Di Giacomo (S.PP.) – Militari per pattugliare il perimetro esterno del carcere di Badu ‘e Carros, a Nuoro è l’esempio più clamoroso del fallimento della gestione del sistema penitenziario
“C’è tanto personale penitenziario nuovo assunto negli ultimi tempi, come vorrebbero farci credere, che si chiama l’esercito per pattugliare il perimetro esterno del carcere di Badu ‘e Carros, a Nuoro”: è il commento del segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, Aldo Di Giacomo, per il quale “il ricorso ai militari per servizi di vigilanza e controllo del carcere sardo e che, se si prosegue con questo sistema, tra poco sarà esteso ad altre carceri, è l’esempio più clamoroso del fallimento della gestione del sistema penitenziario. Si abbia allora la faccia di ammettere che le carceri vanno trasferite all’Esercito Italiano perché – continua Di Giacomo – non si è in grado di trovare risposte e soluzioni all’emergenza che si protrae a causa del sovraffollamento, degli organici ridotti ed inadeguati, al costante aumento di suicidi e di aggressioni al personale. Noi continuiamo a chiedere un “segnale forte”: le dimissioni del sottosegretario Andrea Delmastro che ha la delega alle carceri. Basterebbe solo riferire le parole che Delmastro ha usato per commentare le nuove insegne che saranno consegnate al personale penitenziario come se i distintivi sulle divise servissero a ridare dignità al Corpo che continua a subire pesanti penalizzazioni e sottovalutazioni. Per il sottosegretario – che si dice “fiero e orgoglioso” – le nuove insegne sarebbero “un segno tangibile di impegno”.Purtroppo, Ministero alla Giustizia e Amministrazione Penitenziaria dimostrano tutt’altro, vale a dire totale incapacità, mentre la politica non è in grado di reagire, accrescendo i sentimenti di delusione per le aspettative innescate con il nuovo Governo e la frustrazione del personale. Sembrava che il decreto sicurezza approvato di recente dal Governo avesse potuto dare una prima inversione di tendenza. Invece – aggiunge Di Giacomo – l’Amministrazione Penitenziaria somiglia al gambero che fa un passo avanti e subito dopo due indietro. L’impegno di nuove assunzioni, la dotazione di strumentazioni e abbigliamento per il personale sinora in forte carenza ed inadeguatezza non possono bastare per affrontare la complessa situazione. C’è bisogno di un segnale forte e di uomini di spessore e capacità di affrontare attraverso un dialogo sindacato di categoria-Ministero su basi più avanzate e concrete per perseguire l’obiettivo di un modello di sistema carcerario più vicino a chi lavora negli istituti e a chi è detenuto”.
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