CeDAC / La Grande Prosa: “456” di Mattia Torre DOMANI (mercoledì 6 marzo) h 21 a Olbia, giovedì 7 h 21 ad Alghero e venerdì 8 h 21 a San Gavino Monreale
Viaggio negli abissi dell’animo umano, tra oscure passioni e pulsioni e desideri inconfessati, con “456”, caustica e nerissima commedia scritta e diretta da Mattia Torre, uno degli autori più originali e brillanti del panorama italiano, prematuramente scomparso nel 2019 (una produzione di Marche Teatro, Nutrimenti Terrestri e Walsh), in cartellone mercoledì 6 marzo alle 21 al Cine/Teatro “Olbia” di Olbia, giovedì 7 marzo alle 21 al Teatro Civico “Gavì Ballero” di Alghero e venerdì 8 marzo alle 21 al Teatro Comunale di San Gavino Monreale sotto le insegne della Stagione 2023-2024 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni e con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Sardegna e dei Comuni aderenti al Circuito e il contributo della Fondazione di Sardegna.Lo spettacolo “456” di Mattia Torre domani in scena a Olbia
Sotto i riflettori Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino e Carlo De Ruggieri, insieme con Giordano Agrusta, nei ruoli rispettivamente di padre, madre e figlio, unici componenti di una famiglia che vive in mezzo al nulla, in una casa isolata al centro di una remota vallata e di un ospite ansiosamente atteso, un uomo misterioso e importante, che potrebbe cambiare il loro futuro.
Nella pièce vengono narrati i preparativi per la ricca cena in onore del visitatore, con un rigido rituale cui attenersi per accattivarsi la sua simpatia e conquistare la sua benevolenza, prima di avanzare la fatidica richiesta, mentre affiorano le tensioni e i contrasti tra i personaggi, insieme al carattere di ognuno di essi, le sue aspirazioni e le piccole manie e ossessioni, come il mitico sugo lasciato in eredità dalla nonna e conservato sul fuoco con devozione quasi religiosa. Una mise en scène scarna e essenziale, in cui si alternano i gesti di una collaudata routine domestica e le “prove” per la “recita” con cui ammaliare e lusingare l’illustre invitato, tra “monologhi” in forma di preghiera rivolti a una divinità irraggiungibile e sconosciuta e aspri litigi con subitanee esplosioni di violenza, dove si ribadisce il potere maschile nell’ambito di una struttura patriarcale, ma anche la crudeltà femminile, sullo sfondo di una generale infelicità, per una storia “emblematica” che mette in luce i nodi irrisolti e le criticità della famiglia tradizionale in una situazione “estrema”.
Imprigionati in un’unica stanza che funge da cucina e sala da pranzo, fulcro di una dimora non lussuosa, evocata dalla scenografia di Francesco Ghisu, con disegno luci di Luca Barbati e costumi di Mimma Montorselli (assistente alla regia Francesca Rocca, movimenti di scena a cura di Alberto Bellandi), i tre protagonisti condividono la dimensione dell’attesa, coltivando in segreto le proprie ambizioni: il figlio vorrebbe “liberarsi” e trasferirsi altrove, magari nella capitale, mentre il padre mira a una sistemazione definitiva, molto concreta e “terrena” e la madre, pur apparentemente sottomessa al marito, rivendica la sua volontà e i suoi diritti, attaccandosi a un oggetto particolare, una “tiella” imprestata e mai restituita, simbolo delle sue capacità di cuoca e padrona di casa. Sull’arrivo dell’ospite si concentrano tutte le loro speranze, mentre un fastidioso vento di libeccio imperversa sulla vallata, suscitando timore e inquietudine: quell’uomo sembra possedere le chiavi del loro destino e la necessità di accoglierlo nel migliore dei modi impone una temporanea tregua, tra nuovi dissidi e antichi rancori. Tra quelle quattro mura, che dovrebbero rappresentare una barriera e una protezione contro le minacce provenienti dall’esterno, si consuma una silenziosa tragedia, dove ciascuno è insieme vittima e carnefice, dal marito e padre tiranno alla moglie succuba alla creatura cresciuta in quella insana mescolanza di amore e odio, al riparo dai mali e dalle tentazioni del mondo, ormai sulla soglia della giovinezza, o meglio di una tardiva adolescenza, ma non ancora in grado di ribellarsi e farsi artefice della propria vita.
