ordine Professionale e lo presenti presso un Ufficio Regionale per vedersi automaticamente concessa la possibilità di poter esercitare la delicata Professione Sanitaria sul nostro territorio. Tutto questo fino alla fine del 2025.
I nostri professionisti, legittimamente, temono che la presenza di infermieri stranieri “gettati frettolosamente nella mischia”, nella nostra sanità pubblica e in quella privata, allo scopo di tappare le carenze di personale, possano tradursi in ulteriori disagi per una sanità pubblica già ampiamente in affanno.
Prima tutto la perplessità è proprio legata ad una norma che, “velocizzando” di fatto le autorizzazioni per poter lavorare nel nostro sistema sanitario, non solo rischia di mettere di fronte ai pazienti, ai soggetti fragili, professionisti che conoscono a sufficienza la nostra lingua e la complessità del nostro sistema sanitario, ma potrebbero di fatto possedere un titolo di studio non consono alle responsabilità che li attendono.
In una equipe sanitaria, i nostri professionisti italiani, finirebbero con l’essere costretti a vigilare sulle mancanze dei colleghi stranieri.
E di certo, già gravati da turni massacranti legati alla carenza di personale, non avrebbero bisogno di ulteriori macigni da portare sulle spalle».
Così Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina, Coordinamento Infermieristico Autonomo.