“456″, intenso e surreale atto unico – da cui è stato l’omonimo sequel televisivo, trasmesso su La7 all’interno di “The show must go off” di Serena Dandini oltre al libro “4 5 6 / Morte alla famiglia”, edito da Dalai – disegna uno spietato ritratto di famiglia (in un inferno): una pièce teatrale che mette in discussione modelli e stereotipi culturali, attraverso una vicenda paradossale in cui si affrontano le dinamiche “pericolose” e i fragili equilibri (anche) nella sfera degli affetti con feroce e dissacrante humour nero. Un’opera che riflette la cifra ironica e grottesca della scrittura di Mattia Torre, artista eclettico e apprezzato da pubblico e critica, dagli esordi teatrali con “Io non c’entro“, “Tutto a posto”, “Piccole anime” e “L’ufficio”, al fortunato “In mezzo al mare” con Valerio Aprea e “Migliore”, portato al successo da Valerio Mastandrea, poi il folgorante “Qui e Ora”, e ancora testi come “Gola” e “Perfetta” e i corti “Il figurante” e “Sopra di noi”; dal libro “Faleminderit Aprile ’99 in Albania durante la guerra” a programmi come “Parla con me” di Serena Dandini e serie tv come “Buttafuori” e “Boris”, oltre all’omonimo film, e “La linea verticale”, e sceneggiature cinematografiche, da “Piovono Mucche” di Luca Vendruscolo a “Figli” con Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi, con cui ha vinto il Premio David di Donatello nel 2021.
Una fotografia del Belpaese tra Novecento e Terzo Millennio, con le regole non scritte di una sudditanza plurisecolare verso i potenti di turno, perpetuate in un sistema clientelare per cui ogni cosa, da un’opportunità di lavoro a un’abitazione decente, dipende da una raccomandazione, e non valgono o almeno non bastano studio e talento, capacità e intraprendenza, ambizione e determinazione. «“4 5 6” nasce dall’idea che l’Italia non è un paese, ma una convenzione» – afferma Mattia Torre –. «Che non avendo un’unità culturale, morale, politica, l’Italia rappresenti oggi una comunità di individui che sono semplicemente gli uni contro gli altri: per precarietà, incertezza, diffidenza e paura; per mancanza di comuni aspirazioni. “4 5 6” è una commedia che racconta come proprio all’interno della famiglia – che pure dovrebbe essere il nucleo aggregante, di difesa dell’individuo – nascano i germi di questo conflitto: la famiglia sente ostile la società che gli sta intorno ma finisce per incarnarne i valori più deteriori, incoraggiando la diffidenza, l’ostilità, il cinismo, la paura. “4 5 6” racconta la famiglia come avamposto della nostra arretratezza culturale».
Una commedia, o forse un dramma moderno che mette l’accento sull’umana fragilità, con un finale a sorpresa, per un inedito affresco della società – e della famiglia – che fa (sor)ridere, non senza un retrogusto amaro, e perfino pensare.
INFO & PREZZI
OLBIA
biglietti:
posto unico 16 euro
info: tel 0789.28773 – cell. 329.8408584
ALGHERO
biglietti:
Platea intero 20 euro – ridotto 18 euro
Galleria intero 15 euro – ridotti 13 euro
Loggione 10 euro
info e prenotazioni:
e-mail: [email protected] – cell. 349.4127271
prevendite online: www.vivaticket.com
SAN GAVINO MONREALE
biglietti
intero 15 euro – ridotto 12 euro
info e prevendite: 340.4041567 – [email protected] – www.cedacsardegna.it
prevendite online: www.vivaticket.com